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L'OSPITELavoro e disoccupazione: cambiare rotta! Ma come?

03.02.15 - 09:42
Giancarlo Gerosa, candidato al Gran Consiglio per il Partito Socialista
Foto Ti-Press
Lavoro e disoccupazione: cambiare rotta! Ma come?
Giancarlo Gerosa, candidato al Gran Consiglio per il Partito Socialista

È di questi giorni la notizia dell'aumento del numero di disoccupati di lunga durata in Ticino, con il Mendrisiotto a detenere il triste record. Un disoccupato su quattro!

Ma chi sono i disoccupati di lunga durata? Giovani alla ricerca del primo impiego, ultra cinquantenni che vengono esclusi dal mondo del lavoro, ma anche uomini e donne di ogni età. Dietro a questi numeri ci sono esseri umani, ognuno con il proprio vissuto, esperienze, sogni e paure. Storie e vite uniche e irripetibili, ognuna delle quali merita attenzione e rispetto.

Ci sono giovani che non vedono come costruirsi un futuro indipendente e ci sono lavoratori e lavoratrici più anziani che assieme al posto di lavoro hanno perso la fiducia nella nostra società. Ci sono giovani donne, famiglie monoparentali. Ci sono svizzeri e stranieri; persone con una formazione superiore e persone con solo la scuola dell'obbligo dietro le spalle.

Nel percorso di disoccupazione e poi magari di assistenza queste persone, oltre alle obiettive difficoltà economiche, devono combattere contro pregiudizi, perdita di autostima, ansia e disperazione che colpiscono nel loro intimo non solo loro, ma anche le loro famiglie e chi gli sta vicino. Questo percorso spesso si trasforma per molti in un vero e proprio calvario che ha implicazioni anche a livello della salute.

Certo esistono tutta una serie di misure, piani occupazionali o programmi d'inserimento, che alla luce dei fatti si dimostrano però insufficienti per risolvere il problema. Se così non fosse oggi non ci troveremmo con il dato citato in entrata sulla disoccupazione di lunga durata.

Occorre quindi potenziare ancora di più l'intervento sociale in questo ambito. Per proporre piani occupazionali o di inserimento servono aziende o enti pubblici che mettano a disposizione questi posti, servono risorse umane, funzionari e operatori sociali, in numero sufficiente per trattare i singoli dossier con la dovuta attenzione e sensibilità. Occorre inoltre immaginare nuove forme di inserimento sostenute e finanziate dal Cantone.

Più a monte l'orientamento professionale deve essere affinato per indirizzare i giovani verso quelle professioni che offrono maggiori sbocchi nel mondo del lavoro e per le quali oggi dobbiamo ricorrere al mercato del lavoro estero; per esempio il settore sociosanitario. Occorre però anche che i datori di lavoro siano richiamati alla propria responsabilità sociale. In Ticino dobbiamo riuscire a ricostruire un tessuto produttivo fatto di aziende solide e ancorate al territorio. Aziende che versino salari minimi che permettano a chi risiede nel nostro Cantone di vivere dignitosamente.

Non abbiamo bisogno delle tante aziende che si sono installate qui solo per sfruttare la manodopera frontaliera. La politica deve ritornare a guidare l'economia e porre chiari criteri per l'insediamento di aziende in Ticino. Solo con una visione di sviluppo sostenibile condivisa da tutte le parti politiche ed economiche potremo risolvere il problema.

A noi tutti, cittadini e cittadine di questo bellissimo paese, prendere coscienza e lanciare un chiaro segnale sullo sviluppo che vogliamo per il Ticino; un Ticino solidale e che non lasci nessuno indietro.

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