Per un giurato “disonesto” il processo a Maxwell è da rifare?

Era stato vittima di abusi da bambino e non l'aveva detto, secondo i legali della difesa questo inficia il procedimento
NEW YORK - Un cavillo, se così si può chiamare, per riaprire il processo a Ghislaine Maxwell vice ed ex-compagna del miliardario pedofilo Jeffrey Epstein. Come riporta il Guardian, lo vorrebbero sfruttare i legali della donna - condannata a fine dicembre - perché si faccia tabula rasa.
Tutto ruota attorno al giurato numero 50 che si è rivelato essere una vittima di abusi sessuali, subiti durante l'infanzia. La sua storia e le sue esperienze - ha spiegato lo stesso interessato in un'intervista data al Daily Mail - avrebbero poi aiutato gli altri giurati a farsi un'idea sul caso, giungendo poi al verdetto di colpevolezza.
Per il team difensivo questo è un problema, perché sui questionari di selezione della giuria fra le domande poste c'era anche «Sei stato vittima di abusi sessuali o hai famigliari che lo sono stati?». Il numero 50 avrebbe quindi risposto in maniera disonesta, inficiando così tutto il procedimento.
Negli Stati Uniti la selezione delle giurie è un processo molto importante e laborioso perché può avere un peso capitale sulla sentenza. Entrambe le parti fanno il possibile per includere giurati che ritengono possano empatizzare/simpatizzare con la causa o l'imputato.
In questo senso, per il team di Maxwell, la risposta omessa da parte del giurato 50 è uno svantaggio non trascurabile e, se avesse detto di essere stato vittima di abusi, sarebbe stato assai verosimilmente escluso dal processo.




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