Il sindacato dei media critica l’impiego nel giornale della Curia di redattori ormai a riposo, pagati poco, che «toglievano opportunità ai giovani»
LUGANO - A prima vista può sembrare tardi parlare ora di politica salariale al Giornale del Popolo. Il paziente è morto, l’autopsia che ne rivela i presunti mali arriva appunto postuma. A prima vista, perché con un post su Facebook il segretario regionale di syndicom ha aperto il libro dei conti. «La tempistica della mia denuncia... - spiega a Ticinonline/20Minuti lo stesso Nicola Morellato - ...in modo molto trasparente e sincero posso dire che solo adesso abbiamo i dati. E questi dati ci sono arrivati ora individualmente. Fino a ieri, non essendoci una partnership sociale e neppure trasparenza e volontà di collaborazione da parte della direzione, queste cifre non sono mai state divulgate».
Parole pesanti ma scandite senza esitazione. Ed è solo la premessa. Perché la sostanza, secondo Morellato, sta (stava) nei salari, «nettamente inferiori rispetto al vecchio Ccl». Una situazione che ora il sindacalista ha deciso di portare alla luce «con i dati alla mano e con la lista dei dipendenti e dei loro salari. C’è un tema generalizzato, perché da quattordici anni in Ticino manca quel contratto collettivo che definiva salari minimi e scatti, ora non più in vigore. Al GdP si rilevano salari al 100% che si situano al di sotto dei 4'000 franchi. Ci sono alcuni salari bassi e anche delle imprecisioni che stiamo analizzando. Però finora c’è stata poca volontà di collaborazione e soprattutto poca trasparenza da parte della direzione a confrontarsi sui dati reali».
Uno degli aspetti più gravi, sempre secondo Morellato, sta nell’impiego esagerato e sottopagato di giornalisti pensionati. È uno dei problemi, da sempre sul tavolo «per rendere attrattiva la professione e garantire salari minimi d’entrata», che l'analisi delle carte avrebbe rivelato: «È il problema dei pensionati che rubano posti di lavoro ai giovani. Oltretutto pensionati sottopagati che fanno quindi dumping salariale». In che termini, lo spiega leggendo i fogli che ha sotto mano. Al GdP, continua, «c’era un pensionato che lavorava al 50% guadagnando 1'000 franchi. Un altro ne prendeva sempre 1'000, ma al 60%. Un altro 1'050 al 50%. Un altro 2'000 franchi al mese a tempo pieno. Salari lordi. È chiaro che con questo tipo di concorrenza si sostituiscono potenziali giovani giornalisti». Quanti erano i pensionati ingaggiati al GdP? «Parliamo di 5 persone su 35. Una proporzione che ritengo eccessiva».
Una situazione che renderebbe, secondo syndicom, ancora più evidente la necessità di un Ccl per regolamentare anche gli scatti salariali secondo l’esperienza. «Un pensionato dovrebbe essere arrivato a 7-8mila franchi, invece qui ne prende 2000... Inoltre c’è anche l’aspetto delle collaborazioni esterne dei pensionati, dove si abbassavano le tariffe. Ed è una concorrenza indiretta ai collaboratori stessi». Pensando al futuro, conclude Morellato, «il pensionato può certo continuare a svolgere il proprio lavoro, ma deve essere un impiego di consulenza e pagato adeguatamente. Altrimenti l’abbassamento delle pensioni, la difficoltà di avere un terzo pilastro e il rischio di entrare in pensione da “povero” rischiano di portare una forte concorrenza al lavoratore attivo. È un tema politico e sociale che andrebbe affrontato con una regolamentazione salariale».
Zumthor: «Con syndicom avremmo chiuso dieci anni fa»
«Se Morellato voleva far chiudere il giornale dieci anni fa…». Replica così la direttrice del GdP alle accuse di syndicom. Troppi pensionati? «Sappiamo benissimo che certe cose - continua Alessandra Zumthor - si è riusciti a farle aiutandoci tra noi. Non si faceva né dumping né altro, i giornalisti li pagavamo correttamente. Dopodiché se c’è il pensionato che si mette a disposizione anche gratuitamente, gli diamo almeno una gratifica». E più in generale, conclude Zumthor, «potete anche sentire la Curia perché sono stufa di venir coinvolta in cose che non ho organizzato io ed erano così da anni al giornale».