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RUSSIA / UCRAINA«Papà, qui c'è la guerra»... Ma se lui non ci crede?

07.03.22 - 18:15
L'effetto della propaganda russa colpisce le famiglie separate dal confine. Un sito tenta di "ricostruire" questo ponte.
AFP
«Papà, qui c'è la guerra»... Ma se lui non ci crede?
L'effetto della propaganda russa colpisce le famiglie separate dal confine. Un sito tenta di "ricostruire" questo ponte.
Il portale "papapover.com" - letteralmente «Papà, credimi» - nasce dalla situazione vissuta in prima persona da Misha Katsurin, un ristoratore ucraino. Suo padre vive in Russia e non crede ai suoi racconti. E questo accade a molti altri.

MOSCA / KIEV - È guerra. Ma non per la Russia. Sin dall’entrata dei primi carri armati sul suolo ucraino il 24 febbraio scorso, Mosca ha fatto passare la sua personale narrazione attraverso i megafoni mediatici dello Stato, tappando la bocca a chi steccava dal coro. L’operazione speciale per «denazificare» l’Ucraina. L’elogio all’eroismo dei militari impegnati nell’intervento di «liberazione» del Donbass. Tratti di una linea che ha attecchito a fondo. E così ci sono oggi familiari che vivono nei due Paesi e che, incredibilmente, non credono gli uni alle parole degli altri. Padri, madri, figli e figlie.

Ma rientriamo per un attimo nel “circuito” della propaganda russa: lo ripetiamo, per Mosca non si tratta di guerra. E ai cittadini che sono scesi in piazza per raccontarla diversamente sono state fatte scattare le manette ai polsi. Non qualche decina; si parla di migliaia di persone. Poi il bavaglio ai social network. La firma di Vladimir Putin sulla stretta - approvata all’unanimità dalla Duma - che introduce pene fino a 15 anni di carcere per chi si rende colpevole di aver diffuso “fake news” sull’operato dell’esercito russo. E non sorprende quindi che le testate internazionali abbiano, a malincuore ma inevitabilmente, deciso di ritirare i propri corrispondenti da Mosca e dintorni.

#DADBELIEVE. «Papa, credimi»
Questa è, in estrema sintesi, la cornice all’interno della quale il Cremlino dipinge la sua verità. E quando il quadro è appeso davanti alla finestra diventa difficile riuscire a osservare ciò che sta effettivamente accadendo fuori. Accade così che un padre in Russia nemmeno "si interessi" alle sorti del figlio che vive in Ucraina. E le virgolette sono obbligatorie, perché anche il padre in questione è convinto che non ci sia in realtà alcun conflitto in corso tra i due Paesi. «C'è una guerra, sono suo figlio e non mi ha neanche chiamato». Non è una frase immaginata, ma è la testimonianza che ha trovato spazio anche sulle pagine del New York Times. A pronunciarla, prima a sé stesso - il 28 febbraio scorso, al quarto giorno di missili - e poi al quotidiano statunitense, è il 33enne ucraino Misha Katsurin, titolare di un ristorante in quel di Kiev, la capitale ucraina.

Il diniego di suo padre è stato un pugno allo stomaco. «Mi ha urlato contro» e «ha voluto raccontami come stavano andando le cose nel mio Paese». Bombe che non si vedono; bombe che non esistono. Ma in quel limbo surreale non c'è solo Misha. Potenzialmente si parla di milioni di persone perché ci sono ben 11 milioni di russi che hanno parenti in Ucraina. In un primo momento il pensiero di dover arrivare a tagliare i ponti con il genitore lo ha sfiorato. Sarebbe stata «la cosa più facile». Ma non è andata così. Al contrario, dopo che un suo sfogo sui social è diventato virale, un ponte (digitale, leggibile in russo e in inglese) Misha lo ha "edificato". Si chiama "papapover.com; letteralmente si traduce in "Papà, credimi". È un manifesto. Una guida; forse più per le motivazioni che non per le azioni. Un invito al dialogo e alla calma. A non mollare e a non aggredire. «Non siate nervosi, state raccontando la verità. Parlate ai vostri cari».

La fine della guerra passa dalla verità
Il senso - riassunto nell'hashtag #DADBELIEVE - è spiegato anche nell'ultimo post che il 33enne ha pubblicato su Instagram. Quello precedente ha ricevuto oltre 135mila condivisioni. «Sembra che tutti quelli che hanno parenti in Russia abbiano lo stesso problema». E mette subito in guardia sul fatto che il percorso non sarà in ogni caso facile. Che proprio come è accaduto a lui ci potrebbe essere un muro da dover scavalcare. Lo scrive sulla pagina social e sul sito. «Chiamate i vostri cari in Russia. Gli hanno mentito per vent'anni. È difficile anche per loro. Sono spaventati. Aiutateli, raccontategli la verità. Sarà difficile, non vi crederanno, ci sarà dell'odio. Ma le bugie non possono stare davanti alla verità. Il nostro obiettivo: è la verità». Un senso unico da percorrere per poter arrivare a deporre le armi. Far sì che «chi si vuole bene, creda».

Solo in quel momento, si legge sul sito, «la guerra sarà conclusa». Le parole per cambiare il corso della storia. Perché - prendendo in prestito le parole che il 33enne ha affidato alle colonne del quotidiano americano - «con 11 milioni di persone, tutto può accadere».

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