Grosse difficoltà per un gruppo di olandesi nel raggiungere la capanna Tomeo. Episodio che rivela un trend preoccupante. Gli specialisti: «Noi, sempre più sollecitati»
BIGNASCO – Affrontano l’alta montagna con l’equipaggiamento sbagliato. Senza avere studiato il percorso e senza avere valutato le condizioni metereologiche. È allarme imprudenza tra le vette della Svizzera italiana. L’ultimo episodio, conclusosi con un lieto fine, risale a domenica scorsa, quando una comitiva di olandesi partita da Bignasco ha raggiunto solo nel cuore della notte, e con oltre cinque ore di ritardo, la capanna Tomeo (a 1739 metri, in Lavizzara). «Erano sfiniti. E non attrezzati per un’escursione del genere», racconta chi li ha accolti.
Circa 120 operazioni all’anno – D’altra parte le statistiche parlano chiaro. Negli ultimi 10 anni gli interventi di ricerca per persone disperse sulle montagne ticinesi sono aumentati di circa il 20%. «Effettuiamo circa 120 operazioni all’anno – sottolinea Stefano Doninelli, responsabile cantonale del Soccorso Alpino Svizzero –. Con punte in luglio, agosto e settembre».
Mai più ritrovati – In alcuni casi ci scappa pure il morto. «In altri addirittura non riusciamo a trovare la persona dispersa. Al momento, in Ticino, risultano 3-4 escursionisti mai ritrovati. La maggior parte delle situazioni (circa il 70-80%), comunque, si risolve con l’intervento dell’elicottero della Rega e con il recupero del disperso sano e salvo».
Costi enormi – Tutto ciò si traduce in un boom di costi per l’interventistica. «Siamo volontari, ma pagati a intervento – precisa Doninelli –. Occorre calcolare che, complessivamente, una giornata di ricerche può costare diverse migliaia di franchi». Ingenti spese, dunque. «Sostenute dalle assicurazioni o dai privati, a dipendenza delle circostanze».
Scarsa preparazione – «Il vero problema – aggiunge Giovanni Galli, presidente della Sezione ticinese del Club Alpino Svizzero – sta nel fatto che troppa gente non pianifica sufficientemente l’escursione che sta per affrontare. Il lavoro preventivo va fatto a casa. Non si può improvvisare. Né sui tempi, né sulle vie da percorrere. Occorrerebbe anche fare più telefonate informative ai guardiani delle capanne, prima di mettersi in viaggio».
A 2.000 metri in maglietta – Galli constata un fenomeno degno di nota. «Da qualche anno va di moda la corsa in alta montagna. Ci sono persone molto preparate a livello fisico. Ma che, poi, non hanno nozioni sul contesto in cui si muovono. Se ci si reca sopra i 2.000 metri, bisognerebbe sempre avere con sé indumenti con le maniche lunghe. E scarpe adeguate. A certe altitudini, un temporale ci può sorprendere da un momento all’altro. E la pioggia può trasformarsi in neve. Anche se siamo in pieno luglio».
Mezzi tecnologici all’avanguardia – Secondo Doninelli l’aumento dell’interventistica va ricondotto anche a un altro fattore. «Oggi c’è più gente che va in montagna rispetto al passato. Per vari motivi. La crescita dei disguidi è proporzionale. E va pure specificato che ora abbiamo a disposizione mezzi tecnologici che ci permettono di ridurre di molto i tempi di ricerca. Insomma, siamo sempre più sollecitati. Ma anche più rapidi nell’eseguire le operazioni».