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CANTONEBosso: «La morte non esiste, è una parte della vita»

05.12.18 - 11:00
Abbiamo incontrato Ezio Bosso in Rsi a Lugano lunedì, poco prima che il compositore, direttore d'orchestra e pianista italiano presentasse il suo nuovo album nell'ambito degli showcase di Rete Uno
Foto Rsi
Bosso: «La morte non esiste, è una parte della vita»
Abbiamo incontrato Ezio Bosso in Rsi a Lugano lunedì, poco prima che il compositore, direttore d'orchestra e pianista italiano presentasse il suo nuovo album nell'ambito degli showcase di Rete Uno

LUGANO - Un doppio cd, pianoforte e violoncello, “The Roots (A Tale Sonata)”, pubblicato a inizio novembre da Sony, che il Maestro ha messo a punto con un amico di lunga data, il violoncellista serbo Relja Lukic. «Oggettivamente Relja è uno dei migliori musicisti che abbia mai incontrato - spiega Bosso - Ed è una persona che mi è stata vicina anche nel buio pesto, non a caso ci chiamiamo “brother” (fratello): se io ho ricominciato a fare musica è grazie a lui. È lui che mi ha rimesso al pianoforte… Lui e un altro amico...».

Nell’album troviamo, tra le altre, la “Louage à l’Eternité de Jésus” (parte del “Quartetto per la fine dei tempi”, «una fra le opere strumentali più belle del ‘900»), così come “Al chiaro di luna” di Beethoven. Poi, Bach, Pärt e composizioni originali, ossia “Dreaming Tears In A Crystal Cage”, dedicata a John Cage, e la Sonata per pianoforte e violoncello che dà il titolo all’album.

Maestro, le pongo una domanda che lei stesso prima di realizzare questo nuovo album si è posto: cosa sono le nostre radici (“The Roots”)?

«Non c’è una risposta in realtà. Le radici vanno accettate una volta scoperte: proprio per andare avanti e prendere il volo… In questo album figurano le radici della musica a cui appartengo, ma ci sono anche tanti misteri, e se uno ascolta bene riesce a risolverli…».

Il suo primo ricordo musicale?

«Ne ho talmente tanti che credo di averne persino dal grembo materno… A tre anni, in ogni caso, ricordo di avere ascoltato “Al chiaro di luna”, e a otto, poi, di nascosto dai miei genitori, andai ad acquistarne la partitura…».

Presentando “The Roots”, lei ha affermato che tra le tante cose che l’hanno portata a riflettere sulle sue radici c’è anche la perdita di suo padre…

«La morte del mio babbo è stata un’ulteriore riflessione. Se ci pensiamo bene, i nostri genitori sono la radice più scomoda, quella che cerchi di tagliare e che devi tagliare… Io, poi, ho pensato alla vita del mio babbo, non alla morte: perché per me la morte non esiste, è una parte della vita…».

Che tipo di rapporto aveva con suo padre?

«Avevamo tanta differenza di età… E di conseguenza, non ci si capiva... Aveva però tutta la mia stima incondizionata, nonostante tutte le controversie… Mi ha insegnato come riferirmi a lui non solo come un padre, ma guardandolo come un uomo, come una persona...».

Quali altri compositori avrebbe voluto inserire nell’album?

«Monteverdi - “Sì dolce è ‘l tormento”, in particolare, che, anche se nessuno lo dice mai, è la radice della canzone pop -, così come Mendelssohn… Fosse stato per me, comunque, avrei fatto un cofanetto… (ride)».

 

 

 

 

 


 

 

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