La politica abbraccia la rivoluzione monetaria

Due panel con speaker di altissimo profilo hanno indagato, nel corso del Plan ₿ Forum, il rapporto tra Bitcoin e istituzioni. Ex cancellieri, ministri, un principe e l’ex responsabile del Crypto Council della Casa Bianca: il mondo politico sta scoprendo che ignorare BTC ha un costo sempre più alto.
Due panel con speaker di altissimo profilo hanno indagato, nel corso del Plan ₿ Forum, il rapporto tra Bitcoin e istituzioni. Ex cancellieri, ministri, un principe e l’ex responsabile del Crypto Council della Casa Bianca: il mondo politico sta scoprendo che ignorare BTC ha un costo sempre più alto.
Sul WAGMI Stage del Palazzo dei Congressi di Lugano, il 24 e 25 ottobre scorsi, Bitcoin è stato al centro, tra gli altri, di due avvincenti confronti che hanno portato sul palco alcuni tra i nomi più influenti del settore. Filip Karadjordjevic, intanto, cioè lo speaker che ha partecipato a entrambi i panel: principe ereditario di Serbia e Jugoslavia e Chief Strategy Officer di JAN3 è un volto noto nella battaglia globale per l'adozione di Bitcoin da parte degli stati nazionali. Nel primo panel, moderato da Dom Bei, il focus del resto era chiaro già dal titolo: "The convergence of Bitcoin and political Institutions". Accanto a Karadjordjevic, quattro nomi del calibro di Sebastian Kurz, ex cancelliere austriaco; Zhaslan Madiyev, vice primo ministro del Kazakhstan e ministro per l'Intelligenza Artificiale e lo Sviluppo Digitale; Bo Hines, già executive director del Crypto Council della Casa Bianca e oggi CEO di Tether USA₮ (il progetto del dollaro digitale regolamentato negli Stati Uniti); Aurore Galves, prima candidata alle elezioni francesi a promuovere una piattaforma esplicitamente pro-Bitcoin. Nel secondo panel, intitolato "The Final Reserve - Why Nations are turning to Bitcoin", moderato da Jeff John Roberts di Fortune Magazine, Karadjordjevic è poi tornato sul palco stavolta insieme a Samson Mow - fondatore e CEO di JAN3 -, a Samuel Kullmann, granconsigliere di Thun eletto a Berna e a Yves Bennaïm, promotore del referendum per includere Bitcoin nelle riserve della BNS.
Perché proprio adesso?
Le questioni sviscerate in apertura del primo panel hanno subito messo tutti di fronte a un punto chiave: Bitcoin è stato progettato per essere “apolitico”, eppure ora la politica lo sta cercando. «È il risultato della domanda delle persone», ha spiegato Hines, che prima di passare al settore privato ha appunto coadiuvato l'amministrazione Trump. «Per molto tempo i governi hanno visto Bitcoin come un asset criminale. Ma col tempo si sono resi conto che le persone vogliono solo la libertà di muovere il proprio denaro come preferiscono». Il costo dell'inazione, del resto, ora inizia a pesare. Galves, in tal senso, ha ricordato l'occasione persa dalla Francia: «Dieci anni fa, un bitcoiner francese propose a EDF, la compagnia nazionale dell'energia, di fare mining. Rifiutarono. Se lo avessero ascoltato, oggi la Francia avrebbe azzerato il debito pubblico», ha concluso in tono provocatorio. Il Kazakhstan, invece, ha fatto una scelta diversa. Madiyev ha raccontato come il paese sia diventato la seconda nazione al mondo per hashrate dopo il ban cinese del mining - il divieto di estrarre BTC imposto da Pechino - nel 2021: «All'inizio non avevamo nemmeno una regolamentazione. Poi abbiamo sviluppato una legge sugli asset digitali e oggi concediamo licenze alle mining farm, accreditiamo i mining pool e regoliamo gli exchange». Soprattutto, ha sottolineato l'investimento in campo educativo: tra i 40 e i 50 mila studenti nel paese si diplomeranno il prossimo anno con specializzazioni in blockchain e compliance nel mining. Una strategia che, manco a dirlo, punta a fare del Kazakhstan un hub regionale e internazionale del settore.
Nel frattempo, come noto, il cambio di passo negli Stati Uniti è stato radicale, come ha rimarcato Hines, spiegando come prima fosse in vigore un approccio politico fondato sulle persecuzioni e i procedimenti giudiziari, mentre la nuova amministrazione mostra un sostegno esplicito e sistematico a Bitcoin, sancito anche dall’ordine esecutivo del 6 marzo 2025 che ha istituito la Strategic Bitcoin Reserve. Karadjordjevic ha poi aggiunto un dato che spiega senza fronzoli perché i politici americani non possono più ignorare Bitcoin: «Circa 70 milioni di cittadini statunitensi possiedono crypto in qualche forma: è un blocco elettorale enorme».
La corsa alle riserve strategiche
Nell'altro panel, invece, il focus è stato indirizzato su una questione ancora più concreta: cosa succede quando le nazioni decidono di accumulare Bitcoin? Su questo fronte, Stati Uniti, El Salvador e Bhutan hanno già avviato percorsi differenti di accumulo o gestione strategica di BTC, mentre altri Paesi rimangono alla finestra e stanno valutando il da farsi. La Svizzera, ad esempio, è tra questi e potrebbe presto diventare il primo paese occidentale a inserirlo nella costituzione, mediante il procedimento di democrazia diretta che può consentire di modificarla (l'articolo 99 prevede già che la BNS debba tenere parte delle riserve in oro). Con l’emendamento proposto, sarebbe quindi obbligata a detenere anche Bitcoin: per arrivare al voto nazionale servono 100’000 firme entro giugno 2026. Kullmann, dal canto suo, ha raccontato che nel Canton Berna il Gran Consiglio ha approvato una mozione per studiare il potenziale del mining Bitcoin per stabilizzare la rete elettrica e utilizzare energia in eccesso, sottolineando come questo risultato dimostri che la narrativa su Bitcoin sta cambiando. Infine Samson Mow, figura centrale nei processi di adozione istituzionale con JAN3, ha posto l'accento sull'urgenza della corsa all'accumulazione tra stati. Un tema ricorrente in entrambi i panel, poi, è stato quello della trasparenza. Come può un cittadino essere sicuro che i membri del governo non si approprino dei Bitcoin del paese? Karadjordjevic, a tal proposito, ha rassicurato: «Bitcoin è trasparente, puoi vedere le transazioni sulla mainchain. Noi di JAN3 ne parliamo con i governi e spieghiamo che BTC è uno strumento per il lungo termine, non per arricchirsi personalmente». Mow ha aggiunto che soluzioni multi-sig, hardware wallet e sistemi enterprise possono rendere estremamente difficile per chiunque muovere i fondi in modo improprio.
L'Europa arranca, ma qualcosa si muove
Se gli Stati Uniti hanno innestato la quarta, l'Europa resta più cauta. Kurz, forte della sua esperienza da ex cancelliere dell’Austria, ha riflettuto sulla polarizzazione politica: «L'innovazione non parte mai da tutti allo stesso tempo. Ci sono i first mover, i follower e gli scettici: è normale. Ma quanto più qualcosa diventa rilevante, tanto più entra nel dibattito politico». E ha aggiunto: «Penso che ora quelli a favore stiano vincendo, e che chi era scettico abbia sempre meno argomenti».
Galves ha portato la testimonianza della Francia, dove ha corso alle elezioni legislative del 2024 ottenendo 91 voti nella sua circoscrizione: «Non rappresentavo una minaccia, quindi non sono stata attaccata. Ma, in futuro, quando più bitcoiner si candideranno, sarà diverso». Ha evidenziato le sfide peculiari del contesto francese: «Bisogna spiegare che Bitcoin è diverso dalle crypto e dalle possibili truffe correlate. E anche sottolineare, giustificandosi, che non si appartiene all'estrema destra, perché in effetti in Francia finora solo partiti marginali hanno parlato di Bitcoin». Insomma, a queste latitudini si tratta di una battaglia culturale più che tecnica.
Il messaggio emerso in modo chiaro da entrambi i panel è stato inequivocabile: Bitcoin non ha bisogno della politica per funzionare. È la politica che, prima o poi, avrà bisogno di Bitcoin.
Non vuoi perderti la prossima edizione Plan ₿ Forum di Lugano? Sono già disponibili i biglietti Peer per la quinta edizione, quella del 2026, al prezzo early bird di 99 CHF: un'occasione imperdibile.







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