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Uber e il futuro del lavoro

Un cambiamento di paradigma
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Fonte red
Uber e il futuro del lavoro

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Un cambiamento di paradigma

L'annuncio di Uber, che introduce l'obbligo per i dipendenti di tornare in ufficio almeno tre giorni a settimana, rappresenta una svolta significativa nel dibattito sul futuro del lavoro. L'azienda, un tempo emblema della flessibilità e dello smart working come modello di successo, sembra ritrattare la propria posizione, motivando questa scelta con esigenze di produttività. Tuttavia, come emerge tra le righe, potrebbe esserci anche il desiderio di una maggiore supervisione diretta.

Questa inversione di rotta da parte di un gigante tecnologico come Uber non è un caso isolato e offre uno spunto per riflettere su un tema cruciale. Per anni, lo smart working è stato visto come un’evoluzione naturale del lavoro: un modello capace di attrarre talenti, migliorare la soddisfazione dei dipendenti e ottimizzare l'efficienza aziendale. La pandemia ha accelerato l’adozione di queste modalità, spingendo molte aziende verso il lavoro remoto. Oggi, tuttavia, il pendolo sembra oscillare nuovamente verso una maggiore presenza in ufficio, in un tentativo di trovare una sintesi tra flessibilità e controllo.

Negli ultimi mesi, sempre più aziende, pur mantenendo elementi di flessibilità, hanno iniziato a richiamare i dipendenti in sede, anche solo parzialmente. Le motivazioni sono molteplici: rafforzare i legami culturali aziendali, incentivare la collaborazione creativa e ridurre eventuali inefficienze nella comunicazione. Non è però trascurabile il fatto che alcuni di questi ritorni possano rispondere all’esigenza di riconquistare una supervisione più diretta del lavoro.

La necessità di nuove competenze e figure professionali

Oltre al dibattito sulla distribuzione del lavoro tra remoto e in ufficio, emerge un altro punto fondamentale: la capacità, da parte delle aziende, di formare i propri dipendenti nell'utilizzo degli strumenti tecnologici necessari per lavorare al meglio anche a distanza. La tecnologia oggi offre numerosi strumenti avanzati per la collaborazione da remoto e per ottimizzare la produttività, ma il loro reale valore dipende dalla competenza con cui vengono utilizzati.

È evidente che non tutte le organizzazioni dispongono delle competenze interne necessarie per sfruttare a pieno queste tecnologie o per gestire un ambiente di lavoro ibrido in modo efficace. Proprio per questo, diventa sempre più importante avere all'interno dell'azienda figure adeguatamente formate o affidarsi a professionisti esterni specializzati. Un esempio significativo di risposta a questa esigenza è la creazione delle figure dei Digital Collaboration Specialist – professionisti qualificati introdotti grazie a iniziative come quella promossa dalla Segreteria di Stato per la formazione, la ricerca e l'innovazione SEFRI per agevolare e guidare l'adozione delle tecnologie digitali nelle imprese. Queste figure svolgono un ruolo chiave nel supportare le aziende nel processo di trasformazione digitale, aiutandole a ottimizzare i processi, migliorare la comunicazione interna ed esterna e garantire che tutto il personale sia adeguatamente formato per sfruttare gli strumenti a disposizione.

Questa consapevolezza aggiunge una nuova prospettiva alla discussione sul lavoro del futuro: la tecnologia è un abilitatore fondamentale, ma senza un’adeguata preparazione rischia di essere sotto-utilizzata o, peggio, inefficace. È quindi cruciale investire nella formazione continua del personale e adottare approcci sistematici per implementare strategie digitali su misura.

Il contesto svizzero: alla ricerca dell'equilibrio

In Svizzera, caratterizzata da un’economia diversificata e un forte focus sulla qualità della vita, la transizione verso lo smart working e i modelli ibridi è avvenuta in modo graduale e ponderato. Durante la pandemia, molte aziende elvetiche hanno adottato il lavoro da remoto, ma con un approccio prudente, consapevoli dell’importanza del contatto umano e della cooperazione, specialmente in settori chiave come la finanza, la farmaceutica e l’hi-tech.

Attualmente, molte realtà svizzere stanno sperimentando modelli ibridi, cercando di bilanciare i vantaggi del lavoro in remoto con quelli della presenza fisica. La flessibilità rimane un fattore strategico per attrarre e trattenere talenti, ma si riconosce anche il valore dell’interazione personale, fondamentale per alimentare la coesione dei team e favorire lo scambio informale di conoscenze. Tale dinamica sottolinea ancora una volta l'importanza di disporre di figure esperte, come i Digital Collaboration Specialist, per integrare soluzioni digitali capaci di migliorare l'efficienza e la comunicazione, senza sacrificare il benessere dei lavoratori.

Le normative svizzere, generalmente aperte e flessibili, lasciano ampio spazio agli accordi tra aziende e dipendenti ma esistono delle leggi quadro che definiscono alcuni paletti, soprattutto in relazione a:

    • Gestione del tempo di lavoro: La legge sul lavoro (LL) stabilisce la durata massima settimanale del lavoro (45 o 50 ore a seconda del settore) e il diritto a periodi di riposo giornalieri e settimanali. Anche nel contesto dello smart working, queste disposizioni si applicano. Il datore di lavoro ha l'obbligo di garantire che il dipendente rispetti questi limiti e organizzi il proprio tempo di lavoro in modo adeguato.
    • Sicurezza informatica: Il datore di lavoro ha la responsabilità di proteggere la salute dei propri dipendenti, anche in smart working. Questo include la sicurezza informatica. Deve fornire istruzioni chiare sull'uso degli strumenti digitali, sulla protezione dei dati aziendali e sulla prevenzione di rischi informatici. I dipendenti, a loro volta, sono tenuti a seguire queste istruzioni.
    • Compenso per spese legate al lavoro da casa: In generale, i costi relativi allo spazio di lavoro (affitto, riscaldamento, ecc.) sono a carico del dipendente. Tuttavia, il datore di lavoro può prevedere un'indennità forfettaria per coprire alcune spese specifiche, come la connessione internet, l'elettricità o il materiale d'ufficio. Esistono dei limiti a questa indennità, oltre i quali l'importo è considerato parte del salario imponibile.

In conclusione, la normativa svizzera sullo smart working è flessibile, ma non completamente deregolamentata. Esiste un quadro legale che definisce i diritti e i doveri di entrambe le parti, soprattutto in relazione alla gestione del tempo, alla sicurezza e al rimborso spese. Il dibattito su questi temi è in corso, e le normative potrebbero evolvere in futuro.

Il caso ticinese: peculiarità e sfide

Nel contesto ticinese, caratterizzato da un tessuto economico dominato da piccole e medie imprese, una forte interconnessione con l’Italia e un crescente focus sull’innovazione, lo smart working ha seguito traiettorie specifiche. Durante la pandemia, molte organizzazioni locali hanno dovuto adattarsi rapidamente a modelli inediti di lavoro a distanza, trovandosi spesso di fronte a sfide complesse legate al lavoro transfrontaliero.

L'evoluzione verso modelli ibridi nel Ticino riflette il trend nazionale, ma presenta alcune peculiarità legate alla vicinanza geografica con l’Italia e alla presenza di molti frontalieri. Questo contesto solleva questioni logistiche, fiscali e legali che richiedono un’attenta pianificazione e spesso un supporto professionale per trovare soluzioni adeguate.

Nel frattempo, il cantone punta a posizionarsi come hub per la tecnologia e l'innovazione. In questa ottica, disporre di personale formato sugli strumenti digitali e offrire modalità di lavoro flessibili può rappresentare un vantaggio competitivo nel lungo termine. Tuttavia, per cogliere appieno i benefici di tali approcci, è imprescindibile investire in competenze digitali e in nuovi profili professionali che possano facilitare la transizione, aumentando l’efficacia operativa e la produttività.

La decisione di Uber di optare per un ritorno parziale in ufficio evidenzia una verità importante: il futuro del lavoro non sarà definito da un modello unico e universale. Piuttosto, emergerà come un mosaico di soluzioni ibride, plasmate dalle esigenze di ciascuna azienda, settore e contesto geografico. Questa nuova complessità richiede sia flessibilità che un investimento continuo in strumenti tecnologici e, soprattutto, nella formazione di chi li utilizza.

Le aziende dovranno affrontare questa transizione con visione, adattabilità e il giusto supporto specialistico. Solo così potranno sfruttare appieno le opportunità offerte dalla tecnologia e creare ambienti di lavoro capaci di combinare produttività, innovazione e benessere lavorativo.


Questo articolo è stato realizzato da ated - Associazione Ticinese Evoluzione Digitale, non fa parte del contenuto redazionale.
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