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STATI UNITIJane Fonda: «Torturata e stuprata, non può essere deportata»

18.05.18 - 18:45
La due volte premio Oscar si batte per il diritto delle donne abusate all'estero di chiedere asilo negli Stati Uniti
Keystone
Jane Fonda: «Torturata e stuprata, non può essere deportata»
La due volte premio Oscar si batte per il diritto delle donne abusate all'estero di chiedere asilo negli Stati Uniti

NEW YORK - A 80 anni compiuti Jane Fonda torna sulle barricate: la nuova crociata della ex Barbarella di Hollywood, attivista pentita anti-Vietnam, regina del fitness e moglie divorziata del miliardario Ted Turner, stavolta è contro il ministro della Giustizia Jeff Sessions.

Jane si batte in difesa del diritto delle donne abusate all'estero, spesso a rischio di femminicidio, di chiedere asilo negli Stati Uniti. Il casus belli è quello di A-B, una salvadoregna brutalizzata in patria dal marito e identificata solo con le iniziali.

Due Oscar per "Klute" e "Tornando a Casa", la popolare serie "Grace and Frankie" in streaming su Netflix e un nuovo film con Diane Keaton, "Book Club", da oggi nelle sale, Jane ne racconta la storia sul New York Times in un op-ed co-firmato con l'avvocatessa per i diritti umani Karen Musala, direttrice del Center for Gender and Refugee Studies allo UC Hastings College of the Law, che di A-B si è accollato la difesa.

«Il marito l'ha picchiata e stuprata. Ora Session potrà deportarla - scrivono Jane e Karen spiegando che in marzo - inspiegabilmente, l'attorney general si è arrogato il caso che sembrava in dirittura di arrivo. Utilizzando un potere raramente usato, ha assegnato la petizione di A-B a se stesso per un ulteriore esame».

Fonda e Musalo ricordano che dal 2014 gli Stati Uniti sono diventati un faro di speranza per donne in fuga da violenze nel loro paese: quell'anno il "Comitato d'appello per l'immigrazione" stabilì che una persona in fuga da grave violenza domestica poteva ricevere asilo se questa violenza arrivava al livello di una persecuzione e se il Paese di origine non poteva o voleva punire il responsabile.

«Per 15 anni A-B è stata massacrata dal marito. Picchiata, stuprata, presa calci anche quando era incinta, minacciata di morte con un coltello alla gola o il cappio dell'impiccato. La polizia sapeva, ma non ha mosso un dito», scrivono Jane e Karen: «Ora Sessions può deportarla, nonostante il parere favorevole del Board of Immigrations Appeals».

L'attorney general ha il potere di farlo. «Sessions - ricordano le due attiviste - ha espresso in passato profondo scetticismo sulle richieste di asilo basate su persecuzioni legate al genere. Non solo: usando questo caso come precedente, potrebbe rivisitare la posizione degli Stati Uniti in materia di asilo per tutti i sopravvissuti a gravi violenze domestiche».

L'attrice e l'avvocatessa esprimono preoccupazione per come l'amministrazione Trump prende di mira le donne, «in modo impensabile sotto altre amministrazioni, ad esempio separando madri che arrivano al confine dai loro bambini, o arrestando immigrate incinte».

Intanto all'attrice di "Tornando a casa" è dedicato 'Jane Fonda in five acts', documentario firmato dalla regista e produttrice Susan Lacy.

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