Buon compleanno ChatGPT. Che ruolo ha nello sviluppo e nella percezione dell’AI?

Tre anni, ma a molti sembrano di più…
Tre anni, ma a molti sembrano di più…
Per la maggior parte delle persone ora è normale e quotidiano controllare un’informazione o farsi aiutare nella produzione di un testo da ChatGPT (o da chatbot che usano principi simili), tanto che un tempo in cui i chatbot in generale, quanto meno come li conosciamo oggi, non esistevano. Invece a fine novembre è stato il compleanno del sistema di conversazione generativa di OpenAi, che ha compiuto tre anni. In trentasei mesi ha avuto un impatto sul modo di lavorare di molte persone, portando ad aspettative di chi desidera usarlo ogni giorno nella sua professione e non solo per semplificarla e automatizzare alcune funzioni e a timori di chi pensa che potrebbe prendere il posto di varie professioni. In meno di un quinquennio è entrato nell’istruzione, nella creazione di contenuti e ha modificato e reso vicino il modo in cui quasi tutti parlano di intelligenza artificiale.
ChatGPT non è l’intelligenza artificiale: attenzione alle semplificazioni
Se ChatGPT è nato nel 2022, però, la storia dell’AI è iniziata ben prima ed è decisamente più articolata e complessa di quella del chatbot. Chi non conosce le tecnologie potrebbe essere portato a dire che usa l’intelligenza artificiale, riducendo un intero mondo di scoperte e complessità all’uso di una singola, seppur rivoluzionaria e con enormi potenzialità, applicazioni. Infatti, a fine novembre è stato il compleanno del sistema di OpenAI, non certo dell’intera intelligenza artificiale, che esiste da tempo: le prime applicazioni, seppur rudimentali rispetto a quelle odierne, a dire il vero, risalgono agli anni ’60, quando erano usate per programmi di logica e vari giochi di carattere primitivo. Tra le prime forme si ricordano i sistemi logici, alla base dell’AI simbolica, che ragionava secondo il principio “se… allora”, con limiti però nel trattare problematiche complesse. Sono state poi affiancate e poi sostituite da approcci statistici, tra cui le reti neurali, che sono alla base del sistema attuale basato sull’apprendimento di schemi e di pattern da riprodurre, con probabilità statistica, nella generazione di contenuti. I primi ostacoli allo sviluppo delle reti neurali sono state le limitate capacità computazionali, man mano superati, permettendo l’utilizzo del machine learning in applicazioni come i motori di ricerca, i traduttori automatici o i riconoscimenti vocali.
Coi chatbot l’AI diventa per (quasi) tutti
L’intelligenza artificiale è così diventata sempre più pratica e usata per uso quotidiano: la ricerca tramite un portale, una traduzione online, capacità di ascoltare e mettere in pratica comandi vocali, per poi arrivare al riconoscimento facciale, come quello usato dai social (i “tag” automatici di Facebook, per intendersi), o alla guida autonoma. Perché, allora, ChatGPT rappresenta per molti il vero inizio dell’AI? La sua vera novità è la capacità di comprendere e generare del linguaggio (anche se non è il primo chatbot della storia), dando vita a delle conversazioni che hanno la caratteristica di essere assimilabili, pur con alcuni limiti, a quelle reali. Se i motori di ricerca, all’immissione di query, aiutavano a trovare dei contenuti dove trovare le risposte che si cercava, senza però generare una o più frasi che rispondessero in modo diretto, al chatbot si può “chiedere” qualsiasi, cosa, ricevendo una risposta specifica e generata sul momento.
L’importanza di formarsi per sfruttare davvero le potenzialità di ChatGPT e chatbot
ChatGPT deriva dal modello GPT, acronimo di Generative Pretrained Transformer, realizzato da OpenAI, che assieme ad altri sistemi ha avuto il ruolo di rivoluzionare il modo in cui delle macchine sono in grado di comprendere e generare del linguaggio, rendendo l’AI del tutto interattiva e, almeno apparentemente, alla portata di tutti. Infatti può risultare semplice inserire un quesito, che sia una ricerca di informazioni generica oppure l’ordine di generare dei contenuti di varia natura, ottenendo un risultato in pochi secondi: soprattutto col passare del tempo e con le evoluzioni, ora che si è al terzo compleanno del sistema, la qualità dei risultati dipende dalla capacità di inserire dei prompt sempre più specifici, ad esempio che vadano a filtrare opportunamente le risposte o diano dritte su tone of voice e target quando si lavora sul target. Conoscere quindi il metodo di apprendimento e di lavoro del sistema è l’unica via per poter fare la differenza, creando un prodotto di qualità.
Pensa come un umano, ma non lo è
Il compleanno di ChatGPT è stato anche un momento di bilancio: nei tre anni passati sicuramente il chatbot è cresciuto molto, in primis divenendo più realistico e efficace, sempre più simile a un essere umano per come risponde. Ma, anche se si è lavorato per permettergli di provare a dare una parvenza di comprensione delle emozioni, non lo è! Infatti, non può comprendere e vivere realmente a livello emotivo, essendo una macchina, ma proiettano probabilisticamente la forma della comprensione. Adatta le sue risposte al tono ed anche allo stile di chi inserisce i prompt, ma rimane pur sempre una applicazione tecnologica, non una persona. Qui nascono alcune problematiche legate ad utilizzi personali, come sottoporre problemi sentimentali, emotivi, psicologici. Per contro, man mano sono state sviluppate nuove potenzialità: ora genera in pochissimi secondi immagini e grafici, analizza foto e documenti di qualsiasi tipo, crea documenti con vari formati. Più le richieste degli utenti divenivano sofisticate, più lo diventavano anche le applicazioni. Rispetto al 2022, il chatbot dà risposte meno robotizzate, ha diminuito quelle errate e ha aumentato rapidità, accuratezza e coerenza delle risposte, imparando a memorizzare contenuti lunghi. OpenAI è stato precursore, poi sono nati Google Gemini, Microsoft Pilot, Claude, Meta AI, prova che ciascuna aziende Big Tech sta partecipando alla corsa all’AI. ChatGPT sicuramente nell’opinione generale è “il” chatbot, il tipo di intelligenza artificiale conversazionale per eccellenza.
In quanti lo usano?
Ad oggi, dopo il suo terzo compleanno, non ci sono dati precisi su quale sia la sua diffusione. Secondo alcuni dati, è usato, almeno occasionalmente, da circa il 10% della popolazione mondiale. Secondo alcune stime del 2025 raggiunge circa 800 milioni di utenti attivi su base settimanale mentre altre analisi indicano circa 400 milioni di utenti attivi al mese. La debolezza dei dati è però quella di non sapere se si tratta di utenti unici o se le persone si collegano più volte. Sono comunque numeri da capogiro. Gli altri chatbot conversazionali sono ben lontani, seppur investiti da una crescita generale, e vari sistemi sono sempre più integrati, con formule personalizzate, in tecnologie di settori specifici.
Un compleanno per OpenAI, un’opportunità per chi vuole formarsi
Una crescita tecnologica così rapida non può che portare delle opportunità, che per essere colte però presuppongono una buona formazione. Stanno emergendo professioni che ben presto saranno sempre più richieste, perché portano l’intelligenza artificiale nel mondo del lavoro, come quelle di Cyber Security Specialist, Digital Collaboration Specialist e Business AI Specialist. Formarsi ora, con i corsi offerti da Ated, può fare la differenza!
Prossimi appuntamenti Ated:
13 dicembre: CoderDojo 2024/2025
18 dicembre: ated Christmas Dinner
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