I migranti sono una benedizione per l'economia: a dirlo sono i ceo di 30 delle più quotate aziende in Svezia, come Ericsson e H&M
STOCCOLMA - C'è un Paese dove i migranti sono considerati una benedizione. Al punto da implorare il governo a fare attenzione alle espulsioni facili, giustificate da futili motivi. Accade in Svezia, dove gli amministratori delegati di trenta fra le più quotate aziende, vedi Ericsson o H&M, hanno inviato una lettera alla politica affinché la smetta di danneggiare l'economia, allontanando gente indispensabile in una nazione dove gli abitanti sono appena dieci milioni, la natalità è in calo e la richiesta di manodopera sempre più forte - la risposta, però, sempre più scarsa.
«Siamo aziende globali grandi di un paese demograficamente piccolo, quindi abbiamo bisogno di reclutare dipendenti qualificati a prescindere dalla loro nazionalità», scrivono e spiegano in un testo pubblicato sul quotidiano economico e finanziario Dagens Industri. «Non possiamo sperare che ingegneri, specialisti di It e altre persone qualificate accettino di lasciare il loro paese e di puntare a venire a stabilirsi da noi integrandosi e lavorando se su di loro pesa l'incubo del respingimento anche quando sono già occupati o hanno già fondato la loro start-up».
Si tratta, secondo gli imprenditori, di focalizzarsi su situazioni concrete esaminando caso per caso, di modo da respingere solo qualora sia strettamente necessario e non mettere in difficoltà inutile imprese che sopperiscono alle carenze interne di organico con migranti ben qualificati. La critica è rivolta in primis al Migrationsverket, autorità per l'immigrazione, e alla sua recente adozione di criteri di selezione durissimi, in un Paese che comunque mantiene il primato dell'accoglienza: in Europa nessuno ha ospitato più della Svezia. Ma forse anche per questo, davanti ai problemi di integrazione, si è registrato un tentativo di inversione di tendenza, deplorato dalle società.
Una «politica assurda che danneggia e indebolisce il sistema-paese»: se non si provvederà a correggerla, le compagnie promettono o minacciano delocalizzazioni. «L'immigrazione economica deve funzionare in modo razionale e prevedibile per permettere a gruppi come Ericsson di tenere in patria le principali attività produttive e di ricerca», ha dichiarato Börje Ekholm, ceo di Ericsson.