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BELLINZONAIncubo in Egitto per due 16enni bellinzonesi: a processo

27.03.17 - 18:33
Minacciate perché avrebbero «offeso i costumi locali». Il padre, difeso dall'avvocato Mario Branda, dovrà rispondere di vie di fatto, minacce e violazione del dovere di assistenza
fotolia
Incubo in Egitto per due 16enni bellinzonesi: a processo
Minacciate perché avrebbero «offeso i costumi locali». Il padre, difeso dall'avvocato Mario Branda, dovrà rispondere di vie di fatto, minacce e violazione del dovere di assistenza

BELLINZONA. Prese a botte e minacciate con un machete, perché “colpevoli” di avere «offeso i costumi locali». Era finita così, in un incubo, la vacanza di due 16enni bellinzonesi in Egitto nell'estate 2015. Sotto inchiesta, come riferito da tio.ch/20minuti, era finito il padre di una delle due ragazze: il 53enne svizzero egiziano dovrà ora rispondere di vie di fatto, minacce e violazione del dovere di assistenza. La data del processo è stata fissata nei giorni scorsi dalla Pretura penale. 

Incidente culturale? - L'uomo, ricordiamo, davanti agli inquirenti aveva ammesso di avere picchiato la figlia e un'amica di lei mentre si trovavano in vacanza nel suo paese d'origine, Hurghada, sul Mar Rosso. La condotta in pubblico delle due ragazze, ha spiegato, lo aveva «messo in imbarazzo di fronte a tutto il paese». 

La testimonianza - La tesi sostenuta dalla difesa - l'uomo è patrocinato dall'avvocato Mario Branda - è quella dell'incidente "culturale". Ma per le vittime le cose stanno diversamente. «Ci siamo attenute alle regole del posto» racconta a tio.ch/20minuti una delle due ragazze (oggi 17enne). «Abbiamo fatto il possibile anche se non è stato facile: non potevamo fare il bagno con il costume a due pezzi, la sera uscivamo accompagnate dai genitori e dovevamo indossare i pantaloni lunghi nonostante il caldo estivo» racconta la giovane. 

«È stato un incubo» - La ragazza riferisce di altri episodi, a riprova delle proprie intenzioni di «adeguarsi il più possibile alle usanze del luogo». Sulla spiaggia le due 16enni indossavano «dei pantaloncini da calcio per coprire il corpo» nonostante la località fosse frequentata «quasi esclusivamente da turisti europei e occidentali a parte il padre della mia amica». Anche la musica era vietata: «Avevamo acceso una radio in spiaggia in compagnia di alcuni ragazzi, siamo state costrette a spegnerla».

Il tabù - Ma il tabù principale era il contatto con l'altro sesso. Di nascosto dalla famiglia, le due amiche avrebbero infatti fatto visita ad alcuni coetanei - maschi - vicini di casa: scoperta la cosa, il 53enne svizzero-egiziano «in preda alla rabbia» aveva picchiato violentemente entrambe le ragazze, minacciandole con un machete che teneva in casa.

La denuncia - «È stato orribile, ho passato tutta la sera e la notte chiusa in camera per la paura. Due giorni dopo sono tornata in Svizzera, ma per una settimana non sono riuscita a mangiare per il trauma» racconta la giovane, che una volta in Ticino ha sporto denuncia nei confronti del 53enne. «Ho il massimo rispetto per le culture diverse dalla nostra, ma qui si è passato il limite - commenta la giovane - parliamo di un comportamento individuale violento che non ha giustificazione di alcun tipo». L'inchiesta è stata coordinata dal Pp Zaccaria Akbas. L'udienza, come si legge nella citazione della Pretura penale del 23 marzo, è fissata per il prossimo 24 agosto. 

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