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EUROPASocial, digitale e AI: quali regole e diritti?

23.06.21 - 08:00
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Social, digitale e AI: quali regole e diritti?

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La giurisprudenza in tema di diritto d’autore approda a nuovi sviluppi per tutelare la proprietà intellettuale sulle piattaforme digitali e, in particolare, il diritto all’immagine.

BRUXELLES - La Commissione Europea ha presentato a Bruxelles il 21 di aprile il primo quadro giuridico sull'AI mai realizzato in Europa. Come avevamo accennato qui si è trattato di un tentativo nato con l’obiettivo di fare dell'Unione un polo mondiale dell'innovazione nel settore, dove l'AI è utile e fondamentale per i cittadini comunitari. Ma alla questione dell’intelligenza artificiale e ai riconoscimenti biometrici, si possono affiancare molte altre sfide giuridiche legate ai temi del diritto d’autore e tutela della proprietà intellettuale. Un panorama molto complesso di argomenti che sono sottoposti a un costante divenire per via delle piattaforme digitali, su cui idee, contenuti e immagini circolano in modo istantaneo. Per capirne di più, abbiamo chiesto all’Avvocato Europeo Zulay Manganaro Menotti di mettere a fuoco questa materia nell’intervista che segue.

Avvocato Menotti, parliamo di diritto d'autore e pubblicazione di immagini o foto, ad esempio tratta da canali social, a corredo di articoli e post aziendali. Che tipo di vincoli e a quale genere di rischi ci esponiamo nella loro diffusione?

Partiamo da una precisazione che corrisponde a una lacuna. A livello europeo non esiste ancora una normativa distinta che tuteli il diritto all’immagine. Chi si occupa di proprietà intellettuale, nell’ambito del sistema giuridico, deve lavorare con gli strumenti a disposizione fatti di direttive europee e legislazioni nazionali sul diritto d’autore. La nostra legge federale sul diritto d’autore e sui diritti di protezione affini è entrata in vigore il primo luglio 1993. Pur disponendo di una base quale la legge sul diritto d’autore, dunque, occorre giungere alla consapevolezza che il diritto all’immagine è ormai di importanza tale da essere sì questione di proprietà intellettuale ma soprattutto attinente alla sfera dei diritti umani e bisognoso di una normativa specificamente dedicata.

In occasione della sentenza del maggio 2014, caso de La Flor Cabrera contro Spagna, la Corte Europea dei diritti dell’uomo così si è espressa sul diritto in parola: “L’immagine di una persona costituisce uno degli attributi fondamentali della sua personalità poiché rivela le caratteristiche uniche della persona e distingue la stessa dai suoi pari. Il diritto alla tutela della propria immagine è così una delle componenti essenziali alla base dello sviluppo personale. Principalmente presuppone il diritto dell’individuo di controllare l’utilizzo di quell’immagine, incluso il diritto di opporsi alla sua pubblicazione.” (von Hannover v Germania (n. 2), Grand Chamber, 7 Febbraio 2012, Sezione 96.) Tuttavia, esistono delle limitazioni mirate a stabilire un equilibrio tra diritti personali e diritti e libertà della comunità – in particolare, la libertà di espressione ai sensi dell’Articolo 10 della Convenzione Europea sui Diritti Umani. Infatti, la convenzione sottolinea che: “La libertà di espressione comprende la pubblicazione di immagini…” Ciononostante, si tratta di una sfera nell’ambito della quale la tutela dei diritti e della reputazione altrui assume grande importanza poiché le immagini potrebbero rivelare informazioni molto personali, se non addirittura intime, in merito a un soggetto o alla sua famiglia.”

Torno perciò alla sua domanda. Con estrema facilità possiamo utilizzare la funzione “Condividi” messa a disposizione dai vari portali. Frequentemente possiamo provare interesse per un’immagine contenuta – ad esempio – in un post altrui e questa condivisione ci permette di riportare la stessa immagine anche sui nostri “diari”. Quel post è destinato così a essere visibile anche sulle pagine personali dei nostri profili social e a sua volta visualizzato, commentato e nuovamente condiviso.

Il problema sorge laddove non si distingue tra condivisione e uso o copia illeciti dell’altrui immagine. Mi spiego meglio. Se un social network ci permette di salvare sul nostro computer un’immagine pubblicata da terzi, scaricandola, l’automatismo di certi comportamenti, a volte ci fa scordare che diffondere contenuti altrui può avere conseguenze sul piano civile e penale. Insomma, la domanda costante che dobbiamo porre a noi stessi è se si possano utilizzare le foto già pubblicate da altri soggetti. Ora, la funzione di condivisione ci permette di risalire alla fonte originaria del post e rispettivamente all’autore dello scatto e questo perché sul proprio diario, oltre alla foto, vi è indicazione anche del profilo dal quale è scaturita la condivisione.

Se si copia e incolla sul proprio diario o anche se si salvi la foto sul proprio pc un’immagine realizzata da terzi e la si usa (a prescindere dal fine) o la si diffonde come se fosse propria si corre il rischio di incappare in un comportamento sanzionabile. Tutto ciò si evita chiedendo e ottenendo il “Consenso all’uso dell’immagine” da parte del suo autore. Il principio di base è il seguente: l’uso di una immagine sui social network in generale, fa sì che l’immagine sia accessibile a chiunque ma questo non significa cessione integrale dei diritti d’autore agli stessi social network.

Vi è un filone giurisprudenziale che segue proprio questo orientamento e sostiene che i contenuti multimediali pubblicati sui profili personali restano di proprietà dell’utente che li ha postati. Ne consegue che non è considerato lecito divulgare immagini prese da profili altrui senza il necessario consenso.

Passando invece alla nuova ondata normativa UE che si sta dedicando alle questioni legate all'Intelligenza Artificiale come si sta adeguando la Svizzera? Cosa cambierà per imprese e realtà del nostro Paese?

L’intelligenza artificiale svolge e svolgerà un ruolo fondamentale nella trasformazione digitale della nostra società e avrà un forte impatto come pure determinerà delle conseguenze che potranno essere sia positive sia negative. In generale, in tutta Europa, si parte da alcune parole chiave: prosperità e crescita economica. Fattori di progresso fortemente collegati all’uso dei dati e delle tecnologie della connessione. La Commissione AIDA (commissione speciale sull’intelligenza artificiale nell’era digitale) ha presentato la proposta di regolamento intitolato “Il regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che stabilisce norme armonizzate in materia di intelligenza artificiale e che modifica alcuni atti legislativi dell'Unione" che, all’atto pratico, ha il pregio di istituire un quadro di riferimento diretto a disciplinare il mercato dell’Unione Europea dell’AI. L’intenzione è quella di generare un mercato europeo dell’AI indicando chiaramente quale scopo il miglioramento del funzionamento del mercato interno passando per un disegno giuridico omogeneo. Ciò, in particolare, per quanto riguarda sviluppo, commercializzazione e usi dell’AI nel pieno rispetto dei valori dell’UE.

In questo contesto, la Svizzera riveste da tempo un ruolo centrale e determinante. È già sede di potenze tecnologiche che gestiscono le loro attività e sono improntate alla ricerca. Lo stesso vale per i nostri rinomati atenei e istituti. Diciamo che la mole di studio, il volume di analisi e ricerca devono concretarsi in un continuo dialogo con il tessuto industriale ed economico in generale del nostro Paese per assecondare questo percorso innovativo, recepire i benefici della tecnologia e ottimizzare quegli effetti positivi cui poco fa abbiamo fatto cenno. I gruppi di lavoro deputati valutano i favori che derivano dall’impiego dell’AI sia nei confronti dei privati sia verso le imprese. Basti pensare all’offerta di spazi e percorsi di vendita più fluenti, una più efficace manutenzione dei macchinari, un aumento della produzione e un miglioramento della qualità; citiamo ancora le nuove generazioni di servizi e prodotti in settori come l’agricoltura, la moda e il turismo, la sanità e l’economia circolare. Quest’ultima, in particolare, è orientata ai temi ecologici, della sostenibilità e del contrasto della pressione sempre più forte a cui sono sottoposti la produzione e il consumo di risorse mondiali e ambientali. Diciamo che si vuole transitare da un modello “produzione-consumo-smaltimento” verso un sistema economico attento a riutilizzare, aggiustare, riciclare, dare nuova vita a materiali e prodotti già esistenti. Quindi, ottenere e ottimizzare le risorse. Notoriamente, la Svizzera è molto sensibile a questi temi. Immagino quindi che possa accogliere già solo per questo la sfida di uno sviluppo che fondi in sé estrema innovazione e valori a cui siamo tutti profondamente legati per il benessere del nostro pianeta.

In particolare, sui sistemi di riconoscimento biometrico ci possono essere delle evoluzioni e criticità così da porre un freno a utilizzi molto disinvolti. Come possiamo difenderci o tutelarci in questa spinosa materia a suo modo di vedere?

In base alla Sua domanda dobbiamo figurarci uno scenario criminale. La materia è complessa e strettamente legata a temi con cui abbiamo familiarizzato negli ultimi anni grazie alla nuova normativa sulla protezione del dato personale. Dobbiamo partire dal presupposto che – anche in questo caso – ci confrontiamo con una tecnica computerizzata volta a consentire il riconoscimento dell’individuo tramite il rilevamento di determinate caratteristiche biologiche, acquisite da sensori e poi messe a confronti con dati già contenuti in un database. Tra l’altro parliamo di una tecnica che affonda le proprie radici nel lontano 1870 e in un carcere parigino per poter schedare e identificare i detenuti. Oggi le tecnologie biometriche sono fortemente avanzate e integrate in vari dispositivi abilitati ai rilievi qui in parola. Se il controllo si è potenziato dal tragico settembre del 2001, non si può prescindere dai limiti e dalle garanzie derivanti da autorizzazioni specifiche per chi ha accesso a questo tipo di dati. Alla conservazione dei dati e all’utilizzo dei dati stessi. Se l’uso di dati biometrici è prescritto da un’autorità per i consueti usi amministrativi, evidentemente il privato non deve nutrire timori. Il furto di dati e un uso illecito degli stessi, tuttavia, lo sappiamo bene, sono più frequenti di quanto possiamo immaginare. Ancora una volta, dunque, occorre fare affidamento al potenziamento e all’interazione delle tecnologie connesse alla materia: biometric template protection, biometric cryptosistem e biometria cancellabile per citarne alcune.

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Questo articolo è stato realizzato da ated - Associazione Ticinese Evoluzione Digitale, non fa parte del contenuto redazionale.
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