I costi dell’AI: non solo soldi, anche impatto ambientale

Un risparmio? Non solo
Un risparmio? Non solo
L'uso dell'intelligenza artificiale può semplificare alcuni processi lavorativi particolarmente ripetitivi, portando a risparmiare tempo e limitare errori dati dal compiere sempre la medesima azione, oppure intervenire in altri pericolosi, riducendo il rischio infortuni. Consente di prevedere tendenze di mercato, indirizzando la produzione e diminuendo i prodotti non vendibili, così come di rendersi conto di errori, permettendo di correggere o eliminare sin da subito i pezzi difettosi. In ultima analisi, se utilizzata con criterio, pare poter far risparmiare. Al tempo stesso, in particolare per chi porta ancora l’equazione AI corrisponde solamente a chatbot come ChatGPT o Gemini, mentre invece c’è molto altro, è anche gratuita o semmai implementabile, nei pacchetti a pagamento, con pochi costi. In realtà, si tratta di una visione un po’ semplicistica, che non considera quanto realmente costa lo sviluppo delle nuove tecnologie digitali, tra cui l’intelligenza artificiale, e nemmeno il suo impatto ambientale, tema molto caro ai più, soprattutto in un’epoca dove si parla insistentemente delle conseguenze delle azioni dell’uomo sull’ambiente.
Le basi: senza infrastrutture, non c’è AI
Quali sono, dunque, i costi dell’AI? In primis quelli più evidenti per tutti sono quelli legati al suo funzionamento: per poterla usare, servono una connessione Internet, che viaggia e si basa su infrastrutture digitali date da hardware, software, cavi, router e switch, ripetitori, antenne, satelliti, server e data center, e sfrutta modem, router e dispositivi come smartphone, tablet, pc. Solitamente sono già presenti dalla precedente digitalizzazione, passaggio fondamentale per consentire l’implementazione di altre tecnologie e si tende a non vederle, visto che sono già presenti in casa e aziende.
L’impatto ambientale dei modelli deep learning
Il costo del funzionamento dell’intelligenza artificiale è però un argomento ben più ampio. Si tratta di sistemi tutt’ora in via di sviluppo, che conosceranno probabilmente importanti novità nei prossimi anni e che sono oggetto di ricerca e investimento per moltissime aziende. Un modello di AI per poter dare i suoi frutti deve essere addestrato continuamente con dati, il che comporta un consumo di energia. Non si tratta di numeri irrisori, anzi: è stato stimato che i modelli più grandi, come ad esempio il celebre GPT-4, richieda centinaia di migliaia di chilowatt. Uno studio del 2019 parlava di una produzione da parte di un modello di deep learning avanzato di circa 500 tonnellate di anidride carbonica, l’equivalente di fatto a cinquecento voli andata e ritorno tra New York e San Francisco.
Il consumo non si limita però alla fase di addestramento. Il lavoro quotidiano come rispondere alle query degli utenti richiede energia, che si traduce in CO2 prodotta. Più persone utilizzano i modelli, più le cifre saliranno.
Non si può dunque pensare che non ci sia un importante impatto sull’ambiente: il consumo di energia è alto e di conseguenza lo è la produzione di emissioni, proprio quando vi sono strategie mondiali volte a diminuirle o addirittura azzerarle. I data center usati devono essere raffreddati, il che richiede acqua e nuova energia, oltre a rischiare di contribuire all’innalzamento globale delle temperature.
I costi di implementazione, manutenzione e formazione
Se per quanto riguarda dei privati il costo delle infrastrutture digitali per poter accedere a chatbot o a programmi di AI sono contenuti, lo stesso non vale per le aziende. Esse nella maggior parte dei casi utilizzano modelli pre-addestrati, dunque che non devono essere “formati” e realizzati ad hoc, ma in ogni caso devono calcolare il consumo computazionale, ad esempio in cloud, GPU, API e l’integrazione e gli sviluppi dei software necessari per poter implementare realmente i modelli di AI nel processo aziendale. In seguito le infrastrutture, le licenze, i cloud vanno mantenuti, manutenzionati e se possibile migliorati e ampliati negli anni. Quindi, oltre al costo iniziale, va considerato anche quello ricorrente annuale, per tutto il periodo di utilizzo. Ovviamente, quando una realtà aziendale implementa nuove tecnologie, deve formare i propri dipendenti al suo uso consapevole. Non vanno quindi trascurati i costi legati alla formazione. Sviluppare l’AI non comporta spese solamente dirette e a livello energetico. Per portare a modelli efficienti, rapidi, che sappiano fare davvero la differenza, servono componenti di alto livello. Produrli comporta l’estrazione di metalli rari, spesso al centro delle discussioni geo-politiche che caratterizzano la scena mondiale, con conseguente richiesta di tecnologie, che non solo richiedono grosse somme ma anche un impatto ambientale non indifferente. Oltre al consumo di energia, hardware e materiali usati per l’intelligenza artificiale producono rifiuti elettronici, che in qualche modo devono essere smaltiti.
Quanto hanno speso le Big Tech per l’intelligenza artificiale
E come si traduce tutto ciò in termini di impatto ambientale? Secondo alcuni dati, l’AI contribuisce a una quota sempre maggiore delle emissioni legate al mondo dell’informatica, che sono già importanti. Addirittura, si stima che nei prossimi anni, se il consumo rimarrà invariato, si arriverà a destinare all’intelligenza artificiale, intesa come sviluppo e come utilizzo, il 4-5% dei consumi mondiali. Ma probabilmente, anziché restare costante, crescerà… I carichi di lavoro legati all’AI sono più energivori rispetto a quelli tradizionali: se una ricerca su Google richiede, secondo TechtTarget, 0,3 watt/ora, una richiesta a ChatGPT invece consuma 2,9 watt/ora. Delle proiezioni parlano di un consumo di data center per il 2030, l’anno in cui in teoria si dovrebbe arrivare a emissioni zero, prevista in 945 terawatt/ora. Già oggi i centri data rappresentano tra il 2,5% e il 3,7% delle emissioni globali, secondo ricerche accademiche e dati dell’Agenzia Internazionale dell’Energia (IEA).
Un mero costo? No, è un investimento con un ROI alto, ma…
In conclusione, l’intelligenza artificiale è senza dubbio un investimento e non un costo fine a sé stesso. Porta dei sicuri ritorni in tempi relativamente brevi, in termini di aumento della produttività media e di riduzione di altre tipologie di costi operativi, pur calcolando quanto va investito annualmente in manutenzione, sviluppo e formazione. Ma non si può ignorare che comporterà una serie di investimenti importanti negli anni e che avrà un forte impatto ambientale: esso può essere mitigato grazie a modelli ottimizzati, con l’addestramento di reti più piccole (che non è però la direzione scelta dalle grandi aziende della Big Tech…), con tecniche di velocità di compressione (che richiedono investimenti…), con l’utilizzo di data center a basse emissioni, con l’uso di energie rinnovabili per la loro alimentazione. Va valutato se al momento rientra nelle priorità di chi vuole investire per avere un ruolo preminente nel mondo dell’intelligenza artificiale.
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