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PROCREAZIONE ASSISTITADal Ticino un progetto rivoluzionario

15.12.08 - 18:17
Ti Press/Carlo Reguzzi
Dal Ticino un progetto rivoluzionario

LUGANO - Si chiama INtelligent IN vitro INcubator (IN3) ed è stato concepito interamente in Ticino da un gruppo di ricercatori attivi nell'ambito della medicina della riproduzione affiancati da ricercatori della SUPSI. Si tratta di un importante progetto, presentato questa mattina a Manno, che ha lo scopo di migliorare in modo significativo la qualità di lavoro all'interno dei laboratori dedicati alla procreazione medicalmente assistita.

Un progetto che, grazie alla sua importanza, è riuscito a conquistarsi il più importante finanziamento (0,9 milioni di franchi) erogato nel nostro Cantone dalla Confederazione (e più precisamente dal servizio di Promozione dell'Innovazione CTI - Ufficio federale della formazione professionale e della tecnologia) nell'ambito di progetti del settore medicale.

"In Ticino abbiamo trovato un ambiente idoneo"

"Il progetto IN3 nasce da un'esigenza tecnica che il nostro gruppo, che da 25 anni si interessa di medicina della riproduzione, ha maturato negli anni": ci spiega il direttore del progetto, Luca Gianaroli, il quale sottolinea che se tale progetto si è sviluppato e si sta realizzando solo ora è perché "finalmente abbiamo trovato un ambiente idoneo, dove vi sono le tecnologie e i know how necessari per andare avanti. E questo luogo è il Ticino".

L'infertilità, una piaga che colpisce il 15% delle coppie

L’infertilità è oggi una patologia che ha subito una significativa crescita negli ultimi decenni e  colpisce circa il 15% delle coppie, le quali per poter continuare a coltivare la speranza di avere un figlio non hanno altro rimedio che ricorrere a tecniche di procreazione medicalmente assistita. Queste tecniche hanno subito un forte sviluppo che, grazie alle capacità di operatori sanitari quali medici ginecologi, andrologi, biologi e alla tecnologia di laboratorio, hanno permesso di raggiungere risultati soddisfacenti in termini di percentuali di successo.

Uno dei trattamenti più eseguiti nella cura dell’infertilità è rappresentato dalla fertilizzazione in vitro (FIVET) la quale consiste nell’unione in vitro, ovvero in laboratorio, dell'ovulo con lo spermatozoo con successivo trasferimento dell’embrione così formato nell’utero della donna.

L’innovazione

Durante le prime fasi di vita dell’embrione questo è riposto in uno strumento, detto incubatore, che cerca di riprodurre le condizione che troverà all’interno della donna. La stabilità delle condizioni di conservazione durante queste ore sono un aspetto di cruciale importanza. L’esposizione all’ambiente esterno, l’umidità, la temperatura, la concentrazione di anidride carbonica e molte altre variabili sono tutti elementi che contribuiscono ad assicurare uno sviluppo ottimale dell’embrione. Inoltre esso si trova immerso in un liquido che a scadenze regolari deve essere cambiato. Il biologo oggi si preoccupa manualmente, con l’ausilio di incubatori standard, di eseguire tutte queste procedure di controllo.

Il progetto IN3 intende sviluppare un innovativo incubatore capace di minimizzare al massimo l’esposizione dell’embrione ai fattori ambientali, riducendo nel contempo il carico di lavoro del biologo e conseguentemente il rischio di errore umano, nel rispetto delle differenti leggi vigenti in materia in ogni paese.

In3, un incubatore programmato per servire in modo specifico allo scopo

Le tecniche delle procreazione assistita esistono da 30 anni. Il primo essere umano nato da questa tecnica vide infatti la luce il 25 luglio 1978. Ma nonostante tutto questo tempo, ci spiega Gianaroli, "non esiste uno strumento disegnato appositamente per questo lavoro". Attualmente infatti vengono ancora utilizzati strumenti nati per altri scopi o per scopi generali. Mentre IN3 è stato concepito specificamente per la procreazione assistita. Dunque, secondo il direttore del progetto, "uno strumento personalizzato alle necessità darà dei risultati migliori".

Il futuro

Il progetto di sviluppo durerà 24 mesi e coinvolgerà un team di lavoro di circa 20 persone. Al termine di questa fase sarà possibile giungere ad un prototipo definitivo. Nel caso di un positivo sviluppo di questa prima parte l’azienda promotrice desidera sviluppare la commercializzazione del prodotto a livello internazionale, in primo luogo presso la propria rete di centri e, secondariamente, presso tutte le istituzioni attive nell’ambito della medicina della riproduzione interessate.

S.M.

Foto d'apertura: Ti Press/Carlo Reguzzi

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