Dopo 25 anni come manager, Margherita Marchesi, ingegnere agrario, ha aperto il Gigi's Ranch, dove alleva 1'500 galline e non riesce a far fronte alla richiesta
BIRONICO - Arrivi a cinquant'anni e ti accorgi che, se l'hai fatto per una vita, in fondo è perché è ciò che ti piaceva, poche storie. I tempi però cambiano; i bisogni, i desideri, le maniere. La voglia di pace ti assale verso sera, quando sei fuori dall'ufficio ma per davvero non hai ancora staccato. Né accadrà. A quel punto, non resta molto da fare. Frustrare la ambizioni, metterle a tacere, soprattutto per paura; oppure reinventarsi.
«Era il mio sogno, mi son detta "O adesso o mai più"» - «Ero stanca. Stanca dello stress, dei ritmi di lavoro», ammette Margherita Marchesi, ingegnere agrario ed ex quality manager, che oggi di anni ne ha 56 e ne ha impiegati quattro per stravolgere le consuetudini. «Era il mio sogno. "Adesso o mai più", mi sono detta», racconta seduta al tavolino della sua nuova azienda agricola, il Gigi's ranch: dove i cavalli sono solo tre, i cani uno soltanto, i galli dieci e la galline 1'500. «Ma ce ne starebbero 2mila. Arriveranno», promette e spera, mentre guarda quei diecimila metri quadrati di terreno, in quel di Bironico proprio lì lungo la Cantonale dove tutti vedono, che dallo scorso aprile l'hanno trasformata nell'unica, più o meno, produttrice di uova biologiche in Ticino. «Bisogna garantire uno spazio di cinque metri a ogni animale, stabilisce il regolamento. Qualcuno che lo fa c'è, ma poca cosa: un centinaio di esemplari. A questi livelli, io sono la sola».
Tanti no, suo malgrado: «Tutti le vogliono, ma io come faccio?» - Ogni mattino si sveglia «neanche tanto presto», dice. Questione di punti di vista. Sono le 7 quando apre i cancelli, le 7.30 massimo; arriva e inizia a dire i primi no, contro la voglia. Alla gente che passa, si ferma e domanda, per la quale conserva una trentina di uova che però vanno presto finite; a Migros Ticino, che con le sue commesse ogni giorno porta via tutta la produzione, ma a dire il vero di uova ne vorrebbe molte, molte di più. «Stamattina l'ordinativo era di 6 cartoni: 2'160. Ogni giorno io ne faccio circa 1'300. A gallina, la produzione è di 300 l'anno».
Ma che fatica cominciare: «Troppa burocrazia» - Poi attiva i nastri trasportatori, marchia i gusci, invia il tutto là dove le uova vengono imballate per la vendita al dettaglio, in confezioni da sei che non bastano per tutti, niente affatto. «Conprobio me ne ha chieste 500 a settimana. Poi c'è Manor, Coop. Ma come faccio?», chiede. Perché, spiega, le norme sono severe: se sgarri, sei fuori, ti ritirano la certificazione. Solo mangimi, semi e granaglie, rigorosamente bio; niente pesticidi sulla frutta - una quarantina d'alberi e presto anche le more - alla quale ha cominciato a dedicarsi. Le galline non devono essere più di 2'000 per allevamento. Due allevamenti al massimo per ogni agricoltore, o agricoltrice, quale lei non era. Per questo motivo, con il suo compagno Marco Manetti, veterinario, ha dovuto attendere così a lungo, prima di cominciare. «Troppa burocrazia, permessi, verifiche. Non è stato semplice. Solo l'Ente regionale per lo sviluppo ci ha aiutati. Ma ce l'abbiamo fatta. Non ci fosse stato Marco, forse non avrei resistito. E lui lo stesso, senza di me».
L'incontro "galeotto" con un responsabile Migros Ticino - Non immaginava, un tempo, che sarebbe arrivata proprio qui. «Sapevo che volevo fare qualcosa del genere, prima o poi, ma non sapevo bene cosa. La vita poi prende le sue direzioni, in maniera indipendente da te». Dopo 12 anni a Chocolat Alprose e 13 alla Lati come responsabile della qualità, l'ambiente e la sicurezza sul lavoro, però era chiaro: un ciclo era concluso. «Mi trovavo in ospedale. Incontrai un responsabile Migros, anche lui ricoverato come me. Mi disse che quello era un settore scoperto, in Ticino».
«Per fortuna non devo uccidere animali: non avrei retto» - Un trend in incremento, peraltro, specie in Svizzera, dove i consumi crescono di mese in mese. «C'è molta attenzione al cibo che si mangia e il bio è un'ottima risposta. Le uova, soprattutto, funzionano bene. Sono un sostituto della carne a prezzi inferiori: perfette in tempo di crisi». Così non ci ha pensato su neanche troppo, quando le hanno messo la cosiddetta pulce nell'orecchio. Ha ritirato i soldi della cassa pensione, ha steso un business plan, ha sondato terreni. «Ho capito subito che sarebbe stato il mio destino. Non avrei sopportato, invece, l'idea di uccidere animali».
Perfino un'area gioco per le galline - Anche adesso, giura, «quando dopo un anno e mezzo le galline avranno concluso il loro iter produttivo più intenso, cercherò di venderle, non di ammazzarle. Sono belle, non dovrei fare fatica a piazzarle». Nel capannone, diviso in due pollai simmetrici, ha creato addirittura un "giardino d'inverno", che separa la zona notte dai prati, dove «farle giocare. Ci sono la sabbia, le scalette, il fieno». Al mattino le pulisce, verso mezzogiorno le fa razzolare. Qualcuna ha anche un nome. «A volte litigano, così mi tocca separarle dalle altre. Per questo servono i galli». Ma non dovrebbero essere un elemento di disturbo, pochi maschi fra così tante femmine? «Macché. Anch'io li ho rivalutati. Mettono pace nel gruppo. E se trovano qualcosa da magiare, chiamano le galline. Si prendono solo quello che avanza. Se avanza».
E la sera le si addormentano in braccio - Difficile, qui, dove il rapporto è di uno ogni 150 e si ribaltano i luoghi comuni. «Non son affatto animali stupidi. Ti riconoscono. Sanno come comportarsi. La sera ce n'è una che mi si siede in braccio e si addormenta». Cose inimmaginabili, quando faceva vita da manager. «Ma non si fraintenda. Anche qui ci sono le scartoffie». Alla fine, tra una cosa più manuale e l'altra meno, si tirano facilmente le dieci di sera; ma la pausa è più lunga, «da mezzogiono alle quattro» e i ritmi più umani, naturali. Poi, certo, niente ferie, Natale, Pasqua: «Agli animali non puoi chiedere vacanze«. Una cosa comunque è certa: «Io non mi sento affatto vecchia. E, fin che potrò, mi troverete qui».
«Questo è il mio posto. Finché posso, mi troverete qui» - In uno dei due stanzini dove si timbrano le uova, mentre lei chiacchiera e racconta, c'è la mamma. Ha 85 anni.