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CANTONERistoranti chiusi, tempi duri per chi produce vino: «Non si molla, vi portiamo le bottiglie a casa»

03.04.20 - 08:09
In Ticino sono circa una novantina le aziende di questo settore. Alcune hanno perso tra il 70 e l’80% del fatturato
Fotomontaggio Tio/ 20Minuti
Valentina Tamborini, Christian Rigozzi, Gabriele Bianchi e David Delea.
Valentina Tamborini, Christian Rigozzi, Gabriele Bianchi e David Delea.
Ristoranti chiusi, tempi duri per chi produce vino: «Non si molla, vi portiamo le bottiglie a casa»
In Ticino sono circa una novantina le aziende di questo settore. Alcune hanno perso tra il 70 e l’80% del fatturato
Ma ecco come alcuni giovani imprenditori si sono ingegnati per fare fronte a una crisi senza precedenti: «Pensiamo positivo».

Ristoranti e bar chiusi a causa del nuovo coronavirus. Tempi duri per i produttori di vino che in Ticino, con una novantina di aziende, rappresentano un mercato importante. «Alcune imprese in queste settimane hanno perso tra il 70 e l’80% del fatturato», evidenzia Andrea Conconi, direttore di Ticinowine.

La ragazza tutta grinta – Ma c’è chi non ci sta a piangersi addosso. La prima è Valentina Tamborini, 33 anni, responsabile della comunicazione per la storica azienda di famiglia basata a Lamone. «No – sostiene –. Dobbiamo tenere duro. Tutti quanti. E remare tutti nella stessa direzione, promuovendo il prodotto locale. Noi ad esempio stiamo puntando sulle consegne a domicilio, entro pochi giorni, grazie al nostro shop online».

Una mano sul cuore – Più o meno sulla stessa lunghezza d’onda anche Christian Rigozzi, classe 1980, titolare della Cantina Ai Fracc di Monte Carasso. «Se qualcuno ha voglia di bere un buon vino, forse sarebbe bello che in questo momento acquistasse una bottiglia prodotta in Ticino. Per noi è difficile. Facciamo consegne a domicilio. Ma non bastano per fare quadrare i conti. Al momento sono più le spese che altro. Diciamo che un’azienda sana può reggere una situazione simile per un paio di mesi. Poi iniziano a subentrare grossissimi problemi».

C’è chi ci mette il miele... – Gabriele Bianchi, 28 anni, porta avanti l’omonima azienda famigliare di Arogno. Anche lui offre la consegna a domicilio. «Ci aggiungiamo anche il miele di nostra produzione, come valore aggiunto. Non possiamo nascondere che abbiamo avuto un calo del fatturato. Avevamo tante fiere in programma. A maggior ragione vorremmo che la gente sostenesse i produttori locali».  

... e chi il disinfettante – A sperare che l’incubo finisca presto è anche David Delea, 40 anni, dell’omonima ditta di Losone. «Noi ci siamo inventati la grappa come disinfettante, la stessa regalata agli ospedali locarnesi di recente. Per distinguerci un po’. Abbiamo sempre avuto un discreto successo con lo shop online. La gente ordina il disinfettante. E già che c’è magari anche qualche bottiglia».  

La collaborazione – Nel frattempo la Tamborini di Lamone collaborerà con Delea proprio nella realizzazione di grappa disinfettante da donare agli ospedali che si occupano del Covid-19. «Anche noi vogliamo fare la nostra parte – dice Valentina Tamborini –. Non siamo gli unici ad attuare iniziative del genere. Anche Bianchi e Rigozzi sono come noi, in un modo o nell'altro. Le aziende di produttori di vino sono coese. La rinascita ci sarà. E tutto sarà bellissimo. Crediamoci».

Applausi e incognite – Conconi applaude le iniziative dei giovani imprenditori. «Fanno bene a non scoraggiarsi. È questo l’atteggiamento giusto. Occorre essere lungimiranti e flessibili. Se non si vende in un modo, si devono trovare nuove strategie». Anche se un ulteriore problema potrebbe subentrare a settembre. Con la vendemmia. «Tutte le bottiglie che adesso non vengono vendute resteranno nelle cantine e nei depositi. Ci sarà un eccesso di uva non venduta? Bisognerà ipotizzare qualche stratagemma. Ma andiamo avanti facendo un passo alla volta».

 

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