Bns: prezzi regolamentati poco incisivi sull’inflazione

Negli ultimi vent’anni, la Svizzera ha registrato un’inflazione tra le più basse al mondo. Una delle spiegazioni spesso citate è l’elevata quota di prezzi amministrati – ovvero regolamentati dalle autorità pubbliche – nel paniere dell’indice dei prezzi al consumo (IPC). Tuttavia, secondo un recente studio della Banca nazionale svizzera (BNS), questa ipotesi non trova riscontro nei dati: i prezzi amministrati hanno teso a smorzare l’inflazione complessiva, ma il loro effetto è stato alquanto limitato.
Prezzi regolamentati: un quarto del paniere svizzero
Il 25% circa dei beni e servizi inclusi nell’IPC elvetico rientra nella categoria dei prezzi amministrati, secondo la classificazione dell’Ufficio federale di statistica (UST). Si tratta di prezzi fissati o approvati dalle autorità federali, cantonali o comunali, e non determinati dalle forze di mercato.
Nel dettaglio, i settori più rilevanti sono la sanità, seguita da energia e trasporti pubblici. Nel campo sanitario, per esempio, il prezzo dei medicinali rimborsati dalle assicurazioni è stabilito dal governo federale. Nel settore energetico, invece, i prezzi di elettricità, gas e teleriscaldamento sono fissati dai fornitori locali, spesso di proprietà pubblica, e vigilati dal sorvegliante dei prezzi. Gli affitti, sottolinea lo studio, non rientrano nella categoria dei prezzi amministrati.
Effetto contenuto sull’inflazione complessiva
Nonostante il loro peso nel paniere, l’impatto dei prezzi amministrati sull’inflazione è stato modesto. Tra il 2007 e il 2024, l’inflazione media complessiva in Svizzera è stata dello 0,5%, mentre quella dei prodotti a prezzo amministrato dello 0,3% e quella dei beni a prezzo libero dello 0,6%. In altre parole, i prezzi regolamentati sono cresciuti più lentamente, contribuendo a contenere l’aumento generale dei prezzi, ma solo marginalmente: l’inflazione complessiva sarebbe stata appena 0,1 punti percentuali più alta se questi prodotti fossero esclusi.
La dinamica, osserva la BNS, è cambiata solo negli ultimi anni. Dopo la pandemia e con la guerra in Ucraina, i prezzi energetici – parte dei prezzi amministrati – hanno iniziato a crescere rapidamente, portando nel 2023 a un contributo positivo di oltre un terzo dell’inflazione totale. In precedenza, invece, erano i prezzi sanitari, in particolare quelli dei medicinali, a frenare la crescita dei prezzi, con variazioni spesso negative.
Il confronto con l’area euro
La Svizzera presenta una quota di prezzi amministrati molto più elevata rispetto alla zona euro (circa il 25% contro il 10%). Ciononostante, anche questi prezzi sono aumentati molto meno nel Paese alpino: quasi sei volte meno rispetto all’area euro. Tuttavia, lo stesso vale per i prezzi non amministrati, cresciuti circa cinque volte meno.
Di conseguenza, la differenza di inflazione tra la Svizzera e l’area euro non può essere attribuita principalmente ai prezzi regolamentati. Secondo la BNS, i prezzi amministrati spiegano meno di un quarto del divario inflazionistico tra le due economie.
Un mito da ridimensionare
Lo studio della BNS mette dunque in discussione un luogo comune radicato: i prezzi amministrati non sono stati un fattore decisivo della bassa inflazione svizzera. Se da un lato hanno talvolta contribuito ad attenuarla, dall’altro non possono spiegare né la stabilità dei prezzi osservata negli ultimi vent’anni né la distanza che separa l’inflazione svizzera da quella dell’area euro.
In sintesi, conclude la banca centrale, la dinamica dell’inflazione in Svizzera dipende soprattutto dai prezzi determinati dal mercato, non da quelli fissati dalle autorità.
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