L'attore sarà al Palazzo dei Congressi ad inizio marzo con il suo spettacolo "Un italiano di Napoli".
Nell'intervista ci ha parlato della sua napoletaneità, del suo amore per il teatro e dei luoghi comuni che caratterizzano la Svizzera.
LUGANO - In molti lo conoscono per i "cinepanettoni", ma Biagio Izzo è anche televisione ma soprattutto teatro. Insomma, un attore a tutto tondo, che negli ultimi anni si è immerso anche in ruoli più "seri". Durante la pandemia si è invece concentrato maggiormente sulla tv, tra "Tale e quale show" e "Stasera tutto è possibile". L'attore sarà al Palazzo dei Congressi di Lugano il 5 marzo, dove porterà lo spettacolo "Un italiano di Napoli". Per l'occasione lo abbiamo intervistato.
A marzo ti vedremo a teatro con lo spettacolo "Un italiano di Napoli". Ci puoi raccontare qualcosa?
«Il mio è un canovaccio sempre molto aperto, racconto stralci di vita quotidiana vissuti realmente e poi esasperati da me. Mi piace molto raccontare cose vere, che possono succedere a chiunque, perché mi piace quando la gente si riconosce e ride. Questo è il mio modo di fare comicità. Non sono un comico demenziale, non vado a cercare una comicità politica, mi inserisco nella comicità popolare. Sono contento di venire a Lugano, e di esorcizzare questa pandemia. Con chi verrà trascorreremo un'oretta e mezza insieme, all'insegna del divertimento, che tanto ci è mancato in questo periodo».
Quanto conta la tua napoletaneità nel tuo successo?
«È la mia forza, il mio modo di esprimermi, anche attraverso la gestualità. L'essere napoletano è anche gesticolare, e la semplicità nel raccontare. Esportare la mia napoletaneità è sempre molto bello per me. Lo dico sempre, anche ai registi quando mi propongono dei personaggi: io sono napoletano. È giusto essere comprensibili, ma la parlata napoletana ci deve essere, perché io sono questo».
Siamo abituati a vederti al cinema, a teatro e in televisione. Hai una preferenza?
«Senza dubbio il teatro è il mio lavoro. Poi c'è il cinema e la televisione. Ma il teatro è la mia passione, il mio amore, il mio ambiente ideale, dove mi riconosco, dove mi diverto di più. Ho condizionato tutta la mia vita per fare teatro, anche se è "l'arte dei poveri", dove si guadagna meno, dove i sacrifici sono troppi, ma sono giustificati dalla passione e dall'amore».
C'è distinzione tra persona e personaggio?
«Assolutamente sì, è fondamentale. Siamo innanzitutto delle persone, e poi interpretiamo dei personaggi. Non dobbiamo mai dimenticarlo».
In molti ti conoscono come attore comico, ma hai interpretato anche ruoli meno "allegri"...
«Poco tempo fa ho iniziato a fare film anche più "seri". Con una buona guida di bravi registi ci si può riuscire. Se poi arrivano anche i complimenti sono ancora più felice. Chi fa questo mestiere fa l'attore a 360 gradi. Certo, magari non tutti riescono, a volte alcuni si concentrano sempre sugli stessi aspetti. A me piace proprio mettermi in discussione, confrontarmi, odio l'apatia e fare sempre la stessa cosa. Il fatto stesso di fare l'attore significa essere ogni sera in un posto diverso e con un pubblico diverso. Questo mi dà una grande forza, e la metto anche nell'arte, al cinema, in televisione, nelle serate. Cerco di fare tutto questo con grande dedizione e passione, per tentare sempre di farlo bene, poi magari non ci riesco e pazienza».
Sei sempre in giro, tra tournées, spettacoli e televisione. Come sei riuscito a coniugare il tempo lavorativo con la famiglia?
«Questo è il vero dramma, unire una vita anormale con una normale. Come dicevamo prima si è anche e soprattutto persone, perciò si è anche papà, marito, si hanno delle responsabilità. Non è facile riuscire a gestire bene tutto. Ma in qualche modo, con intelligenza, nella comprensione, si riesce a trovare il giusto equilibrio».
Come hai affrontato la pandemia?
«Ho sempre fatto molta attenzione, mi sono vaccinato, e con me tutta la famiglia, ed è una cosa che consiglio a tutti di fare. È la cosa giusta ed è l'unica soluzione per uscire da questa tragedia. Lavorativamente parlando sono stato fortunato, perché con i teatri chiusi mi ha salvato la televisione: "Made in sud", "Tale e quale show", "Stasera tutto è possibile",... Non avevo mai fatto così tanta televisione. Mi metto però nei panni di chi faceva solo teatro o serate, a cui mando tutta la mia solidarietà. Ora che stiamo ripartendo speriamo che non ci si rifermi più».
Che rapporto hai con la Svizzera?
«Anche se è un'osservazione banale, mi piace perché è proprio un luogo comune: la precisione, la pulizia, l'educazione. È sempre stato un punto di riferimento per tutti. La vedo veramente così. Quando vengo da voi è come quando un napoletano arriva e non calpesta le aiuole, rispetta i semafori,... La Svizzera ti condiziona in maniera positiva».
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