«L'obbligo di certificato sul lavoro va introdotto coinvolgendo il personale»

Anche in Ticino il dibattito è teso. Gargantini: «Bisogna lavorare su una base comune»
BELLINZONA / BERNA - «Lavoro in un ristorante, dove sono l'unico non vaccinato. Ora sono molto preoccupato di quello che mi aspetterà con l'introduzione dell'obbligo di certificato Covid». È quanto ci dice un cameriere da diversi anni attivo in un locale del Canton Zugo. Lui non se la sente proprio di farsi vaccinare. Ma già da alcune settimane si sente preso di mira, anche dal datore di lavoro. Ora teme che la situazione possa peggiorare. «Forse i colleghi di lavoro non si potranno togliere la mascherina a causa mia, io sarò additato come un untore».
Da domani l'obbligo di certificato Covid sarà esteso alla ristorazione e alle strutture del tempo libero. Si tratta di un obbligo valido per la clientela. Le aziende hanno tuttavia la facoltà d'introdurlo anche per i collaboratori. Ma tale misura «non deve indurre ad alcuna discriminazione tra i lavoratori vaccinati e guariti, e quelli non vaccinati» sottolineano le autorità federali.
La questione è quindi di strettissima attualità, tra i lavoratori e anche i sindacati. E il relativo dibattito è teso, pure in Ticino. «Sono provvedimenti sanitari che non contestiamo, in quanto ci troviamo ancora in una situazione in cui non è possibile farne a meno, ma è essenziale che ci sia un'applicazione unitaria e chiara» ci dice Giangiorgio Gargantini, segretario di Unia Ticino.
Il personale va coinvolto - Così come previsto dalle più recenti decisioni del Consiglio federale, i datori di lavoro hanno dunque la possibilità di chiedere ai propri dipendenti di presentare un certificato Covid. «Ma una tale misura va adottata coinvolgendo nella discussione il personale» sottolinea Gargantini, ricordando che è quanto richiesto dalla Confederazione: «I lavoratori devono essere sentiti in merito» si legge infatti nelle indicazioni delle autorità.
E una decisione nel mondo del lavoro va presa su una base comune. «Il rischio - continua ancora il sindacalista - è che ognuno parta a modo suo, in ordine sparso». Un obbligo di questo genere va inoltre inserito in un piano di protezione globale, «non va introdotto dall'oggi al domani».
Per quanto riguarda l'applicazione, Gargantini sottolinea che allo stato attuale sono ancora molti i punti da chiarire. Ed è per questo motivo che a livello nazionale i rappresentanti sociali hanno sollecitato le autorità, chiedendo i relativi chiarimenti.




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