Cerca e trova immobili
Lugano's Plan ₿

L'app che non sa nulla: il peer-to-peer perfetto

Al Plan ₿ Forum di Lugano, Andrew Osheroff ha svelato l'architettura di Keet, l’applicazione che non raccoglie dati, non si appoggia a server centrali ed è progettata per non poter essere “stoppata dall’alto”.
Lugano's Plan ₿
L'app che non sa nulla: il peer-to-peer perfetto

NEWSBLOG
Rubriche argomentali a pagamento curate da aziende e inserzionisti esterni

Al Plan ₿ Forum di Lugano, Andrew Osheroff ha svelato l'architettura di Keet, l’applicazione che non raccoglie dati, non si appoggia a server centrali ed è progettata per non poter essere “stoppata dall’alto”.

«Se avete visto la serie “Silicon Valley” su HBO, praticamente noi siamo Pied Piper». Andrew Osheroff ha aperto così il suo intervento sul palco P2P del Plan ₿ Forum. L'analogia con la serie cult - in cui una startup costruisce una rete internet decentralizzata - non è casuale. Perché Holepunch, l’azienda di cui Osheroff è CTO, aspira concretamente a creare un web senza server né intermediari. E, in questo scenario con prospettive ambiziose e quantomeno dirompenti, il prodotto di punta si chiama Keet, un'app di messaggistica e videochiamate che non sa, letteralmente, nulla di chi la usa. Per spiegare come funziona, Osheroff - che tra l’altro fa parte della lista degli speaker già confermati anche per la prossima edizione, la quinta, della conferenza Bitcoin regina d’Europa - ha scelto una metafora inaspettata: l'anatomia del corpo umano: DNA, proteine, cuore, scheletro e cervello diventano i componenti di un'architettura peer-to-peer che mira a ridefinire il concetto stesso di software.

Server: osservatori, fragili, padroni

«Dobbiamo prima capire cosa non va nell'internet attuale», ha tagliato corto Osheroff. Il 90% del web funziona attraverso server centralizzati. E i server, ha spiegato, hanno tre problemi fondamentali: sono osservatori, sono fragili e sono padroni. Quando un utente si connette, ad esempio, a Facebook, tutti i suoi dati finiscono sui loro server, che possono tracciare la sua attività. «Quando hai molti metadati su qualcuno, puoi abusare di quella persona», ha avvertito l’informatico statunitense. Aggiungendo che non si tratta solo di pubblicità in target, quindi di messaggi cuciti “su misura”, potenzialmente manipolatori: in alcuni Paesi questi dati diventano, anche, o soprattutto, strumenti di controllo, con conseguenze che possono essere molto gravi. Inoltre, rispetto alla fragilità dei server, il protagonista del panel ha aggiunto che basta un'interruzione di corrente o un blackout e tutto smette di funzionare. Infine, appunto, c’è la questione, delicata come le precedenti accennate, della proprietà dei dati e della discrezionalità dei proprietari dei server che possono decidere come gestire queste preziose informazioni. L'UE, ha poi sottolineato, sta cercando di approvare una normativa che imporrebbe la scansione preventiva di tutte le comunicazioni direttamente sui dispositivi. «Ma state tranquilli, non siamo ancora nel 1984», ha scherzato Osheroff facendo riferimento alla celebre opera distopica di Orwell e mostrando una t-shirt su cui campeggiava la scritta "1983". Il messaggio sotteso è importante: come Bitcoin ha creato denaro inarrestabile disintermediato, serve anche un’informazione inarrestabile e controllata dalle persone e «questo - ha aggiunto - va contro tutto ciò che i server possono fare».

Il DNA (dati auto-verificabili) e il cuore

Come si costruisce un'alternativa? Osheroff ha iniziato dalle basi, usando la metafora del DNA. Il principio fondamentale del peer-to-peer è quello dei dati auto-verificabili: ho un dataset che firmo con una chiave crittografica che possiedo, e se tu hai la chiave pubblica corrispondente, puoi verificare che tali dati siano corretti. «È una benedizione che questo funzioni», ha commentato, perché «rende tutto possibile». In Keet, ogni utente in una chat room ha il proprio dataset personale che controlla, firmato digitalmente. L'app non è altro che una strategia per prendere tutti questi dataset sparsi e unirli insieme in modo utilizzabile. Il componente base si chiama Hypercore, sviluppato dal CEO Mathias Buus 12 anni fa e poi perfezionato attraverso molte iterazioni. È essenzialmente un grande array, cioè una lista di dati, che può essere replicato su tutta la rete. La differenza rispetto a un normale array è che contiene dati auto-verificabili: chiunque riceva un blocco da uno di questi Hypercore può verificare, usando la chiave pubblica, che provenga davvero dall'autore. «Abbiamo detto che è un cromosoma», ha spiegato Osheroff, «perché prendi il DNA e lo impacchetti in qualcosa che puoi trasmettere». Hyperswarm è invece il «cuore pulsante» del sistema: una rete distribuita - chiamata DHT, distributed hash table - che permette ai peer di trovarsi e connettersi direttamente, senza passare attraverso server. «È il sistema circolatorio che fa muovere i dati nella rete», ha detto. Infine, Pear Runtime, la piattaforma lanciata a febbraio 2024 che permette di distribuire intere applicazioni P2P: quando installi Keet, l'app raggiunge la rete per trovare l'ultima versione e la scarica. Tutto può essere fatto «dal nostro divano», senza dover affittare server sulle piattaforme di Amazon o Google.

Il cervello: sincronizzare migliaia di database

La sfida più grande rimane quella che Osheroff ha chiamato "il cervello" del sistema, quindi un mezzo che permetta di unire database sparsi su migliaia di dispositivi: alcune chat di Keet, infatti, hanno oltre 10.000 utenti. La soluzione si chiama Autobase che, in sostanza, mette insieme tutti i dataset dei vari peer in una una panoramica uniforme, garantendone quindi l’unione. Per riuscire nell’obiettivo servono regole precise che girano su ogni device, «come smart contract» e decidono come applicare le operazioni nel database. «Per gli sviluppatori sembra un normale database», ha detto Osheroff, «ma internamente Autobase gestisce l'unione». Il risultato? «Quando apri Keet, stai raggiungendo la rete cercando peer che hanno questi dataset e li cuci insieme in uno scenario che ha senso».

Streaming illimitato “dal proprio divano”

L'esempio più impressionante è la modalità broadcast recentemente aggiunta: possiamo fare un live stream dal nostro laptop con spettatori illimitati, perché chi guarda ri-condivide automaticamente agli altri. Zero infrastruttura, zero limiti. «Dal nostro divano facciamo quello che, in un mondo non P2P, richiederebbe alle spalle un’azienda da almeno 50 milioni di dollari», ha spiegato. Questo, secondo l’informatico californiano, è il vero cambio di paradigma: non si tratta solo di evitare il 1984 orwelliano, ma di rendere possibile ciò che prima non lo era. «Il peer-to-peer apre gli occhi sul fatto che possiamo costruire app migliori», ha detto. «È anche creare app che non potremmo mai fare altrimenti». Tutto ciò è possibile grazie alla partnership con Tether, che ha investito convintamente in Holepunch: «Siamo davvero fortunati ad avere ottimi partner. Questo ci differenzia da molti progetti peer-to-peer tentati in passato, perché significa che abbiamo il tempo di cercare di trovare le migliori soluzioni possibili a questi problemi. E sono problemi davvero difficili da affrontare…».

Il sistema è modulare: Holepunch pubblica centinaia di moduli su GitHub che gli sviluppatori possono combinare come preferiscono. Durante il Forum di ottobre sono state presentate diverse app costruite su Pear Runtime, incluso QVAC, il progetto di AI decentralizzata di Tether. «È un tornare alla visione originale di internet», ha concluso Osheroff. Un ritorno alle radici, quindi, in cui gli utenti controllano i propri dati e dove non esistono padroni invisibili. Ma questa architettura peer-to-peer non è solo una questione tecnica o nostalgica: è la base tecnologica indispensabile per costruire strumenti di comunicazione che nessun governo può spegnere, nessuna corporation può controllare e nessun autocrate può censurare. Strumenti di cui - come abbiamo scritto anche riportando quanto ha raccontato il co-founder di White Noise, Jeff Gardner - attivisti e dissidenti in tutto il mondo hanno urgente bisogno per sopravvivere, organizzarsi e resistere.

Vuoi ascoltare dal vivo i principali protagonisti del mondo Bitcoin e P2P su scala globale? Cogli l’occasione: i biglietti per l'edizione 2026 del Plan ₿ Forum di Lugano, la quinta, in programma il 23 e 24 ottobre del prossimo anno, sono già disponibili al prezzo imperdibile di 99 franchi.


Questo articolo è stato realizzato da Lugano's Plan ₿, non fa parte del contenuto redazionale.

Sappiamo quanto sia importante condividere le vostre opinioni. Tuttavia, per questo articolo abbiamo scelto di mantenere chiusa la sezione commenti.

Su alcuni temi riceviamo purtroppo con frequenza messaggi contenenti insulti e incitamento all'odio e, nonostante i nostri sforzi, non riusciamo a garantire un dialogo costruttivo. Per le stesse ragioni, disattiviamo i commenti anche negli articoli dedicati a decessi, crimini, processi e incidenti.

Il confronto con i nostri lettori rimane per noi fondamentale: è una parte centrale della nostra piattaforma. Per questo ci impegniamo a mantenere aperta la discussione ogni volta che è possibile.

Dipende anche da voi: con interventi rispettosi, costruttivi e cortesi, potete contribuire a mantenere un dialogo aperto, civile e utile per tutti. Non vediamo l'ora di ritrovarvi nella prossima sezione commenti!
POTREBBE INTERESSARTI ANCHE