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CANTONEA scuola denigrati per etnia o religione

29.05.24 - 06:30
La Divisione della scuola del Decs: «Gli episodi più frequenti sono riconducibili ad atti verbali, a volte veicolati dai social media»
Getty
A scuola denigrati per etnia o religione
La Divisione della scuola del Decs: «Gli episodi più frequenti sono riconducibili ad atti verbali, a volte veicolati dai social media»

BELLINZONA - Recentemente un’adolescente di 12 anni è stata vittima di un presunto episodio di razzismo in una delle scuole medie di Bellinzona, risoltosi con le scuse da parte dell’autore del gesto. Alla base, una frase pronunciata in malo modo che andava a screditare la studentessa per le sue origini etniche.

Nel Malcantone invece un bambino di una scuola media viene continuamente denigrato dai compagni perché sua mamma indossa il velo. Lo evitano e non viene invitato alle feste di compleanno. Sono storie di ordinario razzismo quotidiano. Quello strisciante, che non fa rumore, che non fa notizia.
Niente di nuovo stando all’indagine “Discriminazione e razzismo in Svizzera 2023” pubblicato nelle scorse settimane dall’Ufficio federale di statistica, secondo cui nazionalità, lingua e sesso sono i principali motivi di discriminazione non solo a scuola, ma in tutti gli ambienti sociali, compreso il posto di lavoro. L’ambiente scolastico, a ogni modo, viene segnalato dalla Rete di consulenza per le vittime del razzismo come il posto dove questi episodi si verificano più spesso. L’anno scorso degli 876 casi registrati (168 in più rispetto all’anno precedente), 181 sono avvenuti proprio nel settore della formazione.

Ma qual è la situazione in Ticino? «Sulla base delle informazioni di cui disponiamo - ha spiegato a tio/20 Minuti la Divisione della scuola del Dipartimento dell’educazione, della cultura e dello sport (Decs) del Cantone Ticino - non è possibile affermare che gli episodi di razzismo tra bambini e adolescenti siano in crescita nel settore scolastico. Gli episodi più frequenti - continua - sono riconducibili ad atti verbali, a volte veicolati dai social media, che discreditano o denigrano in base a razza, etnia o religione».

Come si comporta la scuola quando viene segnalato un fatto di questo tipo?
«Se il fatto è avvenuto in ambito scolastico, in un primo tempo docenti e direzione chiariscono con le persone coinvolte dinamiche e responsabilità. Dopo una prima fase di ascolto sono identificate le misure da adottare: ad esempio una mediazione tra allievi e allieve coinvolti (curata dalla direzione, dalla docente o dal docente di classe o di sostegno, eventualmente con il coinvolgimento dei genitori) oppure un intervento educativo più ampio che può riguardare la classe o l’intero istituto. A dipendenza della gravità dei fatti possono anche essere attribuite sanzioni disciplinari o, nel caso i fatti avessero rilevanza penale, può essere sporta denuncia».

Capita che questi screzi tra bambini sfocino poi in conflitti tra genitori? Come agite in questo caso?
«Non ci risultano casi sfociati in conflitti tra genitori, anche se non sempre la scuola è informata su cosa accade tra le famiglie di allievi e allieve. Come indicato nella risposta precedente, il coinvolgimento dei genitori è parte integrante delle risposte della scuola nella gestione dei conflitti tra allievi».

Esistono dei programmi dedicati all’intercultura?
«Sì. Fino al 20 aprile scorso, ad esempio, in varie sedi scolastiche da Mendrisio a Biasca, passando per Lugano, Locarno, Giubiasco e Bellinzona, è stata presentata l’esposizione “Noi e gli Altri – Dai pregiudizi al razzismo”, allestita per la prima volta in italiano su iniziativa del Servizio per l'integrazione degli stranieri (SIS) del Dipartimento delle istituzioni in collaborazione con la Divisione della scuola e la Divisione della formazione professionale del DECS. Svariati, poi, i progetti volti a favorire il rispetto. In generale, nella scuola, si promuove il dialogo e la conoscenza reciproca tra le differenti culture, sia nel lavoro quotidiano, sia per il tramite di iniziative specifiche sulla diversità e sulla discriminazione».

Se un bambino o un adolescente è vittima di razzismo cosa deve fare?
«Bambini e bambine o giovani vittime di episodi di razzismo possono rivolgersi agli adulti di riferimento presenti nel proprio istituto: direttori e direttrici, docenti titolari, di classe o di sostengo; nel post-obbligo alle docenti o ai docenti mediatori. Da segnalare inoltre – per le famiglie – la presenza in Ticino del Centro per la Prevenzione delle Discriminazioni, che offre un servizio di ascolto e consulenza gratuito e confidenziale per vittime di discriminazioni razziali, religiose, di genere o di orientamento sessuale».

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