«Colpa della privatizzazione», banalizza la gente. Secondo gli economisti, la responsabilità è invece della società che cambia e della difficoltà di adattarsi
BERNA - L'ultima a finire sotto accusa, e pure accusa pesante, è stata la Posta. Secondo note confidenziali interne, pubblicate ieri dal Blick, i vertici erano a conoscenza addirittura da cinque anni di quelle «sovvenzioni trasversali a spese dei settori finanziati dall'ente pubblico». A conti fatti, 78,3 milioni di franchi incamerati illecitamente, con la bugia di andare a finanziare il percorso dei bus in aree marginali e poco redditizie. Ingannata la Confederazione, ingannati i Cantoni.
Linea disturbata e furto di dati - Poi (o prima) c'è Swisscom, con i suoi problemi di linea che nel mese di gennaio hanno tormentato diversi clienti aziendali. Quando il disagio sembrava finito, ecco l'altra tegola: il furto di dati.
I treni: sempre un disagio - Che dire infine dei soliti treni, di Swiss Pass e di app di ultima generazione con cui agevolarne l'utilizzo, in realtà criticati dagli utenti. Insomma, si domanda infine oggi la gente: che succede alle aziende che una volta parevano tenere alto il nome della Svizzera?
Al bando i luoghi comuni - Si dà anche una risposta, per quanto banale. «Colpa della privatizzazione». Una conclusione facile e fin troppo popolare che gli esperti però si affrettano a correggere. Senza passare per le dichiarazioni ufficiali dei vertici e ai loro tentativi, talora goffi, di difendersi, ecco il punto di vista degli economisti, secondo cui la responsabilità, se non la "colpa", è piuttosto della società che cambia.
«Stare al passo coi tempi non è facile» - Così i guai di Swisscom sarebbero potuti capitare – e capitano – a chiunque, osserva Samuel Rutz di Avenir Suisse; i servizi postali «vengono idealizzati nel ricordo» e non è affatto vero che una volta si stava meglio («vedi file allo sportello») e le Ffs «non sono più solo una ferrovia, devono affermarsi tecnologicamente sul mercato» ed è normale fallire e correggersi durante «gli esperimenti digitali». E adesso con chi ce la prendiamo?