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LOCARNO«Penso che "Stars" abbia tutte le caratteristiche per diventare una serie tv»

01.09.23 - 06:30
Sarà la direttrice nel film di Paolo Meneguzzi. In Gomorra è stata la spietata Scianel. E sui fatti di Napoli dice: «È puro orrore»
Stars
«Penso che "Stars" abbia tutte le caratteristiche per diventare una serie tv»
Sarà la direttrice nel film di Paolo Meneguzzi. In Gomorra è stata la spietata Scianel. E sui fatti di Napoli dice: «È puro orrore»

LOCARNO - Conosciuta per un ruolo che l'ha salvata, da una villain ha preso le fattezze di una direttrice scolastica, autoritaria, sì, ma anche un po' materna. A raccontarci il suo viaggio attraverso i decenni del teatro e del cinema è Cristina Donadio, Scianel in "Gomorra", Romana Allievi in "Stars - il successo a costo dell'amore". E mille altri volti attraverso le produzioni a cui ha preso parte e a quelle che ha lei stessa messo in piedi, soprattutto sui palchi di Napoli.

Con lei abbiamo discusso della malattia, della necessità di vedere la prima luce del giorno per poter ricominciare, del - perché no? - vedere nel film nato da un'idea di Paolo Meneguzzi uno spunto per una serie tv, ma anche della sua Napoli, dell'Italia di oggi, delle promesse non mantenute e delle tante "Storiacce" di cui sente l'urgenza di continuare a raccontare.

Ma com'è possibile che da Napoli, Cristina Donadio sia atterrata a Mendrisio? «Per vie traverse», ci racconta. Nel 2019 aveva infatti partecipato alla prima edizione di Amici Celebrities, lì aveva incontrato una persona coinvolta nella produzione del film che a sua volta aveva fatto prima il suo nome a Paolo Meneguzzi, quindi ad Alberto Meroni, produttore di "Stars", film musicale diretto dalla ticinese Anna Spacio, nelle nostre sale dal 2 settembre. «Sono felicemente sbarcata a Mendrisio e ho conosciuto persone splendide. Sono entrata in questa grande famiglia. E non vedo l'ora di vedere il risultato per la prima volta venerdì sera a Locarno».

Aveva mai partecipato alla realizzazione di un film di questo genere?
«No, non mi era mai successo. Arrivavo dall'esperienza di Amici Celebrities che era un reality fino a un certo punto. Eravamo dentro questa struttura, facevamo le prove, ma il tutto non era così ferreo. È stato quasi come un allenamento per quello che è venuto dopo».

È una produzione per cui le è piaciuto lavorare?
«Stars è un film a cui sono molto legata perché non è davvero un film. L'accademia esiste, è una realtà e i ragazzi che vi studiano e che vi mettono l'energia, la mettono ogni giorno anche nel film. È qualcosa che non succede spesso. È tutto reale, è tutto autentico: la fatica, l'entusiasmo, la passione. Poi c'è la finzione di quello che può succedere. Ma tutto ciò che si vede di energetico e di performance sono cose reali. Mi ha molto colpito e credo sia il valore aggiunto del film. Che tra l'altro penso abbia tutte le caratteristiche per poter continuare e diventare una serie tv. Il mio personaggio. Romana, ha ancora molte cose da dire, da fare, da dimostrare e delle debolezze da far uscire».

Vuole parlarcene un po' di più?
«È la rigida e antipatica direttrice. È un archetipo. Ogni volta che ci sono dei ragazzi che si devono misurare con qualcosa che non conoscono, qualcosa di ignoto, c'è sempre l'autorità che deve dettare le regole. D'altra parte le regole sono fatte per essere disattese, per essere tradite, ma ci devono essere. Mi è piaciuto interpretare questa donna così rigida, un aspetto che trovo sia anche necessario perché fa capire ai ragazzi le difficoltà nell'entrare nello star system. Ma resta un ruolo pieno di sfumature, con un atteggiamento anche materno e consolatore».

Questo ruolo autoritario e allo stesso tempo un po' dolce ha caratterizzato la sua carriera...
«Sì e no. Ci sono stati vari personaggi, alcuni più positivi, altri più negativi. L'autorità più negativa in assoluto è stata quella che ho interpretato in "Gomorra". Scianel di dolce aveva poco, era un po' la pantera. La dolcezza però mi appartiene, fa parte della mia natura. Ho scoperto scavando nei miei demoni che c'è anche un contrario. Più dolce sono, più posso apparire cattiva. È bello giocare su questo tipo di ambivalenza».

Parlando di "Gomorra", come si era preparata a questo ruolo?
«Avere per le mani un personaggio da villain è una grande opportunità. È una chance perché è più affascinante, più difficile e fatto di più contrasti un personaggio così negativo rispetto alla norma. Mi hanno dato una stoffa molto ruvida, molto difficile, ma allo stesso tempo delicata: poteva rompersi da un momento all'altro. Io non ho mai considerato Scianel come una camorrista, perché credo che avrei fatto un lavoro sbagliato, ossia le avrei dato un contorno troppo definito. E in questo la mia esperienza in teatro mi ha aiutata. L'ho considerata come una donna della tragedia greca, una Lady Macbeth, ma anche una Medea».

Che tipo di percorso è stato quello della serie tv italiana?
«Per me Gomorra è stato come un boomerang. Ha segnato la mia vita di attrice. È come se il personaggio avesse preso il sopravvento sulla me persona. Ci sono cose che a causa di ciò non sono potute andare in porto perché magari c'è l'idea in produttori e registi che io sia ancora troppo riconoscibile come Scianel. Sicuramente, poi, Gomorra non è stata una produzione facile. Abbiamo girato quasi sempre di notte, con il caldo asfissiante e con il freddo gelido, e magari avendo i vestiti che non corrispondevano alla stagione reale. E c'è sicuramente il fatto che quei personaggi rappresentino l'orrore e metterseli addosso è quasi una fatica. Mi ricordo che tante volte tornavo alle sei del mattino e non riuscivo a prendere sonno. Avevo bisogno di vedere la luce, di vedere accadere come una trasfigurazione dalla cupezza al bello».

In quegli anni ha anche dovuto affrontare un altro momento difficile...
«Sì, a un certo punto ho scoperto di avere un tumore al seno. Un aspetto della mia vita che ho raccontato solo quando il mio personaggio è uscito dalla storia. Perché non volevo togliere forza a Scianel. Perché so che una patologia oncologica cambia il modo in cui vieni guardata e trattata. Avevo il timore mi dicessero di non fumare troppo. Perché anche Scianel aveva la sua vita, al di là di quello che era il momento di Cristina. In accordo con i medici, quindi, sul set, quando ero lei, ho continuato a fumare. Ho anche ritardato un po' la chemio perché sapevo avrei perso i capelli e Scianel aveva quell'immagine e non poteva essere cambiata. Nella stagione successiva poi ho indossato una parrucca e funzionava. Lei aveva passato un anno in galera e quindi poteva inserirsi un cambiamento».

È un personaggio che l'ha segnata?
«Mi ha fatto da scudo. Per certi versi mi ha aiutato a superare meglio quel momento. È ciò che mi ha permesso di uscire la mattina, di farmi venire a prendere e di arrivare sul set. Dove indossavo la tuta mimetica, quella leopardata e l'atteggiamento di Scianel».

In questi giorni si parla molto della sua città e di diverse altre in Italia. Lei con che occhi guarda Napoli?
«Intanto c'è da dire che quanto è successo è orrore puro. Non solo l'atto in sé, ma anche la scarsa consapevolezza che gli abusatori hanno di ciò che hanno commesso. Io un anno fa ho messo in scena uno spettacolo che si intitola "Storiacce", che è tratto dal libro "I figli degli altri" che narra il punto di vista di una psicologa che incontra questi bambini che vivono intorno al Parco Caivano di Napoli. Perché, ahi noi, questa è una cosa che si ripete nel tempo. Ci sono stati episodi, anni fa, anche di gravità assoluta, di bambini che sono stati lanciati da una finestra dell'ultimo piano. È un libro doloroso, di storie che nessuno vorrebbe ascoltare o raccontare. Io sul palco sono stata psicologa e bambina e avevo messo tante barbie perché nelle testimonianze si vedono sempre questi bambini che, tratti con l'inganno, portati via, avevano spesso in braccio una bambola. E loro malgrado, diventavano bambole: svestiti, spogliati, abusati, buttati. Io voglio raccontare le "Storiacce" fin quando non servirà più. E quello sarà un grande giorno».

Cosa pensa del mettersi magari in borsa qualcosa che possa aiutarci in un momento di pericolo?
«Questa è la cosa più triste. Al di là dell'orrore che ha coinvolto queste giovani vite, a Palermo come al Caivano, come in tutti i luoghi - e ce ne sono tanti se consideriamo anche i femminicidi e tutte le violenze che gli uomini commettono sulle donne, abusi mentali e fisici. L'idea di dover cominciare a portarsi dietro qualcosa per difendersi è la più grande sconfitta. Abbiamo lottato, abbiamo fatto rete rispetto al fatto che non ci dovessero essere differenze, per poi renderci conto che la sopraffazione il più delle volte è a senso unico: contro quelli che vengono considerati i più deboli. Il volersi portare dietro uno spray o un oggetto contundente deve spingerci a riflettere. Ma non tanto per noi, ma per i nostri figli, per i nostri nipoti, le nostre figlie. Perché che mondo gli stiamo consegnando? Alla fine eravamo più libere negli anni Settanta. C'era molta meno differenza. Abbiamo fatto passi enormi in avanti per poi tornare indietro come al Gioco dell'Oca. Forse adesso se ne parla di più, vengono denunciati di più. Ma non ne sono nemmeno sicura. L'unica cosa di cui sono certa è che è una questione mondiale. È difficile rispondere a questa domanda che noi donne ci poniamo ogni giorno perché ogni giorno può succedere di trovarsi di fronte un mostro. Stiamo con gli occhi aperti, tutte, ma senza perdere la nostra libertà. Guai a chi dice che non bisognerebbe bere, o vestirsi in determinati modi. Ognuno deve avere la libertà di vivere come meglio crede».

"Stars - il successo a costo dell’amore”, opera prima della regista ticinese Anna Spacio e coproduzione di INMAGINE, Pop Music School, RSI e CISA, verrà dato in anteprima gratuita il 2 settembre alle 21 in Villa Argentina a Mendrisio. Dal giorno successivo, il film sarà visionabile nelle sale ticinesi - domenica 3, giornata del Cinema Allianz, il viglietto costerà solo 5 franchi.

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