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CANTONEBastian Baker: «Locarno? È stato da pelle d'oca»

23.09.19 - 06:01
A colloquio nel backstage del MycokeMusic Soundcheck con il cantautore, che il 14 novembre suonerà in Ticino. «A Lugano sarà un test», spiega
Ti-Press / Locarno Festival / Samuel Golay
Intervista a Bastian Baker nel backstage del MycokeMusic Soundcheck.
Intervista a Bastian Baker nel backstage del MycokeMusic Soundcheck.
Bastian Baker: «Locarno? È stato da pelle d'oca»
A colloquio nel backstage del MycokeMusic Soundcheck con il cantautore, che il 14 novembre suonerà in Ticino. «A Lugano sarà un test», spiega

ZURIGO - In occasione della finale del MycokeMusic Soundcheck 2019, che si è tenuta sabato sera, abbiamo incontrato Bastian Baker che quest’anno è stato coach del contest e che con la sua solita disponibilità ci racconta senza freni le sue ultime esperienze: il concorso, gli show in America in apertura di Shania Twain, le peripezie con Spotify e il tour che a breve partirà con sosta anche in Ticino.

Nonostante la tua giovane età, tu hai già molta esperienza come coach (Bastian ha fatto il giudice di The Voice Belgique). Come ti senti in questo ruolo?
«Mi sento benissimo, mi piace. È una delle cose che mi piace di più fare. L’ho già fatto 4 anni fa per MyCokeMusic, e ora due miei talenti sono andati in finale, e sono contento (Uno dei due, Daens, ha poi vinto il concorso, ndr). Mi piace condividere quello che io ho imparato anni fa e che apprendo ogni giorno dal mio lavoro. Poi chiaramente loro sono liberi di prendere la propria direzione».

Pensa alle domande che ti pongono gli artisti: quale è quella più ricorrente?
«Tante, tantissime domande sulla gestione dei social media. Io non sono un re sui social media, ma provo a fare sempre il massimo e condividere foto belle e interessanti. Il mio consiglio a tutti è che se volete fare bene sui social media, dovete caricare le foto tutti nudi (ride, ndr)».

Parlaci un po’ della tua esperienza con Spotify.
«È difficile gestire bene Spotify perché tu come artista non puoi fare molto. L’unica cosa che puoi fare è andare nei meeting per piazzare le canzoni nelle playlist. Ma i curatori sono impossibili da contattare. E qui in Svizzera è ancora più difficile. La mia più grande hit ha al momento 1.8 milioni di ascolti che non è niente quando vedi gli ascolti delle canzoni che finiscono nelle playlist importanti. Ma non fraintendere, Spotify è una cosa bella, perché nonostante non facciamo soldi (canta Mahmood “Pensava solo ai soldi, soldi---clapclap”, ride, ndr) è una bella pubblicità. Devi pensare che prima di Spotify le persone dovevano andare nel negozio e valutare se comprare o non comprare. Ora possono ascoltare, e se poi apprezzano vengono a cantare le canzoni ai concerti».

Ma se con Spotify non si fanno i soldi... un musicista nel 2019 come riesce a vivere di musica?
«Il modo principale oggi è fare concerti, ormai non è più un segreto. Chiaramente in Svizzera non è così semplice, perché non posso fare 40 concerti all’anno, altrimenti i fan si stuferebbero di me. Quindi per questo devi avere una buona strategia. Un altro introito importante sono i diritti delle canzoni che passano in radio, chiaramente devi aver scritto tu la canzone. Poi ci sono anche i partner, come per esempio Coca-Cola o Omega. Come ultima cosa ma non meno importante, 5-6 volte all’anno mi chiedono di fare dei concerti privati, soprattutto aziendali e li faccio molto volentieri».

L'esperienza della tournée negli Stati Uniti è stata nuova per te: come è andata e cosa ti ha portato?
«Io ero l’opener. Il mio lavoro era focalizzato in 30 minuti da solo con la chitarra, e dovevo scaldare il pubblico di Shania Twain. La cosa stupenda è che lei ogni sera mi chiedeva di fare un duetto durante il suo concerto. E questo momento mi ha sorpreso: senza la chitarra per me era ancora più divertente e interessante. Mi piace molto e mi sento ancora più libero di parlare con il pubblico. E questo ha sicuramente influenzato il mio nuovo album, che contiene solo il 50% di canzoni con la chitarra. Ho l’impressione che sono diventato uno showman migliore. Quindi fuori dalla mia comfort zone, ho dovuto lavorare di più e ho trovato questo nuovo modo di esprimermi».

Quest’anno ti sei esibito a Moon&Stars a Locarno prima di .... Eros Ramazzotti. Uno strano accostamento: ha funzionato?
Sì, strano ma il Moon&Star l’avevo già fatto, ed avevo suonato prima di Laura Pausini! (ride, ndr). Ho l’impressione che gli organizzatori apprezzano Bastian Baker sempre prima di una leggenda della musica italiana. Con Eros ci siamo sentiti prima del concerto soprattutto via Instagram, ma sul posto non abbiamo avuto scambi purtroppo perché eravamo entrambi molto concentrati per i rispettivi concerti. C’è stato un momento dove ho cantato una canzone da un balcone della Piazza Grande, solo con la chitarra. È stato un momento incredibile: ho cantato "Hallelujah" e ad un certo punto ho avuto problemi tecnici con la chitarra, allora ho solamente cantato... con tutta la Piazza Grande che cantava con me il ritornello della canzone. Per me è stato speciale e ti dico, avevo la pelle d’oca. C’era qualcosa di elettrico, anche il mio management me l’ha detto... è stato fantastico, sicuramente il migliore concerto dell’estate per le emozioni che ho sentito. Il Moon&Star è un grande festival, e ho voluto comunque fare un bello show, ho anche suonato in mezzo al pubblico».

Mi ricordo la prima volta che ti ho visto su un palco, era ad inizio 2012 al m4music festival...
(Mi interrompe) «Oh my! il peggior concerto della mia vita. È stato molto difficile perché dovevo aprire per Mark Lanegan, e davanti avevo un pubblico indie non proprio pronto per un cantante pop come me. Io non sapevo bene cosa fare, e poi... vabbé ho detto andiamo e vediamo che succede. Alla fine è andata bene dai».

Mi ricordo la mia sorpresa di quanto eri forte a gestire il palco. E ad oggi è ancora uno dei tuoi punti forti. La tua spontaneità vince, ma quanto è difficile essere se stessi nella giungla del mercato musicale?
«Io ho cominciato 8 anni fa a fare questo lavoro, abbiamo fatto tante cose. È difficile, non lo nego. Ho girato 45 paesi, più di 1000 concerti e... è così difficile per un artista svizzero... non è una sorpresa. Ma devi sempre stare positivo, e continuare a scrivere canzoni. Ancora oggi, dopo 15 anni dalla mia prima canzone, mi emoziono con le canzoni che mi escono. Due settimane fa ho cominciato a scrivere nuovi brani, e alla fine della giornata ascolti e pensi “Questo l’ho fatto io, è venuto da non so dove, ma magari questa canzone aiuterà delle persone nel mondo e questo è incredibile". Credo che quando perdi questo devi smettere, ma io ce l’ho ancora».

Tra due settimane parte il tuo tour in Svizzera. La particolarità è che ogni data avrai un opener diverso. Cosa ci puoi dire al riguardo?
«È una sorpresa perché se pensi che io ho fatto tutte le date di Shania Twain l’anno scorso... e allora anche io potrei prendere un opener fisso. Ma sai, in Svizzera è meglio restare locali. Io non potrò fare uno show all'Hallenstadion e dopo all'Arena Genève. Non penso che le persone verrebbero, perché sapranno che poi arriverei a Soletta, a Lugano, a Losanna... perché bisogna essere capillari. Secondo me è bello organizzare l’opener locale: per esempio in Vallese ci sarà Juldem che è vallesano, a Ginevra ci saranno gli Stevans... Avevo molte band dall’America che volevano suonare in Svizzera e che mi proponevano poi di tornare negli Usa per aprire i loro concerti... ma era troppo complicato. Ho preferito restare local. In Ticino non abbiamo ancora confermato l’opener...ma a breve ci saranno novità».

A Lugano sarà l’ultima data del tour e sarà l’unica in solo. Come mai?
«Il Foce contiene 400 persone massimo, e quindi meglio fare in acustico. Ma non è solo per questo: posso anticiparvi che nella mia testa voglio fare in futuro un tour in acustico, come ho fatto negli Usa. Quando suoni con una band non puoi proprio fare quello che vuoi, devi seguire il groove. Mentre quando sono solo posso gestire i tempi liberamente e soprattutto parlare. A me piace parlare, mi piace raccontare le storie delle mie canzoni e quindi vorrei fare 60% musica e 40% raccontare. Non è un progetto che è fissato.... ma a Lugano potrebbe essere un vero test».

Grazie Bastian, vuoi dire ancora qualcosa ai tuoi fan della Svizzera Italiana?
«Vi amo! Perché suonare da voi è sempre così bello. Vengo sempre qualche giorno prima perché voglio vivere il vostro territorio, mangiare bene, parlare italiano con la gente e da voi è un po’ come la Romandia, ci si sente sempre in vacanza. E non vedo l'ora di sonare al Foce il 14 novembre per tutti voi».

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