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BEST OFYo La Tengo: ritorno a “Fakebook”

15.09.15 - 06:00
Ira Kaplan narra la genesi di “Stuff Like Tahat There” (Matador Records, 28 agosto 2015), il quattordicesimo disco della sua band, gli Yo La Tengo
Fonte: FOTO DUSDIN CONDREN
Yo La Tengo: ritorno a “Fakebook”
Ira Kaplan narra la genesi di “Stuff Like Tahat There” (Matador Records, 28 agosto 2015), il quattordicesimo disco della sua band, gli Yo La Tengo

HOBOKEN (NEW JERSEY) - “L’album ha preso vita sulla base del medesimo concetto presente in “Fakebook” (Bar None Records, 1990), la nostra quarta produzione…”, mi spiega Kaplan. “Nei termini che il progetto attuale, oltre a raccogliere due canzoni nuove, è stato messo a punto lavorando a una serie di cover e rielaborando tre composizioni recuperate dai nostri dischi precedenti…”.

Nove cover in tutto - “My Heart’s Not In It”, Darlene McCrea; “I’m So Lonesome I Could Cry”, Hank Williams; “Friday I’m In Love”, Cure; “Before We Stopped To Think”, Great Plains; “Butchie’s Tune”, Lovin’ Spoonful; “Automatic Doom”, Special Pillow; “I Can Feel The Ice Melting”, Parliaments; “Naples”, Antietam; “Somebody’s In Love”, Cosmic Rays with Le Sun Ra and Arkestra – a cui il combo – Kaplan (voce, chitarra), Georgia Hubley (batteria, percussioni, voce), James McNew (basso), Dave Schramm (chitarra) - ha voluto aggregare le nuove “Rickety” e “Awhileaway”, come le rielaborazioni di “All Your Secrets” (2009), “The Ballad Of Red Buckets” (1995) e “Deeper Into Movies” (1997): un disco ammaliante, forgiato all’interno di un limbo inviolato, inviolabile, in bilico, tuttora, al di sopra di un mondo visionario, alt-folk/dream pop oriented.

“Alcune cover, in ogni caso, figurano nel nostro repertorio da tempo – continua Kaplan - “I’m So Lonesome I Could Cry” di Hank Williams, ad esempio, è parte della nostra setlist da almeno due decenni…”.

E prima di concludere – sfuggendo dal volermi raccontare lo sviluppo, i dettagli e le influenze di “Rickety” e “Awhileaway” – sottolinea infastidito: “Non rispondo a questo tipo di domande da almeno trent’anni… L’ultimo disco che ho comprato è “Get On Up And Get Away” (Bunky Records, 1967) degli Esquires, ma non credo si possa sempre fare un parallelismo tra le influenze musicali confluite in una canzone, o in un album, e quanto ha ascoltato durante il concepimento del progetto il suo artefice… È uno stereotipo da cui soprattutto la critica dovrebbe allontanarsi…”.

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