Ne è convinta una grossa fetta di ticinesi, stando al sondaggio che vi avevamo proposto proprio sul sito di Tio/20minuti. Ecco in esclusiva i risultati
LUGANO - Il Ticino non ha bisogno dei frontalieri per il suo sviluppo economico. Ne è convinta una grossa fetta di ticinesi, stando al sondaggio che vi avevamo proposto proprio sul sito di Tio/20minuti. Un sondaggio commissionato dall’Istituto di Ricerche Economiche (IRE) e Sotomo di Zurigo, e al quale hanno preso parte 2500 persone.
L’obiettivo era di capire cosa determina l’atteggiamento verso i frontalieri, e soprattutto comprendere se esiste davvero una discrepanza tra realtà e percezione in merito ad alcune caratteristiche del mercato del lavoro. Vi ricordate? Era stato proprio l’Istituto di Ricerche Economiche e il suo direttore Rico Maggi ad essere stati pesantemente criticati per uno studio sui frontalieri, e accusati di aver dati risultati falsati rispetto alla realtà dei fatti.
Ebbene la discrepanza tra quello che indicano i dati e la percezione del ticinese medio esiste Eccome. Partiamo da qualche dato. Il 64% degli utenti che ha preso parte al sondaggio, quindi una gran bella fetta di lettori, è convinto che se solo le imprese pagassero salari accettabili, si troverebbe facilmente in Ticino mano d’opera locale con le qualifiche necessarie. Il 45% è d’accordo con la tesi che i frontalieri rubano il lavoro agli indigeni. Solo un 31% ritiene i frontalieri importanti per lo sviluppo economico del cantone.
Dati che non stupiscono più di tanto gli analisti dell’IRE. «L’indagine conferma che le persone hanno una percezione della realtà notevolmente divergente rispetto ai dati statistici ufficiali» ci spiega Rico Maggi, direttore dell’IRE. Infatti, considerando che il numero di coloro che cercano un impiego o sono in assistenza non eguaglia il numero di frontalieri, il direttore dell’IRE prende atto di una discrepanza tra i dati e le opinioni personali. Inoltre, confrontando i dati ufficiali con le risposte del sondaggio, che riguardano il numero percepito di persone in assistenza, la quota di frontalieri e quella dei disoccupati di origini ticinesi, gli autori dello studio hanno notato che oltre la metà degli intervistati (53%) commette un errore di sovrastima, il 30% ha una percezione corretta, mentre il rimanente 17% sottostima la realtà.
«Questa discrepanza - spiega Rico Maggi - varia considerevolmente secondo le esperienze personali, le preferenze politiche e le fonti di informazione a cui si attinge». In sostanza - dice lo studio - coloro che hanno votato Lega dei Ticinesi o UDC «hanno una maggior probabilità di sovrastimare dei fenomeni del mercato del lavoro come quello dei frontalieri, rispetto a coloro che hanno votato PLR, PPD o PS/Verdi». Chi invece consulta più media, chi si nutre di informazioni attraverso più fonti ha minore probabilità di commettere errori di sovrastima. Inoltre chi è già stato iscritto alla disoccupazione o conosce personalmente qualcuno che è già stato iscritto alla disoccupazione ha una maggior probabilità di sovrastimare le tre misure. «Un errore abbastanza comune - conclude Rico Maggi - è quello di ritenere la propria esperienza personale come rappresentativa della società che ci circonda. Tuttavia, pur essendo l’esperienza di ciascuno di noi reale, nel momento in cui si cerca di generalizzarla all’intera società si può incappare in errori di sovrastima o di sottostima e quindi nell’avere una percezione della stessa che diverge dalla realtà». Insomma per gli esperti «è molto più probabile che la rappresentazione generale di un fenomeno data dalle statistiche ufficiali sia più vicina alla realtà di quella ricostruita dal singolo sulla base delle proprie esperienze».
La preoccupazione
«È quantomeno preoccupante notare una relazione fra appartenenza ad un partito politico o il consumo di particolari media e l’aumento della discrepanza fra percezione e realtà. Sarebbe infatti auspicabile che, soprattutto su temi specialmente rilevanti, tale divergenza fosse la minore possibile e che anzi sia i partiti che i mezzi di informazione contribuiscano in maniera positiva a sviluppare dibattiti e discussioni basate su informazioni che rispecchino con maggiore precisione la realtà piuttosto che contribuire a tale discrepanza». (Rico Maggi)