L'accusa in un video del gruppo jihadista che detiene la missionaria rapita in Mali nel gennaio 2016. Il DFAE chiede la messa in libertà «senza condizioni della persona sequestrata»
BERNA - Dopo svariati mesi di silenzio si torna a parlare di Beatrice Stöckli, la missionaria svizzera rapita in Mali il 7 gennaio 2016 da uomini di Al-Qaida nel Maghreb islamico.
Il gruppo Jama'at Nasr al-Islam wal Muslimin ha diffuso negli scorsi giorni un video nel quale un portavoce, con il volto reso irriconoscibile, legge una dichiarazione che fa il punto della situazione degli ostaggi nel Sahel. L'organizzazione jihadista ha nelle sue mani, oltre a Stöckli, la volontaria francese Sophie Pétronin, il rumeno Iulian Ghergut, la religiosa colombiana Gloria Narváez Argoti e il dottor Kenneth Arthur Elliott, australiano.
1) BREAKING: #JNIM video blames captives' respective govs/religious leaders for not negotiating their release. Also announces it will "discontinue the release & production of videos concerning the captives held by the group for undisclosed reasons." https://t.co/jTUQkZL13n pic.twitter.com/i0KF9Sh6UA
— Rita Katz (@Rita_Katz) 18 dicembre 2018
Nel video - riferisce KIbaru, sito d'informazione del Mali - il portavoce se la prende con Svizzera, Francia e gli altri paesi di provenienza dei cinque ostaggi (anche con il Vaticano, che sta trattando la liberazione di Narváez Argoti per conto della Colombia), accusandoli di non stare facendo nulla per agevolare la loro messa in libertà e anzi, aver ostacolato le trattative. Il gruppo jihadista si rivolge quindi direttamente alle famiglie dei rapiti, invitandoli a cercare canali alternativi per trattare la liberazione dei loro congiunti. In cambio Jama'at Nasr al-Islam wal Muslimin pretende il pagamento dei riscatti e la liberazione di alcuni dei propri guerriglieri, detenuti nelle carceri delle nazioni della regione del Sahel.
2) For years, #JNIM/#AQIM sought ransom for hostages & are increasingly desperate—key factor being they don't execute captives
— Rita Katz (@Rita_Katz) 18 dicembre 2018
Referenced in video:
Iulian Gherguţ, Romanian
Ken Elliot, Australian
Beatrice Stockly, Swiss
Gloria Cecilia Narváez, Colombian
Sophie Petronin, French pic.twitter.com/SlZA5OHrZi
La posizione svizzera - Da noi contattato, il Dipartimento federale degli Affari esteri (DFAE) ha spiegato di essere a conoscenza del video pubblicato dal gruppo. La posizione elvetica è la stessa, ferma e irremovibile, degli ultimi anni: «La Svizzera chiede la liberazione senza condizioni della persona sequestrata». Il Centro di gestione delle crisi del DFAE aveva immediatamente creato una task force congiunta con la Fedpol e il Servizio d'informazioni della Confederazione, allo scopo di liberare Stöckli - che era già stata brevemente rapita quattro anni prima - il più presto possibile. La rappresentanza svizzera a Bamako è in contatto con le competenti autorità maliane.
al-Qaeda affiliate group in the Sahel Jama'at Nasr al-Islam wal Muslimin (JNIM) Sunday released statement, warns that kidnapped French aid worker Sophie Petronin is in declining health, says French govt should be held responsible for any "calamity that befalls" her pic.twitter.com/80QqV9C4R6
— Edward (@DonKlericuzio) 11 novembre 2018
Negli anni i sequestratori hanno diffuso alcune prove della permanenza in vita degli ostaggi e resoconti sommari del loro stato di salute. Pare che le condizioni di Sophie Pétronin siano peggiorate negli ultimi tempi. In merito alle condizioni attuali della donna basilese, «per motivi di protezione della personalità il DFAE non fornisce ulteriori informazioni».
1)#AQIM #Sahara published 3rd proof-of-life vid of Swiss hostage Beatrice Stockly, who greets her family& thanks Swiss gov for their efforts pic.twitter.com/UAN2FfdEi7
— Rita Katz (@Rita_Katz) 10 gennaio 2017
Le autorità elvetiche sconsigliano i viaggi in Mali a partire dal 1° dicembre 2009 a causa dell'elevato rischio di rapimenti.