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GreciaIl diario che racconta gli orrori vissuti dai bambini nel campo profughi di Moria

06.09.21 - 20:00
L'Organizzazione internazionale per la migrazione incapace di vegliare su di loro
Keystone
Il diario che racconta gli orrori vissuti dai bambini nel campo profughi di Moria
L'Organizzazione internazionale per la migrazione incapace di vegliare su di loro

ATENE - Violenza, droga e auto-mutilazioni. È la vita dei bambini profughi in un giornale di bordo ritrovato dopo il devastante incendio dello scorso 9 settembre nel campo di Moria, sull'Isola di Lesbo.

Tenuto dagli impiegati dell'organizzazione internazionale per la migrazione, il diario parla delle condizioni estreme in cui versavano gli abitanti più giovani non accompagnati del campo profughi di Moria. Ratti, inondazioni e pericolo di folgorazione. Ma non solo. Questi ragazzi vivevano in uno spazio a loro adibito, diviso dal resto del campo, e definito sicuro. Aspettavano di essere trasferiti nel continente o in un Paese europeo. L'Oim avrebbe dovuto vegliare su di loro 24 ore su 24, ma gli autori del giornale di bordo hanno ammesso la loro incapacità di mettere in pratica la promessa.

Il diario è stato compilato in greco da novembre 2018 a maggio 2020. Tra le righe si possono leggere situazioni di violenza, di consumo di droga, di auto-mutilazioni e ancora di abusi sessuali perpetrati da abitanti adulti del campo. In una nota del 18 novembre si legge che «all'interno di un cartone di arance è stato trovato un ratto morto». Il 22, invece, le piogge torrenziali avevano inondato d'acqua i prefabbricati, alzando a un livello clamoroso il pericolo di folgorazione. Si legge inoltre che spesso mancava anche la corrente.

Il primo dicembre un impiegato riporta sul giornale di quanto facesse freddo e della difficoltà di aiutare un neonato malato e sua madre, un'adolescente. Senza elettricità né riscaldamento «il bambino aveva freddo e piangeva ed era sicuramente malato». Ma «il medico militare da cui lo abbiamo portato ha detto di non avere esperienza con i neonati e che dobbiamo aspettare domani».

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