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SVIZZERAAltro che big data, per capire le persone bisogna guardare il loro frigo

09.10.16 - 17:03
Ne è convinto Martin Lindstrom, specialista di marketing e uno delle cento persone più influenti al mondo secondo Time
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Altro che big data, per capire le persone bisogna guardare il loro frigo
Ne è convinto Martin Lindstrom, specialista di marketing e uno delle cento persone più influenti al mondo secondo Time

ZURIGO - Altro che big data, per capire le persone occorre andare a casa loro, guardando magari come sono organizzate le calamite sul frigorifero: ne è convinto Martin Lindstrom, specialista di marketing e uno delle cento persone più influenti al mondo secondo Time.

«Pensiamo che i dati dei computer forniscono una risposta a tutto: ci sbagliamo», afferma il 46enne in un'intervista pubblicata oggi dalla SonntagsZeitung. «Negli ultimi anni ho visitato 2000 famiglie in 77 Paesi e posso assicurarle: i big data ci aiutano raramente a scoprire la chiave del nostro comportamento».

Secondo Lindstrom i motori di ricerca possono fare sorprendenti collegamenti e scoprire correlazioni, ma non sono in grado di fornire quello che c'è dietro, i moventi del consumatore. La stessa Google, secondo lo specialista danese, ha capito il problema e ha nel frattempo ingaggiato consulenti che si occupano di small data: osservazioni sui quadri che una persona ha nel proprio appartamento, su come tiene ordinate le scarpe o su cosa ci sia nel frigorifero.

Questi sono gli elementi che secondo Lindstrom permettono di risalire a quegli squilibri emozionali che sono importanti per l'esperto a caccia di bisogni da soddisfare per conto delle aziende che lo pagano.

A questo proposito il 46enne ricorda di aver risollevato le sorti della Lego, in difficoltà nel 2004, osservando le scarpe di ginnastica di un ragazzino tedesco appassionato sia del sistema di mattoncini danese che di skateboard. Il bambino era fiero delle sue calzature perché il modo in cui le suole erano usurate dimostrava quanto fosse bravo con lo skateboard.

Questo secondo Lindstrom dimostrò che le teorie - elaborate sulla base di big data - relative ai nativi digitali portati a cercare il soddisfacimento immediato dei bisogni erano completamente sbagliate. La Lego faceva quindi male a semplificare il suo prodotto, a puntare su vestiti o giochi video. Al contrario, doveva concentrarsi di nuovo sui mattoncini, con componenti più piccoli, prodotti più dettagliati e manuali più esigenti. Permettendo quindi al bambino di essere un perfezionista. «Dieci anni dopo Lego ha superato Mattel quale più grande produttore di giocattoli al mondo», conclude Lindstrom.

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COMMENTI
 

spank77 7 anni fa su tio
Adesso so chi "strozzare" ogni volta che calpesto -nella camera dei miei bimbi- quei pezzettini grandi come un'unghia di topo...che dolore !
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