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MOLDAVIALa Transnistria e quei "dadi" nelle mani di Putin

26.04.22 - 13:30
Gli attacchi delle ultime 24 ore orientano i riflettori sulla piccola repubblica separatista. Facciamo un primo punto.
AFP
La Transnistria e quei "dadi" nelle mani di Putin
Gli attacchi delle ultime 24 ore orientano i riflettori sulla piccola repubblica separatista. Facciamo un primo punto.
Le autorità di Tiraspol parlano di tentativi per «forzare la sicurezza e creare pressione» nella regione, dove la tensione è alta dall'inizio dell'invasione in Ucraina. Gli attacchi non hanno provocato vittime. Ma il boato si è sentito in tutto il mondo.

TIRASPOL - De iure parte della Moldavia, de facto governata da un'amministrazione autonoma, con sede nella città di Tiraspol. E sembra avere un ruolo nel Risiko di Vladimir Putin, anche se ancora non è chiaro quale sia.

La Transnistria è una piccola repubblica separatista e filo-russa, situata come un cuscinetto che ricalca il confine a est con l'Ucraina. Qui la tensione è in aumento da settimane. E ad alimentarla, al netto del riverbero del conflitto in corso oltre la frontiera, ci hanno pensato prima le dichiarazioni da parte di Kiev su una presunta mobilitazione delle forze russe nella regione - smentita in tutta fretta dalle autorità locali - e poi le esplosioni di ieri. Nessuna vittima e solo lievi cicatrici sulle facciate del Ministero della Sicurezza statale. Il boato ha invece fatto il giro del mondo.

L'edificio sarebbe stato bersagliato da alcuni colpi di lanciagranate. Ignota la mano che lo impugnava. Il Ministero della Difesa di Kiev lo attribuisce alle forze russe, che avrebbero l'obiettivo di innescare un pretesto per dare il via libera all'entrata in Transnistria dall'ovest dell'Ucraina, adducendo così a motivazioni che sarebbero in parte speculari a quelle con cui Mosca ha deciso - ufficialmente in difesa del Donbass - di sfondare il confine ucraino lo scorso 24 febbraio. Ma senza il controllo ferreo del corridoio di terra che costeggia il Mar d'Azov e il Mar Nero, da Mariupol fino a Odessa, sembra difficile per il Cremlino anche solo pensare di poter "tirare i dadi" e fare breccia in quella che, internazionalmente parlando, resta terra della repubblica moldava. Uno Stato, lo ricordiamo, ufficialmente neutrale.

Ogni via passa da Odessa
L'occupazione dell'intera lingua a sud dell'Ucraina - che andrebbe a sbarrare ogni accesso marittimo a Kiev - appare sulla carta come conclusione logica più probabile dell'invasione delle forze dello "zar" nell'ex repubblica sovietica. C'è però il grosso "ma" rappresentato proprio da Odessa; quel sogno difficilmente concretizzabile per Mosca. E fonti qualificate di Kiev, citate dall'agenzia Adnkronos, non escludono che il futuro della città portuale - a maggioranza russa - possa tradursi nella nascita di un'enclave ucraina, sul modello di quella russa di Kaliningrad, incuneata tra Polonia e Lituania.

Tornando però oltre il confine, Odessa dista solo un centinaio di chilometri da Tiraspol, la capitale dell'autoproclamata repubblica. E qui si tenta di stemperare. Le autorità locali, citate dal Financial Times, hanno etichettato i fatti di ieri come un tentativo di creare pressione e «forzare la situazione di sicurezza nella regione». Un «tentativo di generare panico e paura», ha dichiarato all'agenzia russa Tass il parlamentare moldavo Andrei Safonov. E la medesima chiave di lettura è di riflesso ipotizzabile per quello che si è verificato oggi: un nuovo attacco contro un'unità militare, che ha spinto il governo locale ad alzare l'allerta terrorismo a livello rosso.

I "dadi" nelle mani di Putin
Attacchi che arrivano a pochi giorni di distanza dalle parole con cui l'alto ufficiale delle forze militari di Mosca Rustam Minnekayev pare aver apparecchiato una sorta di Donbass parte seconda. Perché, citandolo, «anche in Transnistria si evidenziano episodi di discriminazione contro i residenti russofoni». L'anticamera per giocare la carta del «genocidio», come quello denunciato da Putin durante l'evento patriottico al Luzhniki di Mosca il mese scorso? Lo dirà il tempo. Il presente racconta invece di un territorio che si trova in una "posizione" scomoda ma che al contempo non ha mai fatto segreto della propria preferenza. Quel sentimento sintetizzabile con "ci sentiamo più russi che moldavi" - le stime parlano di circa 150mila passaporti della Federazione Russa su poco meno di un mezzo milione di abitanti - che ha trovato corpo nella richiesta di annessione rivolta a Mosca nel 2014, dopo la Crimea.

Certo è che il peso specifico di quella richiesta, agli occhi del Cremlino, non possa essere equiparato a quello ricoperto dai territori ucraini. Di fatto, la Moldavia non offre né particolari vantaggi geopolitici né le risorse naturali del Donbass. Ma i dadi restano in ogni caso nelle mani di Putin.

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