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STATI UNITIProteste contro Trump: 200 arresti a Los Angeles

12.11.16 - 18:14
A marciare fino alla City Hall sono state 3000 persone, molte con bandiere americane o cartelli con la scritta 'Not my president'
Proteste contro Trump: 200 arresti a Los Angeles
A marciare fino alla City Hall sono state 3000 persone, molte con bandiere americane o cartelli con la scritta 'Not my president'

LOS ANGELES - Circa 200 persone sono state arrestate a Los Angeles nella terza notte consecutiva di proteste contro Donald Trump presidente.

A marciare fino alla City Hall sono state 3000 persone, molte con bandiere americane o cartelli con la scritta 'Not my president', diventato lo slogan del movimento di contestazione che promette di scendere in strada anche nel weekend in varie città americane.

Trump smonta l'era Obama sul clima, Ebell all'Epa - Nel frattempo il Presidente eletto dice stop ai fondi Onu per i programmi contro il riscaldamento globale, e pensa alla revoca delle restrizioni per l'estrazione di idrocarburi e al disco verde al gasdotto Keystone. Se c'erano dubbi sulla direzione che prenderanno le politiche sull'ambiente della futura amministrazione di Donald Trump, la nomina di Myron Ebell a capo della transizione dell'Enviromental Protection Agency (Epa) li ha cancellati.

Trump, che ha definito "una disgrazia" i regolamenti imposti dall'Epa sotto Barack Obama, ha puntato su un crociato anti-climate change per riorganizzare la squadra che scardinerà l'eredità "verde" del suo predecessore.

Ebell, che dirige le politiche "ambientali" di una lobby finanziata dall'industria del carbone, non è uno scienziato. Alle sue dipendenze nel Competitive Enterprise Institute ci sono zelanti funzionari già nei libri paga dei fratelli Charles e David Koch, i grandi burattinai della destra americana che attraverso think tank e fondazioni sono riusciti a contagiare la piazza con idee propizie ai loro interessi industriali: impianti di petrolio, gas, raffinerie, polimeri e fibre in 45 stati che li hanno resi, quanto a ricchezza conglobata, i quarti 'paperoni' della nazione.

"Spero che chi verrà dopo Obama revocherà le regole sugli impianti a carbone e tutte le altre che danneggiano la nostra economia", aveva proclamato il 63enne lobbista in interviste concesse un anno fa a Parigi nei giorni della stretta finale dell'accordo sul clima entrato in vigore il 4 novembre, alla vigilia del voto americano.

Tra Palazzo di Vetro e Conferenza Cop22 a Marrakech le inquietudini sono alle stelle. Ebell, che ha definito l'enciclica di Papa Francesco sull'ambiente "scientificamente male informata, analfabeta economicamente , intellettualmente incoerente, moralmente ottusa e teologicamente sospetta", accusa i difensori delle campagne contro i gas serra di aver "cucinato i dati".

Alla luce del voto americano, il segretario generale delle Nazioni Unite Ban Ki-moon ha chiesto a Trump di mantenere gli impegni presi dagli Stati Uniti. "Sarebbe un errore terribile invertire la rotta", ha detto il portavoce dell'Onu Stepahen Dujarric. Al centro del ruolo americano è l'impegno di ridurre le emissioni serra del 26-28% sotto i livelli del 2005 entro l'anno 2025: sotto Trump non si vedranno tagli di questa entità, anzi potrebbe essere vero il contrario, ma il vero terrore è che l'America si ritiri dal trattato. Non un'operazione semplicissima: "L'accordo sul clima è studiato per dipendere il meno possibile dai cambi di governo: occorrono quattro anni per uscire e uno di preavviso", ha spiegato Segolene Royal, ministro dell'ambiente francese e presidente di COP21.

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