Il creatore della canzone estiva italiana per eccellenza, Johnson Righeira, sta per prendere parte all'Open Air Riviera
OSOGNA - Si avvicina l'appuntamento con l'edizione 2023 dell'Open Air Riviera, in programma il 18 e 19 agosto al Centro Sportivo di Osogna. Una due giorni di musica nel segno di un mix di artisti locali e di fama internazionale, grazie ai quali sarà possibile fare un autentico tuffo nel passato. Non a caso il format che dominerà la seconda serata, quella di sabato 19 agosto, si chiama "La macchina del tempo". E in che decade sono programmate le lancette, se non nei mitici anni '80?
Ne abbiamo parlato con Johnson Righeira, punta di diamante dello show che vedrà salire sul palco anche Neja, Nathalie dei Soundlovers e Melody. Tutti saranno accompagnati da una band di otto elementi, gli Evolution 80.
Perché, ancora oggi, subiamo il fascino degli anni '80 in maniera così intensa?
«Probabilmente perché è stato un decennio molto generoso a livello artistico. Non solo la musica ma anche la pittura, la grafica, il cinema, la moda... È un decennio che ha dato molto e quindi molto è rimasto. Dopo non è successo più molto, almeno musicalmente. Sì, all’inizio degli anni ‘90 c'è la coda lasciata dalla house, che è stato l’unico fenomeno musicale di un certo peso fino a oggi (a parte, forse, la trap). La house è stata rivoluzionaria, quasi un punk della musica dance, se vogliamo...».
Non è quindi un puro fattore emotivo...
«Le persone si rifanno per forza a quegli anni lì, non soltanto in senso nostalgico - cosa che potrebbe riguardare magari chi li ha vissuti, come per esempio me e tante altre persone. Invece gli anni '80 sono diventati un punto di riferimento da cui anche le giovani generazioni stanno prendendo spunto. Ne è una prova "Italodisco" il nuovo singolo dei The Kolors. Tra l’altro mi ha fatto anche molto
piacere la citazione dei Righeira nel testo. Concludendo: in quel decennio c’è stata veramente una grossa ondata di creatività, che ancora oggi ha la sua influenza».
Sono inoltre stati anni all'insegna della speranza di un avvenire migliore, che non è che sia poi arrivato...
«Sì, era un’epoca di ottimismo. Fondato sulla creatività, per chi come me viveva di questo. Ma c'era la stessa percezione anche nella gente comune: sembrava si potesse andare a stare molto meglio... Poi drammaticamente siamo sprofondati nell’incubo. E la stessa “Vamos a la playa”, che pure ha un testo abbastanza catastrofico, parlava del "sì, che ci frega, andremo lo stesso sulla spiaggia, vorrà dire che diventeremo blu invece che marroni, vuol dire che l’acqua sarà fluorescente ma saremo ugualmente in spiaggia"».
Il contesto internazionale riesce sempre a rendere attuale questa canzone, sembra che sia stata scritta ieri (e invece ha 40 anni).
«Guarda, mi sorprendo sempre di più della sua attualità. E ancora di più della durata: sta veramente diventando uno dei pezzi più famosi non solo di quel decennio, ma in assoluto della musica pop italiana. La conoscono anche i bambini, oggi. Ovviamente nessuno delle nuove generazioni sa chi sono I Righeira e non gliene frega niente, e va benissimo così. Ma devono comunque fare i conti con "Vamos a la playa". E questo conferma quello che ho sempre detto, e cioè che quando una canzone è fortunata è come fosse un figlio: a un certo punto cresce e se ne va via con le sue gambe. Una bella canzone si stacca da chi l’ha scritta, cantata e portata al successo e diventa quasi un’entità a sé stante, che vive di vita propria».
E a tal proposito, cosa ne pensi delle versioni che sono state ricreate come omaggio nel progetto Heineken Silver Italia?
«Mi piacciono quella di Cosmo e quella di Auroro Borealo, che è un amico tra l’altro. Ne ha fatta una versione quasi punk».
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