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LUGANOProcesso: un'offerta sessuale rifiutata e un insulto all'origine dell'aggressione

19.04.16 - 10:58
Lei voleva fare sesso con lui. Ma lui disse no. Partì la vendetta: colpirono ripetutamente l'uomo con una chiave a croce per rubargli un Rolex, una collana d’oro e il portafoglio
Ti Press
Processo: un'offerta sessuale rifiutata e un insulto all'origine dell'aggressione
Lei voleva fare sesso con lui. Ma lui disse no. Partì la vendetta: colpirono ripetutamente l'uomo con una chiave a croce per rubargli un Rolex, una collana d’oro e il portafoglio

LUGANO – È una lunga serie di reati – tra cui tentato assassinio e rapina – quella di cui deve rispondere l’accoppiata che la scorsa estate aveva rapinato un uomo a Purasca,colpendolo almeno una quarantina di volte e fino allo sfinimento con una chiave a croce. Un colpo che aveva permesso loro di sottrarre alla vittima un orologio Rolex, una collana d’oro e un portafoglio contenente circa 200 euro e 180 franchi. Poco tempo dopo i due hanno sparato in dei luoghi pubblici con delle pistole softair. Episodio in cui erano rimaste ferite due persone. Ma si parla anche di truffa per aver venduto online un orologio contraffatto, di danneggiamenti (tra cui pneumatici tagliati) e di furto (otto lampade rubate su un cantiere). 

Lui ha 51 anni ed è difeso dall’avvocato Roy Bay, lei ne ha 28 ed è patrocinata da Deborah Gobbi. I due sono ora a processo davanti a una Corte delle Assise criminali di Lugano, presieduta dal giudice Amos Pagnamenta. In aula l’accusa è rappresentata dalla procuratrice pubblica Chiara Borelli.

Il tutto partì da un’offesa – Ci sarebbe un insulto alla base dell’episodio di Purasca. Almeno mezz’anno prima la 28enne, come racconta in aula, ha conosciuto la vittima in un bar. Gli ha proposto una prestazione sessuale ma lui ha rifiutato, dandole della “troia”. Da lì, assieme al 51enne, ha più volte danneggiato il motorino della vittima. Una serie di scherzi che tuttavia non sembravano essere sufficienti. Anche per sottrargli l’orologio di valore che indossava, hanno quindi pianificato la loro “vendetta”: un finto posto di blocco e quindi l’aggressione. «Ho fermato l’uomo che è arrivato con il motorino, gli ho chiesto documenti e patente» racconta la 28enne. Dal bosco è poi spuntato il compagno, che ha colpito l’uomo con una chiave a croce. «Pensavo che l’avrebbe fatto a mani nude » sostiene in aula la donna, che a sua volta ha dato una decina di colpi con lo strumento. «Volevo colpire il casco, ma era notte. Non vedevo dove colpivo». Un accanimento che la 28enne spiega dicendo che «volevamo fargliela pagare per l’insulto».

Quella frase sull’AIDS - «Nel settembre 2014 mi ha detto che era stata insultata, più tardi mi aveva pure riferito che l’uomo le aveva augurato di morire di AIDS. Questa frase sull’AIDS mi ha fatto molto arrabbiare, a causa di un’esperienza del passato». La parola passa così all’imputato 51enne, che racconta la sua versione dei fatti. Parla dei danneggiamenti al motorino e di telefonate alla vittima. «Per me si trattava di scherzi» spiega. Ma per quale motivo c’è poi stato il confronto diretto con l’uomo? In aula l’imputato sostiene che lui avrebbe voluto lasciar perdere, ma che avrebbe poi acconsentito su insistenza di lei. «Nel mio caso non si trattava però di rubare l’orologio» afferma. Il 51enne ammette comunque di aver colpito con il ferro l’uomo, facendolo cadere dal mezzo a due ruote. E di averlo percosso più volte.

Il dibattimento riprenderà alle 14.

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