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TICINOProstituzione, i gestori: “Pericolo di ritorno all’illegalità”, Bazzocco: “E’ un falso problema”

02.09.08 - 09:22
Prostituzione, i gestori: “Pericolo di ritorno all’illegalità”, Bazzocco: “E’ un falso problema”

LUGANO – Le retate degli ultimi giorni a Melano, comune tristemente noto come la “Amsterdam del Ticino”, non hanno mancato di suscitare timori tra i gerenti dei locali a luci rosse nel cantone Ticino. I gerenti ora temono che, con la regolarizzazione in polizia delle prostitute, i comuni possano risalire al luogo di lavoro delle stesse e quindi dare ai Municipi la possibilità di intimarne la chiusura grazie al divieto di esercizio in zone residenziali. Il comune sul Ceresio - dopo la petizione popolare per la chiusura e lo sgombero dei locali a luci rosse e la conseguente decisione di dar seguito alle richieste di molti suoi cittadini – ha intimato la chiusura dei postriboli. Un gestore ha quindi sollevato il problema, chiedendosi, a questo punto, se ne vale la pena invitare le sue ragazze a registrarsi: “E’ logico che se si va incontro a questo tipo di rischi – ha detto un gestore - chi gestisce questi locali, sceglierà di evitare la regolarizzazione e affitterà i propri locali a donne irregolari.”

Tenente Bazzocco, cosa ne pensa del problema sollevato da alcuni gestori di locali a luci rosse?
“Questo è un falso problema, indubbiamente. I circa 40 bordelli del Ticino sono ben conosciuti da tutti, comuni compresi. E tra i Comuni del nostro Cantone, qualcuno si è stufato di questa situazione e interviene, attraverso le possibilità dategli dalla legge. A qualche altro Comune invece il fenomeno non suscita preoccupazione e quindi non interviene”.

Non interviene perché la prostituzione è un grande affare…
“Indubbiamente. L'unico che non ci guadagna è il cliente. Tutti gli altri sì: dalla boutique, al gestore, alla paninoteca, al tassista, all’albergatore. Ci sono determinati comuni che se ne guardano bene prima di andare a toccare queste attività, perché producono un indotto finanziario non indifferente”.

In tutti i casi, voi, prima di intervenire, agite su ordine della Magistratura?
“No, noi agiamo senza l’ordine della Magistratura, perché la legge sugli esercizi pubblici ci dà la facoltà e ci impone di controllare il locale, e le camere sopra il locale, per verificare se il gerente è in possesso della patente di affittacamere”.

Intervenite anche quando il Comune ve lo chiede…
“Se il comune ce lo chiede, certamente, ma a prescindere dalle richieste di intervento o meno, noi agiamo autonomamente, in funzione della nostra attività di sensibilizzazione e prevenzione, invitando i gestori a far regolarizzare la posizione delle donne (o uomini) che esercitano la prostituzione”.

Voi vi aspettavate una reazione del genere da parte dei gestori?
“No, perché, sinceramente, facciamo fatica a capirla.

Perché?
“Ritengo innanzitutto che dobbiamo partire da una grande, domanda che tutti ci dobbiamo porre: dove concedere, alle 400-500 prostitute presenti sul nostro territorio, la possibilità di esercizio?”

Me lo dica lei…
“Io la mia idea personale ce l’ho, ma non mi esprimo. Questo è compito della politica”.

Lei, tornando al problema sollevato dal gerente, ha mai suggerito ai Comuni di intervenire seguendo il “modello di Melano” per “risolvere” il problema prostituzione?
“Sì, ma solo quando ce lo hanno chiesto. A dirla tutta, già al momento dell’entrata in vigore della legge, tutti i comuni sono stati informati dal Dipartimento delle Istituzioni della possibilità di far valere la normativa sui piani regolatori. La legge comunque risale già al 2002 e quindi non è una grande novità”.

Con questa norma, può capitare che debbano chiudere posti anche con donne regolari...
“Sì, è così. E ci è già capitato di intervenire a Balerna, dove alle donne regolari non ci è restato far altro che invitarle a cercarsi un altro posto”.

Il gerente da noi sentito però minaccia di lavorare in nero…
“Va contro la legge, che innanzitutto ci impone di controllare e arginare il fenomeno della prostituzione. Noi cerchiamo di contenere il fenomeno, perché se noi prendessimo alla lettera la legge, a parte le possibilità materiali e umane abbastanza limitate, dovremmo intervenire in tutti i locali”.

Quale allora il criterio di intervento?
“Il nostro criterio è il buon senso. Nei nostri interventi, quando constatiamo l’irregolarità di una o più ragazze, alla prima le avvertiamo, alla seconda invece dobbiamo usare alla lettera le regole del gioco”.

Quindi non vige la tolleranza zero?
“Io sono contrario alla tolleranza zero, anche perché la prostituzione è legale e la legge, ripeto, prescrive di arginare e contenere il fenomeno”.

Quale invece la possibilità d’intervento negli appartamenti?
“La legge sugli esercizi pubblici è stata adattata al momento in cui è uscita la legge sulla prostituzione. Quindi, chiunque voglia affittare deve chiedere la patente per affittacamere, che consente alla polizia di fare verifiche e controlli. Ma per gli appartamenti privati la cosa non è proponibile e i nostri margini di manovra sono limitati”.

Su questo ultimo punti, in Ticino come siamo messi?
“Conosciamo già chi gestisce questo tipo di appartamenti: sono quasi sempre le stesse persone. Ma il problema degli appartamenti privati deve indurci a riflettere: chiudere 20 bordelli su 40 non vuol dire ridurre della metà il fenomeno della prostituzione in Ticino.Vuol dire semplicemente lasciare che metà delle prostitute si diano alla latitanza e alla clandestinità, riducendo le nostre possibilità di controllo del fenomeno”.

Paradossalmente è meglio tener d'occhio una serie di bordelli piuttosto che usare la forza?
“Tutto dipende dalle risposte politiche che riceviamo. Ma tenga conto che il CdS ha nominato un gruppo di lavoro, che segue il problema della prostituzione e propone, su richiesta del DI, eventuali cambiamenti, segue il fenomeno e cerca di anticipare certi episodi che potrebbero sfuggire di mano”.

Quali ora le priorità del distaccamento Teseu?
“La lotta all’usura, la tratta degli esseri umani e il promovimento della prostituzione. Ovviamente restano i nostri interventi, che hanno una certa efficacia deterrente e con i quali lanciamo a chi di dovere, il messaggio: noi ci siamo”.

E il messaggio è passato?
“Sì, finora la nostra politica è stata pagante: sono in aumento esponenziale coloro che si annunciano in polizia per un permesso di esercizio. Si può dire, inoltre, che il periodo delle grandi retate è passato. Ora preferiamo interventi di prevenzione mirati e rapidi. Politica pagante questa: dal 2000, nel nostro cantone, non si registrano più fatti di sangue e omicidi legati alla prostituzione. L’opera costante di Magistratura e polizia di contenimento ha favorito questo lungo periodo di assenza di episodi gravi, che in altri cantoni e all'estero ci sono. Anche le prostitute stesse hanno un approccio diverso nei nostri confronti: non siamo più visti come una grande minaccia.

Cosa ci distingue allora dagli altri?
“In Ticino siamo molto fortunati, perché abbiamo instaurato un’ottima collaborazione con le polizie Comunali, le Guardie di Confine, l’Ufficio Permessi e Immigrazione, il Medico Cantonale, gli uffici parastatali per la prevenzione e la salute. Senza tralasciare le Unità d’Intervento Regionale. Insomma un lavoro in collaborazione con tutti gli attori. Cosa che negli altri Cantoni non succede perché lavorano a compartimenti stagni”.


Paolo D'Angelo

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