Cerca e trova immobili

SVIZZERAIl dramma di Luca: "Qui si fa di tutto per nascondere la verità"

10.01.13 - 07:14
Lo sfogo dell’investigatore privato assunto dalla famiglia Mongelli: "Giusto sentire nuovi testimoni". E ora il caso coinvolge pure il Ticino
None
Il dramma di Luca: "Qui si fa di tutto per nascondere la verità"
Lo sfogo dell’investigatore privato assunto dalla famiglia Mongelli: "Giusto sentire nuovi testimoni". E ora il caso coinvolge pure il Ticino

SION – Sciabolate al veleno verso la giustizia vallesana. Il mittente è Fred Reichenbach, l’investigatore privato che segue la vicenda di Luca Mongelli, il ragazzo trovato in fin di vita, il 7 febbraio del 2002, tra le nevi di Veysonnaz, in Vallese: “Ora andrebbero sentiti nuovi testimoni, ma sembra che il procuratore vallesano Nicolas Dubuis stia facendo di tutto per fare in modo che la verità non venga a galla”. Il dibattito, negli scorsi giorni, è stato rilanciato dagli specialisti italiani guidati dal generale Luciano Garofano, che hanno rivoluzionato le tesi affermate finora dalle autorità vallesane: “Luca è stato ridotto in quello stato da esseri umani, non dal cane Rocky”. Ma per Reichenbach il punto di svolta è ancora lontano: “Qualcuno infatti sta già cercando di screditare il lavoro di Garofano, che come tutti sanno non è stato chiamato dalle autorità vallesane…”   

Il ribaltone - Reichenbach ormai non ne fa più solo una questione professionale, ma anche di cuore: perché quel ragazzino, oggi cieco e in sedia a rotelle, merita giustizia. “Chi vuole insabbiare questo caso si aggrappa al fatto che a volere il parere di Garofano e della sua ‘squadra’ sia stata spontaneamente la politica italiana Alessandra Mussolini, presidente della Commissione parlamentare per l'infanzia, e non l’istituzione che fin qui si è occupata della questione. Ma questo è un dettaglio che non dovrebbe contare nulla. La realtà è che il team di Garofano ha sconfessato completamente quanto affermato finora dalle autorità vallesane: a ridurre Luca in quello stato non è stato il suo cane Rocky, bensì esseri umani”.

Giungla di versioni - Inizialmente ci fu la versione degli esperti romandi, in primis del medico Patrice Mangin. Per loro erano stati il cane e il freddo a mandare Luca in coma. L’azione di esseri umani, come affermato dallo stesso Luca e dal fratellino Marco? Esclusa. E a quel punto i quattro ragazzi sospettati del gesto sono stati scagionati. Poi ecco gli esperti voluti da Alessandra Mussolini, che sostengono addirittura il contrario. Ora arriveranno nuovi pareri, perché devono ancora essere sentiti i quattro specialisti nominati dall’autorità vallesana su sollecitazione della famiglia Mongelli.

L’aggancio col Ticino - Il nocciolo della questione è capire l’attendibilità delle testimonianze di Luca e di Marco. Reichenbach non ha peli sulla lingua: “All’inizio le autorità vallesane hanno affidato il caso a esperti francofoni. Ci abbiamo messo una vita per fare capire loro che per avere un quadro oggettivo della situazione servivano esperti che parlassero la stessa lingua di Luca e di Marco. Siamo dovuti arrivare fino al Tribunale federale. Dopo mesi e mesi di attesa, finalmente la giustizia vallesana ha deciso di affidarsi a quattro esperti italofoni: due ticinesi e due italiani. È stato detto che i risultati delle loro ricerche saranno presentati a fine gennaio. Ma come è possibile? Io so per certo che non hanno ancora iniziato i colloqui con Luca e Marco. Sento spesso la famiglia Mongelli e ancora non c’è stato alcun contatto. Evidentemente si sta prendendo la faccenda sotto gamba”. 

La chiave del caso - Secondo Reichenbach, tuttavia, il parere degli esperti non rappresenta la chiave del caso. “Quella sta altrove. Andrebbero infatti sentiti almeno quattro testimoni in più. Innanzitutto i due infermieri che hanno soccorso Luca e lo hanno caricato sull’ambulanza. Sono stati loro a trovare nella zona anale del ragazzino le tracce di una schiuma verde usata per il carnevale. Schiuma che in seguito è stata rimossa, non si sa bene da chi e di cui non si parla nei verbali. Un cane di certo non usa quella schiuma. Poi occorrerebbe sentire il padre di uno dei quattro ragazzi sospettati dell’aggressione. Quando l’ho interrogato, mi aveva rivelato che quel 7 febbraio lui e i ragazzi si trovavano a Veysonnaz. E poi anche io dovrei potere portare la mia testimonianza. Ho raccolto dettagli importanti e non è giusto che non siano considerati”.

Verità nascoste - Infine Reichenbach torna sulle pesanti affermazioni iniziali. “Perché il procuratore Dubuis vuole nascondere la verità? Perché salterebbe fuori uno scandalo troppo grande. Qui forse ci sono diverse persone che non hanno fatto bene il loro dovere. Dai medici a chi ha portato avanti l’inchiesta. Senza contare il peso delle famiglie dei ragazzi sospettati dell’aggressione”.

Entra nel canale WhatsApp di Ticinonline.
COMMENTI
 
NOTIZIE PIÙ LETTE