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FRANCIAAbdeslam loquace coi compagni di prigionia: «Col giubbotto esplosivo sembravo uno di 90 kg!»

10.01.20 - 14:53
Registrazioni fatte a sua insaputa incriminano l'unico sopravvissuto degli attacchi di Parigi del 2015
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La foto segnaletica del terrorista
La foto segnaletica del terrorista
Abdeslam loquace coi compagni di prigionia: «Col giubbotto esplosivo sembravo uno di 90 kg!»
Registrazioni fatte a sua insaputa incriminano l'unico sopravvissuto degli attacchi di Parigi del 2015

FLEURY-MÉROGIS - Dal suo arresto, Salah Abdeslam si è sempre trincerato in un ostinato mutismo nei confronti degli inquirenti. Registrato a sua insaputa in carcere mentre parlava con dei compagni di prigionia, però, l’unico superstite del commando islamista che ha perpetrato gli attentati di Parigi del 13 novembre 2015 si è dimostrato molto più loquace.

Lo rivelano nove pagine di trascrizioni delle sue conversazioni da una cella all’altra con l’autore dell’attentato al museo ebraico di Bruxelles del 2014, Mehdi Nemmouche, e con un presunto logista degli attacchi di Parigi, Mohammad Bakkali, risalenti a quando i tre erano detenuti nel carcere di Bruges, in Belgio, nella primavera del 2016. Desecretate nell’ottobre del 2019, come riporta Le Parisien sono ora allegate all’istruttoria per l’apertura del processo di Abdeslam in Francia, che dovrebbe iniziare a novembre di quest’anno.    

In una delle conversazioni, dopo che, in un misto di francese e arabo, Abdeslam gli ha raccontato di come ha lasciato tre kamikaze allo Stade de France e abbandonato la sua Clio nel XVIII Arrondissement, Mohammed Bakkali gli chiede: «Avevi già buttato via il coso?», intendendo il giubbotto esplosivo. «Sì, certo, sei fuori o cosa?», gli risponde il terrorista. «In realtà avevo chiesto informazioni a un tipo e mi ha guardato dalla testa ai piedi: guardava il mio giubbotto. Capiva che c’era qualcosa di strano. Sembrava pesassi 90 kg, fratello mio», aggiunge. Il dispositivo che aveva addosso era «troppo visibile - precisa - sapevo che dovevo sbarazzarmene».

In un’altra registrazione, sempre con tono leggero, il 30enne racconta poi della fine della giornata del 13 novembre, di come si è nascosto per poi fuggire in Belgio, dove è rimasto latitante per quattro mesi: «Mi sono nascosto in un edificio di case popolari, vicino a McDonald’s, sai?»» spiega. «E non hai mangiato niente?», gli chiede Bakkali. «Sono andato da McDonald’s», risponde Abdeslam. «Ti sei comprato una cosina?», incalza l’altro. «Al McDrive, capisci? Al McDrive. Ho preso un Menu Fish», confessa il 30enne. «(Risate, ndr) Sei un assassino, eh», commenta il compagno di prigionia.

Quasi incredibile è, invece, il suo racconto della fuga verso il Belgio. Con la Francia in stato di emergenza nazionale, «al terzo posto di blocco», Abdeslam dice infatti ai compagni di detenzione che l’auto su cui viaggiava con i suoi complici è stata fermata dall’équipe di una televisione belga: «Trova normale che ci siano così tanti posti di blocco?», avrebbe chiesto agli occupanti della vettura la giornalista. «Sì, è normale, viste le circostanze, bisogna rinforzarli», avrebbe risposto Abdeslam, che era seduto sul sedile posteriore. Davanti agli agenti, comunque, il terrorista ha avuto paura: «Mi sono detto “È la fine”», confessa nelle registrazioni. Ancora non identificato e segnalato, quel giorno Abdeslam aveva tuttavia potuto continuare il suo viaggio verso Bruxelles.

Dopo un processo in Belgio, il 30enne è ora rinchiuso nel carcere francese di Fleury-Mérogis, a sud di Parigi, da quasi quattro anni. Il processo francese dovrà chiarire le sue esatte responsabilità negli attacchi al Bataclan e in altre aree della capitale francese, che hanno fatto 130 vittime. Salah Abdeslam è già stato condannato per terrorismo in Belgio.  

 

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