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GUERRA IN UCRAINA

I soldati russi che non vogliono combattere? Vengono giustiziati

Una nuova inchiesta getta luce sugli abusi all'interno dell'esercito russo schierato in Ucraina
Screenshot video Talegram ParaPax
Fonte The Guardian
I soldati russi che non vogliono combattere? Vengono giustiziati
Una nuova inchiesta getta luce sugli abusi all'interno dell'esercito russo schierato in Ucraina

MOSCA - Un centinaio di comandanti russi avrebbero giustiziato o inviato a morire soldati che si rifiutavano di combattere in Ucraina. È quanto emerge da una nuova indagine della testata indipendente Verstka, che descrive un quadro di violenze sistematiche all’interno dell’esercito di Mosca.

Sulla base di testimonianze di militari in servizio, familiari delle vittime, video diffusi su internet e denunce ufficiali, Verstka afferma di aver identificato 101 soldati russi accusati di aver ucciso o torturato commilitoni. Sono almeno 150 le morti verificate, anche se la cifra reale sarebbe molto più alta.

Già nei primi mesi dell’invasione, nel febbraio 2022, erano circolate notizie sull’impiego di «unità di blocco» incaricate di impedire ritirate e colpire i soldati in fuga. Il Cremlino ha sempre respinto queste accuse, sostenendo che simili episodi riguarderebbero invece l’esercito ucraino.

L’inchiesta di Verstka documenta numerosi casi in cui comandanti avrebbero ordinato l’uccisione diretta dei «disertori», con corpi scaricati in fiumi o fosse comuni e registrati come caduti in combattimento. Altre testimonianze riferiscono dell’uso di droni e ordigni esplosivi per “eliminare” feriti o militari considerati poco collaborativi.

Il report racconta inoltre di torture prolungate, con soldati rinchiusi in buche coperte da grate metalliche, bagnati e picchiati per giorni. In alcuni casi, sarebbero stati costretti a combattere tra loro fino alla morte in una sorta di “Colosseo militare”: un video circolato a maggio 2025 mostra due uomini a torso nudo in una fossa, incitati a uccidersi a vicenda per ottenere la libertà.

Accanto a questo sistema di terrore, Verstka segnala l’estinzione di debiti e ricatti economici: chi non pagava somme richieste dai comandanti veniva “azzerato”. Molti militari, inoltre, sarebbero stati mandati intenzionalmente verso missioni suicide come “mayachki”, ovvero bersagli umani utilizzati per attirare il fuoco nemico durante gli assalti.

Se inizialmente tali pratiche sembravano circoscritte ai reparti composti da ex detenuti, oggi – secondo la testata – sarebbero diffuse anche nelle unità regolari. La maggior parte dei responsabili identificati è composta da ufficiali di medio livello o veterani di precedenti conflitti.

Verstka sostiene di aver ottenuto i nomi, i gradi e le unità militari di oltre 60 degli oltre cento presunti autori di violenze interne, ma informa che quasi nessuno è stato perseguito.

Dati ufficiali citati nell’inchiesta indicano che nei primi mesi del 2025 la Procura militare russa ha ricevuto circa 29mila denunce da soldati o familiari, di cui oltre 12mila legate a punizioni inflitte da superiori. Una fonte interna spiega che esisterebbe un divieto informale di indagare sugli ufficiali al fronte: «Ci dicono che aprire un fascicolo potrebbe danneggiare le operazioni. Di fatto godono di totale impunità», ha dichiarato la fonte.

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