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STRISCIA DI GAZACon le armi, nessun freno

27.03.24 - 20:00
La risoluzione delle Nazioni Unite può fermare la guerra nella Striscia di Gaza?
AFP
Fonte red
Con le armi, nessun freno
La risoluzione delle Nazioni Unite può fermare la guerra nella Striscia di Gaza?
Vincolante o meno, Israele potrebbe ignorarla. Come ha già fatto altre volte.

GAZA - Benjamin Netanyahu continua a non voler sentire alcuna ragione diversa dalla sua. Il premier israeliano pare essere il solo a non aver percepito la portata reale dello “schiaffo” impartito per direttissima dall'Onu con quella risoluzione, approvata lunedì scorso, con la rumorosa astensione degli Stati Uniti.

Bibi ha ignorato a lungo Washington. Bruxelles. Perfino i suoi generali, contrari a lanciarsi a testa bassa su Rafah. E anche la stampa israeliana ha avuto per lui parole tutt'altro che delicate. Un'analisi pubblicata da Haaretz parla del suo «disprezzo contraddittorio» per «la sola potenza al mondo che ha a cuore gli interessi di Israele»; quegli Stati Uniti da cui il paese è «totalmente dipendente». E «tuttavia, il primo ministro - che non può fare nulla senza l'approvazione degli americani - parla a vanvera di “vittoria totale”».

La risoluzione può fermare la guerra?
La risoluzione approvata dall'Onu, lo ricordiamo, chiede un cessate il fuoco immediato nella Striscia di Gaza così come il rilascio degli ostaggi, senza però elevare quest'ultimo al ruolo di conditio sine qua non della tregua. Una decisione su cui gli Stati Uniti non hanno posto il loro veto, irritando il premier Netanyahu. Ma è una risoluzione vincolante?

Sulla carta dovrebbe esserlo, come lo sono di norma tutte le risoluzioni del Consiglio di Sicurezza. Tra gli Stati membri però si è levato un certo dissenso - in particolare, gli Stati Uniti non la considerano tale - e anche qualche analista ha criticato il documento, attribuendogli una cornice perlopiù simbolica.

Detto questo, cosa accade se il contenuto di una risoluzione non viene rispettato? Anche in questo caso partiamo dalla norma, con l'eventuale voto su una seconda risoluzione ad hoc con annesse sanzioni. La realtà ci dice però che sia una opzione difficilmente percorribile, perché difficilmente gli Stati Uniti concederebbero il proprio benestare a qualsiasi “punizione” contro Israele (che inoltre ha già ignorato altre risoluzioni in passato).

C'è un secondo freno, ma...
L'altro grande freno, sicuramente più efficace, nelle mani di Washington sarebbe la decisione di interrompere ogni tipo di fornitura militare - dalle armi alle tecnologie - destinata a Israele. Un'opzione che appare lontana, ma che sembra sia stata ventilata di fronte al ministro della Difesa israeliano, Yoav Gallant, che ieri ha incontrato il suo omologo, Lloyd Austin, e il segretario di Stato americano, Antony Blinken, nel distretto di Columbia.

Un incontro per stemperare gli animi ma anche per ribadire quello che gli Stati Uniti stanno rimproverando, ormai da mesi, al governo israeliano. In estrema sintesi: a Gaza le vittime civili sono troppe e gli aiuti umanitari troppo pochi.

I rifornimenti però, la vera leva nelle mani americane, non sono, ufficialmente, in discussione. Dopo il voto di lunedì, il portavoce del Consiglio per la sicurezza nazionale degli Stati Uniti, John Kirby, aveva sottolineato che il sostegno a Israele non cambia. «Il voto non - e ripeto, non - significa un cambiamento della nostra politica». E questo nonostante qualcuno, direttamente da Balfour, abbia - polemicamente - affermato il contrario.

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