Tommaso Soave narra la genesi di “The Southern Oracle”, il primo album della sua band, i Green Flamingos
GINEVRA - A due anni dalla prima produzione, “The House Near The Woods” (Ave The Sound, 2015) - un ep di cinque canzoni pubblicato attraverso un’edizione in vinile limitata a 300 copie -, il combo ginevrino - condiviso da Soave (tastiere, ex Jumpin’ Quails), Yoanna Claquin (voce, ex Magic Bus), Julien Garric (chitarra, dei Rebels of Tijuana), Mathieu Evequoz (basso) e Thomas Abbet (batteria) - il 25 novembre, tramite Le Pop Club Records, ha dato alle stampe il nuovo disco (vinile e cd con coupon per il download gratuito): dieci i brani - undici con la bonus track (solo digitale) “The March” - riversati al suo interno.
L’album è il frutto di uno scambio di vedute sonore che si rincorrono, mentre l’una afferra e modula l’altra, plasmandola: psichedelia, garage rock, r&b, soul, pop e prog traboccano dai microsolchi. Traboccano dai microsolchi in un unicum ammaliante.
Tommaso, raccontami i primi passi del gruppo…
«La band è nata dall’incontro, avvenuto a fine 2013, di cinque persone con preferenze musicali e origini geografiche molto diverse. Io sono italiano, di Torino, Thomas e Mathieu sono svizzeri, Julien è francese e Yoanna è franco-bengalese. Siamo l’incubo dell’Udc (ride), e ne andiamo fieri…».
Vuoi entrare nel dettaglio delle preferenze musicali?
«Mathieu e Thomas sono onnivori, si cibano di tanti generi, di tanti stili, Julien viene da una tradizione garage rock, io dalla musica elettronica sperimentale e Yoanna dal soul e dall’r&b».
Perché Green Flamingos?
«Nell’immaginario collettivo il fenicottero (flamingo, ndr) è un animale molto pop, mentre il verde è il colore che più si avvicina alla psichedelia...».
Mi sembra di capire che il lavoro sull’ep sia iniziato poco dopo la costituzione del gruppo…
«Ci siamo messi a registrare quasi subito…».
Quando avete iniziato a lavorare su “The Southern Oracle”?
«Dopo l’ep ci siamo presi una pausa, anche perché Yoanna e Julien hanno avuto un bambino. Le canzoni del disco hanno incominciato a prendere forma a inizio 2016. Abbiamo lavorato sui brani per sei-sette mesi, dopodiché siamo tornati al Back To Mono Records Studio di Lione - dove due anni fa abbiamo inciso l’ep -, affidandoci di nuovo a Christian Hierro, che anche questa volta ha curato registrazioni e missaggio».
A livello compositivo, come sono suddivisi i compiti?
«Yoanna lavora sui testi e Julien sulle linee melodiche. Poi, in sala prove, con l’apporto di tutti, nascono strutture e arrangiamenti…».
Cosa vuoi dirmi dei testi, in termini generali?
«Come per le strutture musicali, abbiamo tentato di bilanciarli con una leggerezza pop in superficie e una sorta di inquietudine che scorre sul fondo…».
Non c’è nessuna connessione tra le canzoni?
«No, direi di no…».
Perché “The Southern Oracle”?
«Siamo figli degli anni Ottanta - con l’eccezione di Thomas, che è il più giovane - e tutti abbiamo letto e amato “La storia infinita” (Longanesi, 1981): Atreiu, per trovare le sue risposte, si rivolge all’Oracolo del Sud...».