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ITALIASisma: un disastro molto più grande di quello che si immaginava

31.05.12 - 20:44
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Sisma: un disastro molto più grande di quello che si immaginava

MIRANDOLA - Una delle zone economicamente più forti di una della regione economicamente più forti d'Italia, che da sola vale l'1% del Pil del paese, comincia a contare i danni e comincia a rendersi conto che il disastro è molto più grande di quello che immaginava. I capannoni crollati come un castello di carte rimarranno come uno dei simboli più drammatici del terremoto che ha sconvolto la Bassa emiliana: con le abitazioni che hanno sostanzialmente retto, sono stati i luoghi di lavoro a crollare ed è qui che ci sono state le maggiori vittime.

Fino a che i tecnici della protezione civile e dei vigili del fuoco non avranno fatto le verifiche nei capannoni delle aree industriali della zona non si tornerà a lavorare. E quando si riaprirà ci saranno alcuni dei fiori all'occhiello dell'economia italiana, nei settori del biomedicale, della meccanica, dell'agroalimentare, che saranno in ginocchio.

Le associazioni di categoria stanno facendo una stima dei danni. Secondo Confindustria i capannoni industriali danneggiati non sono meno di 500 con 12-13mila operai che vedono messo a rischio il loro posto di lavoro. Il timore fondato, peraltro, è che questa stima possa crescere notevolmente. Domani Protezione civile e Confindustria hanno organizzato una riunione per spiegare agli imprenditori quali pratiche devono seguire in caso di danni.

"Il problema vero - ha spiegato il presidente regionale di Confindustria Gaetano Maccaferri - è che il nostro sistema economico è fatto di filiere e un terremoto moltiplica i danni sulla produttività dei sistemi industriali delle province". Le aziende del biomedicale, ad esempio, fanno prodotti talmente complessi che spesso esternalizzano certi tipi di produzione, funzionale al loro prodotto, ad altre aziende del territorio, a loro volta, estremamente specializzate in un settore ancor più specifico. I danni strutturali in un'azienda possono, quindi, a catena, metterne in crisi molte di più, comprese quelle che non hanno capannoni danneggiati. E non servono certo analisi macroeconomiche o pareri di grandi esperti per capire, poi, che se questa locomotiva produttiva rallenta i problemi si riversano a catena non solo sull'indotto diretto, ma anche sui servizi, sul commercio, sul piccolo artigianato. Producendo inesorabilmente quell'effetto moltiplicatore a cui accennava Maccaferri.

Un effetto che riguarda anche il settore del credito. Il Parmigiano Reggiano, tanto per fare un esempio, da queste parti non è solo un formaggio che i francesi ci invidiano e che il mondo apprezza: è anche uno strumento finanziario. Mentre le forme se ne stanno buone buone a stagionare sulle scalere diventando con il tempo un'eccellenza alimentare, servono anche ai caseifici come garanzia per accedere a nuove linee di credito per far andare avanti l'attività. Il terremoto ha distrutto 633mila forme.

È necessario, insomma, ripartire. Salvaguardando, come prima cosa, l'incolumità dei lavoratori, ma ripartire in fretta. Perchè in questa congiuntura economica a perdere posizioni conquistate in decenni possono bastare pochi mesi. E riconquistarle non sarebbe semplice.

 

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