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CANTONESempre più hikikomori in Ticino: «Alcuni hanno 11 anni, e non è colpa di internet»

05.01.24 - 06:30
Cresce nel cantone il fenomeno dei giovanissimi ritirati sociali. La psichiatra: «A scuola, gli adulti possono cogliere i segnali di crisi».
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Sempre più hikikomori in Ticino: «Alcuni hanno 11 anni, e non è colpa di internet»
Cresce nel cantone il fenomeno dei giovanissimi ritirati sociali. La psichiatra: «A scuola, gli adulti possono cogliere i segnali di crisi».

BELLINZONA - Hanno fra i 14 e i 25 anni, sono intelligenti, spesso bravi a scuola, ma introversi. E, di fronte ai cambiamenti tipici dell’età adolescenziale e alle prime delusioni, iniziano piano piano a trascorrere le giornate all’interno della propria camera, in totale isolamento, senza uscire. Sono i giovani “hikikomori”, i cosiddetti ritirati sociali.

La sindrome è sempre più diffusa e sta prendendo piede anche in Svizzera e in Ticino. Ne parliamo con la dottoressa Alexandra Liava, capoclinica del Servizio medico psicologico di Bellinzona (Organizzazione sociopsichiatrica Cantonale), psichiatra dell’Infanzia e dell’adolescenza.

Iniziamo dalle parole: cosa vuol dire il termine hikikomori?

Hikikomori significa stare in disparte, isolarsi. Deriva dai verbi hiku, tirare indietro, e komoru, ritirarsi. Di solito è tradotto con: ritiro sociale. Si tratta di una condizione di difficoltà dell’individuo ad adattarsi alla società, non di una malattia (che può tuttavia insorgere successivamente proprio a causa dell’isolamento).

Si ha riscontro di casi in Ticino?

È un fenomeno sicuramente in incremento, ma è difficile definirlo numericamente. Nelle nostre schede statistiche presso il Servizio vengono inserite le diagnosi e alla base di un ritiro sociale possiamo avere dei quadri diagnostici diversi, quindi diventa difficile poi raggrupparli come ritiro sociale.

Chi è più a rischio?

La stragrande maggioranza sembra avere un'età compresa tra i 14 e i 25 anni, con un picco intorno ai 17 anni. Sempre più frequentemente, però, s’incontrano preadolescenti che si avventurano lungo la strada del ritiro già verso gli 11 o i 12 anni. I giovani che entrano in hikikomori sono quelli affaticati dalla sensazione di disadattamento rispetto alla società di appartenenza e dalla percezione di non sentirsi come gli altri, di non avere motivazioni e di non volerle neppure ricercare; così, emerge il desiderio di distacco e di isolamento temporaneo.

È possibile tracciare una sorta di “identikit”di un hikikomori?

Prevalentemente, si tratta di ragazzi con un passato scolastico brillante, intelligenti, tendenzialmente introversi, che nell’impatto con i cambiamenti corporei e con i compiti evolutivi adolescenziali perdono i punti di riferimento. Questi ragazzi si percepiscono come distanti dai loro coetanei, i quali appaiono ai loro occhi meglio equipaggiati e vincenti.
Spesso, c’è una percezione di inadeguatezza rispetto alle alte richieste scolastiche e alle aspettative dei genitori. La relazione con i genitori è caratterizzata da una forte idealizzazione narcisistica; i genitori spesso collocano le proprie aspettative ideali dentro il figlio e nello stesso tempo cercano di evitargli ogni possibile esposizione alle frustrazioni della crescita. Quindi il giovane interiorizza, da un lato, un ideale molto ambizioso e, dall’altro, l’incapacità di contemplare e affrontare la delusione, la sconfitta, il fallimento momentaneo e la vergogna.

Come si manifesta l’isolamento?

Il giovane abbandona la scuola o il lavoro e, successivamente, tende a sottrarsi gradualmente dalle relazioni sociali, trascorrendo la quotidianità all’interno della propria camera, in totale isolamento. Al riparo delle mura domestiche di solito resta sveglio di notte e dorme di giorno, utilizzando, a volte, Internet come unico canale di contatto con il mondo.

Il fallimento porterebbe, quindi, i futuri autoreclusi a percepirsi come inadatti?

Rispetto, per esempio, ai compiti scolastici credono di essere inefficaci di fronte alle difficoltà. Ciò conduce a un progressivo stato di demotivazione e rinuncia che favorisce, inizialmente, l’abbandono scolastico e, successivamente, l’isolamento.

Spesso, fra le cause, viene additato l’utilizzo eccessivo di internet o dei social network: è così?

In realtà, la percentuale degli hikikomori che utilizza il web è del 30%. Non si tratta, quindi, di una presunta dipendenza dalla rete ma della fatica a tollerare i dolorosi vissuti legati a quanto accade quotidianamente. Anzi, l’uso di internet favorisce la comunicazione con il mondo esterno che il ritiro ha interrotto e consente di anestetizzare l’angoscia e la solitudine, mantenendo in vita la prospettiva di un possibile futuro, in questo momento non realizzabile, ma almeno in parte pensabile.

Quali sono i campanelli d’allarme?

La fobia scolare, spesso seguita dall’ abbandono scolastico. La scuola è, di solito, il primo ambito in cui i futuri ritirati sociali mostrano la propria fragilità e in cui gli adulti possono intercettare i segnali della crisi.

Esistono programmi specifici cantonali che si occupano del tema?

Il primo progetto ticinese è "Hikikomori (PH 2020)", attivo dal 2020, presso la comunità socio-terapeutica Arco a Riva San Vitale. È destinato a risolvere i problemi dei giovani in autoreclusione con prolungate assenze scolastiche (3 mesi e più), assenza dal lavoro, isolamento sociale, evitamento delle sfide evolutive.

Cosa può fare la scuola?

Un elemento importante di prevenzione è l’identificazione all'interno delle aule delle fragilità e la messa in atto dei supporti adeguati il prima possibile. Quindi, la collaborazione con il Servizio medico psicologico (SMP), oltre a essere importante quando un ragazzo presenta già una sintomatologia, risulta importante anche prima, quando un alunno inizia ad avere comportamenti tendenti al ritiro oppure quando gli insegnanti si rendono conto di un allievo che rimane isolato, preso in giro.

E la famiglia?

Se si rende conto delle fragilità, possono essere loro a rivolgersi all’ SMP. Intervenire precocemente risulta fondamentale, quando ci sono già i primi segnali di disagio.

I ragazzi riescono a uscirne?

Come detto, intervenire precocemente risulta fondamentale, quando ci sono già i primi segnali di ritiro, dove si possono affrontare subito queste tematiche e dove si possa in qualche modo far sì che la situazione non precipiti.
La “presa in carico” presso il SMP di un hikikomori non può che essere multidisciplinare. Sono coinvolti il pedopsichiatra e lo psicoterapeuta, l’educatore e l’assistente sociale e sono previste visite domiciliari dell’educatore, sostegno psicologico ed educativo alla famiglia, psicoterapia individuale, consulenza pedopsichiatrica e collaborazione con le scuole

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COMMENTI
 

Enneetti 3 mesi fa su tio
Buongiorno, sono italiana e ho trovato questo articolo per caso, la quantità di commenti mi ha convinta ad intervenire perché direttamente coinvolta. "Non ha voglia di lavorare, non si rende conto che i problemi veri sono quelli di chi ha fame o subisce la guerra", sono motivazioni ingiuste nei confronti di chi si è perso nell'anima. Ho, abbiamo, cresciuto dei figli credendo che educazione,gentilezza e senso del dovere fossero indispensabili per renderli adulti consapevoli e membri attivi della società. Da piccoli hanno giocato nei campi con gli amici fino allo sfinimento, come si faceva una volta. Televisore, computer, xbox solo in soggiorno da utilizzare con un limite di tempo. In casa e fuori collaborano senza brontolare, non rispondono male perché restituiscono ciò che ricevono. Sanno far valere le proprie ragioni senza adeguarsi per forza al pensiero di noi genitori, a volte è seccante, o a quello degli amici. Non prevaricano ma non arretrano. Normali ragazzi ai quali abbiamo spiegato che vorremmo vederli sereni scegliendo un lavoro che amano senza pensare solo al ritorno economico, nella vita serve imparare ad apprezzare le piccole cose. Io faccio volontariato nel sociale e condivendone l'esperienza. Ho un figlio recluso sociale. Perché mio figlio si è ritirato? Non lo so del tutto. So di avere sbagliato qualcosa o tutto ma parlando con lui, e credetemi i confronti sono estenuanti, non mi vengono mossi rimproveri, ma si sente inadeguato. Si è chiuso in stanza per mesi, decidere di non portargli il cibo fin fuori la porta ma obbligarlo ad uscire per mangiare è stata una decisione terribile. Abbiamo avuto bisogno degli psicologi per non impazzire e dare a tutti noi il tempo di gestire momenti di indicibile dolore. Perché questi ragazzi stanno male, hanno l'anima a pezzi. Letteralmente distrutta. Se fossero insensibili farebbero cavolate in giro con gli amici, vivrebbero di futilità. Ma hanno sentimenti e pensieri che non collimano con la massa. Devono ricostruirsi cercando di essere più forti senza perdere ciò che sono. Quando leggo i commenti di chi chiede più fermezza so che è legittimo ma come si ricostruisce un giovane adulto spezzato?

Aeriolo 3 mesi fa su tio
Risposta a Enneetti
Titolo fuorviante perché non sarà solo internet ma...ma gigante!

Paolin’ 3 mesi fa su tio
Risposta a Enneetti
Trovo molto toccante la tua testimonianza. E trovo le tue riflessioni molto legittime, dopo tutto quello che si è letto nei commenti sottostanti. Personalmente, resto sempre dell’idea che educazione e società percorrono strade - purtroppo - sempre più distanziate. Ma non perché o genitori non sanno più trasmettere i valori in cui credono (o quelli imposti dal buon senso). Piuttosto, perché i valori imposti dalla società (legati in gran parte a quei dannati preconcetti della nostra economia, che impongono sacrifici sempre più importanti, a beneficio dell’economia stessa) non sono in linea con nessun valore a matrice umanista. Il senso del dovere? Vai a spiegarlo a un giovane (come me) che a 34 anni, nonostante un salario quasi decente, non riuscirà a costruire casa, mantenere una famiglia (o addirittura a dedicarle tempo).

X 3 mesi fa su tio
sorry Jeyschweiz! volevo solo scrivere la mia ma senza rispondere a qualcuno!

Jeyschweiz 3 mesi fa su tio
Non credo che il fenomeno sia cosa nuova. Certo, negli ultimi anni le pressioni sociali sono aumentate, ma è così per tutti quanti. Alcuni giovani hanno sicuramente problemi e andrebbero sostenuti e aiutati, facendogli capire che a volte i fallimenti fanno parte del gioco, ma questo arduo compito dovrebbe venir preso a carico dalla famiglia/genitori. Purtroppo troppo spesso i genitori se ne fregano, gli adulti hanno i loro grossi problemi a volte e non riescono a gestire le problematiche dei figli (o semplicemente è più facile fare orecchie da mercante, piuttosto che impiegare tempo ed energia). La società è responsabile fino ad un certo punto, da sempre l'adolescenza è un periodo difficile.

X 3 mesi fa su tio
Risposta a Jeyschweiz
I commenti che ho letto parlano di tutto un po' ... è certo che il disagio presente tra gli adolescenti può avere inizio molto prima. Ciò che mi lascia perplesso è come alcuni adulti, presumibilmente maturi, descrivano "lazzaroni" dei ragazzi il cui stato d'animo è di certo conseguenza dell'atteggiamento che gli adulti stessi gli hanno riservato.

X 3 mesi fa su tio
Risposta a Jeyschweiz
... e per confrontare la nostra situazione con altri paesi bisognerebbe considerare quanto sono più "avanti o indietro" di noi. Giappone? Scandinavia? Loro ci sarebbero già passati cercando ora di applicare dei correttivi: perché non possiamo dunque evitare delle situazioni senza prima finirci dentro? PERCHÉ IN POCHI SANNO RINUNCIARE A QLC. AD ESEMPIO VENGONO REGALATI DEI TELEFONI A BAMBINI DI 1A ELEMENTARE PURCHÉ SIANO CONTENTI E NON ROMPANO I MARONI ... E DOPO 6/10 ANNI CI SORPRENDIAMO DEI RISULTATI?

carlo56 3 mesi fa su tio
cose che accadevano anche negli anni ‘70… senza internet

Net21 3 mesi fa su tio
Triste che in un articolo magari pure interessante, dove si parla di problemi di ragazzini più o meno giovanissimi, la famiglia venga citata solo nell'ultimo paragrafo!!! E se il "problema" fosse proprio lì. Altro che hikikomori... Menefreghismo

Dunda 3 mesi fa su tio
Nell’era dei social.. non si è social per niente

Geni986 3 mesi fa su tio
Interessante a proposito anche il contributo della psicoanalista Laura Pigozzi nell'ultimo numero di "Scuola Ticinese". Anche lei, nel suo interessante ed esaustivo articolo, indica tra le cause dell'isolamento quello che già qui sotto è stato chiamato come "genitori amici" o "bambini cresciuti nell'ovatta". Per me è proprio qui il nocciolo della questione oltre che nella nostra società delle prestazioni. E la scuola sua figlia che parla sempre e solo più di competenze. Frase di Umberto Galimberti: "Un competente che non ha tratti umani a che serve?". Una cosa è certa: dobbiamo parlare di più di emozioni, in famiglia e a scuola. Obiettivo finale è che nessuno si deve sentire inadeguato ma prezioso nella sua unicità.

Simo76 3 mesi fa su tio
Finalmente se ne parla anche in Ticino, il fenomeno non è certo nuovo. Tutti quelli che banalizzano l’argomento come sempre non comprendono ciò di cui parlano.

Itugarec 3 mesi fa su tio
Per tutti coloro che banalizzano la sindrome dell’hikikomori: internet, videogiochi, e simili non sono la causa e tranquilli, nemmeno il rifugio di quest’ultimi. Il problema è la sfida sociale che un individuo deve affrontare, contando che i fallimenti logorano la persona. Vedersi soffiare il partner dei sogni da quel tizio/a che lo reputavamo un poco di buono? Vedere gente che fin dal primo momento che escono dalla scuola dell’obbligo/professionale già a lavorare e guadagnare piu di te, mentre tu fatichi a trovare il tuo posto di lavoro ( tra l’altro ad oggi, diventata una vera impresa trovare lavoro )? Subire un taglio del personale e guarda caso ci finisci te di mezzo che eri superperformante ma il nullafacente la scampa perché più carismatico o solo di bell’aspetto, o nemmeno nulla di questo ma dettato da un semplice colpo di fortuna? Queste sono le cause del fenomeno Hikikomori gente. E lo spiegano anche bene. Non sapete quanto sia demotivante impiegarci un anno a trovate un posto di lavoro e doversi magari accontentare del mc donald me tre la gente ti deride chiedendoti un big mac anche quando sei a casa… La frustrazione di non essere in grado di attaccare bottone con il prossimo perché introverso, timido, oppure perché semplicemente il tuo aspetto non attira. Il licenziamento che ti porta a pensare se sei realmente capace di quel mestiere, quando la realtà è che hai subito un taglio e nella sfortuna ci sei te in mezzo, subire mobbing al lavoro ( e fidatevi, è una esperienza tremenda trovarsi tutti contro perché un subdolo ha convinto tutto lo staff a farti fuori, per quanto questo sia poi punibile )… Questo crea l’autoisolamento dell’hikikomori…. Questo….e fidatevi che internet, giochi, social… sono solo una finestra di contatto e di ristoro sicuro al pari di come lo erano il tabacco, la TV, la radio, ed il giornale a suo tempo…cambia il mezzo ma il distaccamento è identico

Kelt 3 mesi fa su tio
Risposta a Itugarec
Itugarec dici molte cose condivisibili. Mi pare però che tu tracci più generalmente il ritratto di chi soffre di depressione. Male complesso e dalle molte sfaccettature. Il fenomeno Hikikomori è un pò più specifico, non riguarda chi ha iniziato una vita adulta e/o professionale e sentimentale perché non ci arriva nemmeno. L'adolescente hikikomori si isola e non vuole saperne del mondo spesso senza averci nemmeno avuto a che fare. In casa trova tutto: cibo, affetto dei genitori, nessuna responsabilità e intrattenimento elettronico. E su questi benefici si accascia e decide di non vivere davvero ma di vivere solo virtualmente. Ecco insomma è un altro fenomeno.

MorettoGoffredo 3 mesi fa su tio
Risposta a Itugarec
Ben detto Itugarec, purtroppo questo fenomeno, insieme a molti altri, dovrebbe essere visto come uno dei sintomi di un sistema che sta lentamente procedendo al collasso. Questo modello di vita è incompatibile con il nostro essere animali, la realtà virtuale che alcuni citano come motore scatenante dell'hikikomori è de facto la nostra realtà, la società delle apparenze e del consumo smodato, l'era della cupidigia che ci ingloba in un costrutto talmente artificioso e sintetico, da farci credere che la vita sia così ed è giusto che lo sia.

Geni986 3 mesi fa su tio
Risposta a Itugarec
Grazie Itugarec, per quella che sembra essere proprio una testimonianza personale. E grazie Kelt per la perfetta e opportuna precisazione! Sta di fatto, come dice bene Moretto, che il problema di fondo è questa società troppo esigente.

Koblet69 3 mesi fa su tio
Risposta a Itugarec
Figurati se un bambino di 12 anni vede già la sfida sociale!!! A meno che sia inculcata....

Paolin’ 3 mesi fa su tio
Risposta a Itugarec
Che poi sono le stesse frustrazioni che toccano gli adulti, con conseguenze catastrofiche. Bravo, hai descritto molto bene il fenomeno.

Itugarec 3 mesi fa su tio
Risposta a Kelt
La depressione è molto più amplia e tendenzialmente, il tipico depresso spesso interazioni sociali li ha, non li teme, ma teme lo specifico trigger che lo innescano, cascando poi a cercare sollievo nella cosa che piace piu fare ( se riesce ). L’hikkikomori invece arriva al punto di avere paura di interagire con persone fisiche, accomodandosi in quel guscio che poi man mano si farà stretto mA comunque confortevole. Dai genitori non mancherà mai il cibo, acqua e corrente, ma non mancherà da parte loro la disperazione di vederti soffrire, non sapendo dove sbattere la testa e questo anche porta l’hikikomori a schivare i genitori stessi ( vedendoli delusi, o peggio quando questi per spronarti additano il tuo fallimento ). E sottile e la si confonde per depressione ( ed io per primo la definirei anche una forma di depressione ma con sintomi molto chiari ), visto che al mio occhio di chi lo ha pure vissuto… e avendo avuto modo di farci dei paragoni… il finale e quello. Lo schema e sempre simile alla fine quello del hikikomori con il finale di non voler aver piu a che fare con le persone e limitarsi nel proprio confine fisico ( appartamento, camera, casa ) e non e una questone di bambini e/o adolescenti, ma anche giovani adulti cascano su questo… ed il Giappone è proprio l’esempio lampante di questo fenomeno… dove spesso questi giovani si rinchiudono nei loro miniappartamenti mantenuti dai genitori o da enti sociali ( nel nostro caso la disoccupazione prima e poi l’assistenza dopo ).

Tracy 3 mesi fa su tio
Risposta a Itugarec
Eh già, povero mondo... difficile immaginare il futuro cosi🤷‍♀️

Dan1962 3 mesi fa su tio
Nella nostra società non c’è posto per i deboli inviateli in Africa a lavorare per la croce rossa oppure a Gaza vedere le persone che soffrono veramente che non hanno il frigo pieno e neanche l’acqua che muoiono senza medicinali ma che hanno voglia di vivere non lasciateli lì a marcire dentro la droga L’alcool li aspetta Dietro l’angolo anche lo sport aiuta la psicologa non basta

Itugarec 3 mesi fa su tio
Risposta a Dan1962
Sofri di ingiuria e poi vediamo chi è il debole nella società. Ah tranquillo… probabilmente non saresti nemmeno in grado di sopravvivere un giorno da stagista in un reparto protetto, ma figurati l’africa hahahah. E tranquillo, non serve l’africa per far riabilitare un hikikomori, ma solo meno persone come te…

MorettoGoffredo 3 mesi fa su tio
Risposta a Dan1962
"Nella nostra società non c'è posto per i deboli" Che banalissimo concetto arcaico, pure durante il terzo Reich o con l'eugenetica negli USA di facevano discorso del genere. Imbarazzante.

Paolin’ 3 mesi fa su tio
Risposta a MorettoGoffredo
MorettoGoffredo, Curioso. Stavo per fare un commento simile al tuo.

MarkM 3 mesi fa su tio
Risposta a Itugarec
Ottima risposta grande

Kelt 3 mesi fa su tio
Io non sono un esperto e prendo per buono quello che viene evidenziato nell'articolo. Non posso però notare la stridente contraddizione con quanto vedo intorno. I figli di amici che si isolano sono ragazzi ai quali è stato messo un telefono in mano fin dai 7-8 anni. Passano la notte davanti al PC e hanno forti dipendenze dai social... In Scandinavia tutta la psicologia sta mettendo l'accento sull'abuso di Social e mondi virtuali. Settimana scorsa, un bell'articolo del noto Psichiatra italiano Crepet, sosteneva che i due fattori scatenanti di questo fenomeno son proprio genitori "amici" (quindi senza più autorità) e abuso di tecnologia, virtuale, social e videogames. In Giappone, dove il fenomeno degli Hikikomori nasce, si è sempre evidenziata l'appartenenza di questi ragazzi a Community virtuali di gaming online. Se la realtà non mi va più bene ne creo una alternativa. Attenzione: é quasi la definizione scientifica di schizofrenia.

MorettoGoffredo 3 mesi fa su tio
Risposta a Kelt
Questo isolamento casalingo trova le sue radici ben prima dell'avvento di smartphone, vita virtuale e social, in Giappone casi concreti sono verificati dagli anni '80

Voilà 3 mesi fa su tio
Risposta a Kelt
Kelt, quelli che descrivi sono le cause o i sintomi?

Kelt 3 mesi fa su tio
Risposta a Voilà
X Voilà. Apparentemente (ma non lo dico io, lo sostengono psicologi e psichiatri : Crepet, Galimberti e altri. La scuola di Stoccolma arriva addirittura a sostenere che i danni cerebrali causati dagli smartphone prima dei 12 anni sono considerevoli. In Scandinavia, al contrario del Ticino, stanno infatti levando tutte le tecnologie dalle scuole elementari e medie). Poi ovviamente, in un triste avvitamento diventano anche sintomi perché sono gli unici canali che hai, come dice anche l'articolo.

Paolin’ 3 mesi fa su tio
Risposta a Kelt
Eh certo che la connessione permanente è pericolosa per lo sviluppo psicosociale. Lo è anche per gli adulti, in realtà. Però, a quanto dicono gli esperti, non è la causa di questo isolamento. Tuttalpiù un mezzo, forse.

Kelt 3 mesi fa su tio
Risposta a MorettoGoffredo
Moretto, le ricordo che l'intrattenimento elettronico esiste dagli anni '70...Soprattutto in Giappone. Quello televisivo addirittura dagli anni '50.

rosi 3 mesi fa su tio
bisogna andare oltre e comprendere che l'età dell'adolescenza porta grandi cambiamenti sia nel corpo che nella mente. Le emozioni che si provano sono forti, difficili da esprimere e tutto questo può provocare smarrimento, paura in molti giovani, non in tutti. Siamo in un mondo apparentemente aperto ma parlare di emozioni, di sentimenti é ancora per molti un tabù, anche tra adulti. Parlare di emozioni aiuta a comprendersi meglio, a capire cosa si prova ed a sdrammatizzare certi momenti difficili che possono sorgere nel periodo dell'adolescenza ma anche in molte passaggi della nostra vita. Condividere con loro questo passaggio emotivo può aiutarli, ci siamo passati tutti chi in un modo, chi un altro, con reazioni differenti gli uni dagli altri a seconda di come siamo individualmente strutturati. Le fragilità non sono da demonizzare ma da coglierle e comprenderle per farci meno paura.

Tracy 3 mesi fa su tio
La cosa è complessa e riguarda non solo i genitori ma la Società tutta. Leggendo bene l’articolo è scritto che si tratta di ragazzi intelligenti, bravi a scuola , ma introversi e spesso i genitori, cosi come anche i professori e amici collocano le proprie aspettative in loro e nello stesso tempo cercano di evitargli ogni possibile esposizione alle frustrazioni della loro crescita. Quindi il giovane interiorizza, da un lato, un ideale molto ambizioso (proiettato su di lui) e, dall’altro, l’incapacità di contemplare e affrontare la delusione, la sconfitta, il fallimento momentaneo e soprattutto LA VERGOGNA QUANDO SI PRESENTA UN FALLIMENTO e non centra niente la dipendenza della rete, solo il 30% di loro la l’utilizza per riempire il vuoto. Secondo me il nocciolo sta li, ci si aspetta troppo di loro, li si monta la testa ma quando arriva il fallimento, tipo agli studi superiori o all’università si sente inadeguato, un fallito e se ne vergogna, specialmente di fronte ai genitori e amici e perde la fiducia in se stessa perche nessuno gli ha mai detto che un fallimento o più fallimenti nel corso della vita ci sta, che non è la fine del mondo, che dal basso ci si può rialzare, non gli è mai stato insegnato come affrontare le difficoltà perché tirati su nella ovata come se forse tutto bello e facile e quando arrivano le prime difficoltà ecco il risultato. Dopo è difficile rimediare ma è possibile se il ragazzo troverà la forza e la volontà di cambiare questo dato dopo averlo compreso.

Paolin’ 3 mesi fa su tio
Risposta a Tracy
Per una volta sono d’accordo con te. E hai riassunto bene il contenuto dell’articolo.

Nolema 3 mesi fa su tio
Guardiamo i genitori di questi poveri ragazzi .... gia loro hanno grossi problemi ...

Koblet69 3 mesi fa su tio
Risposta a Nolema
Infatti spesso la cosa é collegata...

Koblet69 3 mesi fa su tio
Si si..ci sarà qualche caso serio ma qui è solo comodità dibsfrgarsene di tutto e farsi servire!! .senza cellulare computer e internet nn durerebbe molto l auto isolamento. Passano le notti a giocare al PC fumare ecc poi per forza dormono di giorno!

Teferzio 3 mesi fa su tio
Risposta a Koblet69
La vita di un normale adolescente dagli anni 90 a oggi in pratica. Fumare, giocare di notte al PC e farsi servire. Ora quegli adolescenti sono i genitori però ...

Spotless 3 mesi fa su tio
Risposta a Koblet69
Se legge bene viene indicato che solo il 30% utilizza internet, e la situazione è raccontata da una capoclinica di Bellinzona. Perché bisogna sempre vedere il marcio in tutto e incolpare i giovani di non aver voglia di fare? Perché non si accetta che ci può essere anche un grave disagio sociale, dovuto come dice la dottoressa anche dai genitori e dalle loro pretese? Facile puntare il dito e dire che è colpa del PC. Più difficile farsi un'esame di coscienza e notare che i problemi ci sono eccome.

Ro Chi 3 mesi fa su tio
Risposta a Koblet69
maaamma mia mi ero dimenticato della conta dei frustrati accumulatori di zeri: +1 con koblet69. Non è solo comodità di fregarsene di tutto e farsi servire, forse qualche caso si =) ma qui si tratta di disperazione dilagante tra persone e giovani soprattutto. Disperazioni di questo modo di vivere che si basa praticamente solo sul lavoro, il consumo e l'appariscenza. (questo modo di vivere è incitato molto sui social). Torna ad accumulare banconote vah e lascia sti porelli a giocare al pc e fumare, tanto se tu accumuli sei felice no? che problema c'è se i giovani non stanno bene?

Koblet69 3 mesi fa su tio
Risposta a Ro Chi
Uno - lavoro in modo normale e nn accumulo banconote, due - Conosco un caso reale, per quello ho commentato quindi se vuoi rosicare rosica pure

Tracy 3 mesi fa su tio
Risposta a Spotless
Esatto spotless, concordo

Lukas82 3 mesi fa su tio
Risposta a Teferzio
Le chiedo scusa, ma io ho 4 figli e lavoro da quando ho 15 anni con tutti i miei avanzamenti professionali... Dunque parli per la cerchia intorno a lei pf, che a me nessuno mi ha ma servito, e sono degli anni 90
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