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ti.mammeSindrome del nido vuoto: cos’è e come si affronta

14.02.23 - 07:00
Quello dei figli che lasciano la casa è un passaggio naturale che può risultare traumatico
Deposit (archivio)
Sindrome del nido vuoto: cos’è e come si affronta
Quello dei figli che lasciano la casa è un passaggio naturale che può risultare traumatico

Si chiama «sindrome del nido vuoto» perché stravolgimento pratico ed emotivo della vita familiare sembra una definizione troppo lunga e catastrofica, sebbene rendesse meglio l’idea. Quando i figli abbandonano la casa dei genitori dando inizio al proprio autonomo percorso di vita, si concretizza inevitabilmente l’incubo di ogni genitore che prende coscienza del tempo che passa, delle abitudini che cambiano e della sopravvivenza delle relazioni familiari. L’immagine del papà che nella stanza dei figli crea la palestra privata o della mamma che progetta di ricavarne una stanza per la lettura e il tè con le amiche è il messaggio ilare diffuso da qualche datata commedia americana, ma la realtà è fatta di emozioni e sentimenti sbilanciati dai cambiamenti. Senza i figli ai quali provvedere e con i quali interagire ci si ritrova immersi totalmente nella vita di coppia, in uno scambio quotidiano senza altri ingredienti, con l’aggravante della nostalgia per i figli. 

Se razionalmente tutto questo è normale, emotivamente rappresenta una profonda lacerazione provocata dal dolore per l’allontanamento e dall’ansia per l’incolumità dei figli. È riconosciuto che la sindrome del nido vuoto può essere così profonda da dover essere affrontata al pari di un lutto, con i passaggi necessari alla sua elaborazione e questo dimostra che non si tratta di una reazione esagerata e isolata, bensì di una situazione diffusa e comune e può richiedere anche un supporto esterno. In linea generale per affrontare e superare l’allontanamento dei figli dalla casa paterna è necessario adottare comportamenti utili e mirati. Prepararsi per tempo al distacco è sicuramente importante al fine di trovare impegni grazie ai quali riempire il vuoto creato dall’assenza dei figli: meno tempo da dedicare alla cura della prole, più tempo per dedicarsi ai propri interessi che è utile spolverare o scoprire già prima del distacco. Quando l’ultimo figlio – oppure l’unico - va per la sua strada, mamma e papà rimangono soli passando dal ruolo principale di genitori a quello di partner in coppia. È proprio questo legame che torna alla luce con eventuali fratture, precedentemente messe da parte per la stabilità dei figli, o con i punti di forza che rappresentano il fulcro della nuova vita senza figli in casa. 

Il supporto reciproco tra genitori serve anche a individuare eventuali segnali di depressione nel partner, situazione possibile che diventa particolarmente difficile e pericolosa se la sindrome del nido vuoto è affrontata da un genitore solo, senza coniuge accanto. Per questi soggetti è suggerito recuperare i rapporti eventualmente diradati con gli amici e i parenti, partecipare alle attività sociali, frequentare associazioni e magari fare volontariato. Questi nuovi impegni permettono di combattere la solitudine e mantenere un ritmo di vita piacevole e gratificante, senza dimenticare che grazie alla tecnologia anche i contatti con i figli lontani possono essere frequenti e conciliati con i reciproci impegni, mentre la prole costruisce il proprio futuro e mamma e papà recuperano il proprio passato, spolverando le passioni coltivate prima di diventare genitori. Lavorare su se stessi è fondamentale per rendersi conto di aver messo i figli nelle condizioni di affrontare il distacco da casa e vivere lontano da essa: un genitore capace di una formazione simile, non può fare l’anima in pena che si duole per la lontananza. Riprendere in mano la propria vita è un ulteriore esempio per la prole che apprezzerà e si ispirerà ancora una volta alla forza e alle capacità dei propri genitori.

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COMMENTI
 

Anna 74 1 anno fa su tio
è una vergogna