Il lago di Lugano si sta scaldando

E il fenomeno riguarda anche altri specchi d'acqua in tutto il mondo e può portare a stravolgimenti biologici
LUGANO - Il lago di Lugano si sta riscaldando. E non è il solo. Dopo la raccolta di dati effettuata per quattro decenni dall'Istituto scienze della terra della SUPSI, ora due nuovi studi nati da collaborazioni tra specialisti di tutto il mondo, hanno analizzato i dati provenienti da più di un centinaio di laghi (incluso il Ceresio) per illustrare la globalità del fenomeno e rivelarne la complessità degli effetti.
Uno studio pubblicato a fine 2020 (“Deeper waters are changing less consistently than surface waters in a global analysis of 102 lakes”) ha mostrato che il riscaldamento delle acque dei laghi procede a velocità diverse secondo la profondità. Infatti, durante il periodo 1970-2009, le acque di superficie si sono scaldate quasi ovunque (in media +0.37°C al decennio), mentre le acque profonde hanno mostrato andamenti variabili da lago in lago, senza tendenza d'insieme. Il riscaldamento differenziale è rilevante perché rafforza la formazione di strati termici separati, che può causare un deterioramento della qualità delle acque, per esempio portando a carenze di ossigeno e sviluppo di gas nocivi (metano, idrogeno solforato) negli strati profondi.
Un secondo studio appena pubblicato (“Climate change drives widespread shifts in lake thermal habitat”) si è interrogato sugli effetti del riscaldamento durante il periodo 1978-2013 per gli organismi acquatici, quali plancton e pesci. Il riscaldamento ha comportato un cambiamento nella distribuzione di habitat termici all’interno dei laghi, perché alcuni habitat (freddi) si sono contratti e altri habitat (caldi) si sono espansi. Secondo gli autori dello studio, questo cambiamento tende a sfavorire le specie presenti, soprattutto quelle con distribuzione limitata a certi periodi dell’anno oppure a profondità specifiche. Si teme quindi che, nei laghi, il riscaldamento porti a stravolgimenti delle comunità biologiche e perdite di biodiversità.
Questi studi - spiega la SUPSI - si riferiscono a cambiamenti già avvenuti. Poiché si prevede che il riscaldamento climatico continuerà fino almeno alla metà del 21esimo secolo, gli effetti indesiderati dei cambiamenti climatici sono probabilmente destinati ad aggravarsi nel prossimo futuro.




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