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In "Barbie" c'è l'amore, il dolore, la morte... C'è la vita

CINEMAIn "Barbie" c'è l'amore, il dolore, la morte... C'è la vita

25.07.23 - 06:30
Il film sulla più celebre bambola del mondo va oltre le aspettative (e il merito è di... tutti)
IMAGO / Picturelux
In "Barbie" c'è l'amore, il dolore, la morte... C'è la vita
Il film sulla più celebre bambola del mondo va oltre le aspettative (e il merito è di... tutti)

LUGANO - Preceduto da una campagna pubblicitaria martellante, finalmente “Barbie” è giunto nelle sale cinematografiche di tutto il mondo, Ticino compreso. Il film femminista di Greta Gerwig sulla bambola più famosa del mondo parte con una gustosissima citazione: se in “2001 Odissea nello spazio” era un misterioso monolito nero a dare alle scimmie la consapevolezza di avere nelle mani il proprio destino, qui è una Barbie gigantesca e meravigliosa a far scattare una sana rabbia e voglia di cambiamento nelle bambine.

Da qui prende il via il film, ambientato nell’universo di fantasia di Barbieland: una dimensione di perfezione immutabile nel tempo, dove tutto procede in modo impeccabile per tutte le protagoniste (le varie declinazioni di Barbie proposte nei decenni). Con l’eccezione di Ken.

Barbie è, lo saprete, Margot Robbie. O meglio: lei interpreta (molto bene) "Barbie stereotipo", la classica bambola bionda e bellissima a cui tutti pensiamo quando pensiamo a Barbie. Sono i pensieri di morte proiettati su di lei dalla proprietaria in carne e ossa di una sua bambola a dare il via all’intera vicenda, incrinando la perfezione che si pensava fosse eredità immutabile di ogni Barbie. Lei e Ken vengono proiettati in un’avventura a tratti rocambolesca che li porterà a scoprire che il mondo reale è tutt’altro che idilliaco e che le cose vanno in modo ben diverso. L’esperienza segnerà profondamente entrambi: Barbie sarà spinta a una definitiva consapevolezza di sé (anche se non immediata e con parecchi scossoni), mentre Ken ne verrà travolto - tanto da passare per qualche momento per il “cattivo” della vicenda.

Ken, con le sue ingenuità e i suoi difetti, non è altro che un personaggio con un disperato bisogno di essere amato. Il succo della sua storia (e una delle chiavi di lettura del film) è nella canzone “I’m Just Ken”, cantata da Ryan Gosling. L’attore canadese, che sfoggia una forma fisica più che invidiabile, interpreta (notevolmente) il suo personaggio con autoironia e mettendone in rilievo le fragilità. Perché Ken, in fondo, è come milioni di donne (e anche di uomini, direi) in tutto il pianeta: in cerca di un apprezzamento per quello che è veramente, di essere preso sul serio - oltre i capelli biondi e l’abbronzatura. 

Gerwig e Noah Baumbach hanno costellato il film di gustose citazioni e piccoli ma efficaci camei - come Barbie e Ken in versione sirena, rispettivamente Dua Lipa e John Cena (lui con lunghi boccoli biondi, magari l’avrete intravisto sui social). Il Ceo di Mattel è Will Ferrell, qui in una versione più manageriale e in completo scuro del Mugatu di “Zoolander”. E infine c’è la colonna sonora, che è costata a un big come Mark Ronson un anno di vita (per sua stessa ammissione) e che è piena di brani notevoli - su tutti quello di Billie Eilish.

In conclusione, “Barbie” è un gran buon film. C'è tutto quello che ci si aspettava alla vigilia, e anche qualcosa in più. Il merito è di tutti i professionisti coinvolti, in una splendida celebrazione del cinema come esercizio collettivo. "Barbie" è coloratissimo, bizzarro, in vari momenti si prende in giro e al contempo fa pensare lo spettatore e ha una missione. Quale? Facile: l’emancipazione femminile e la denuncia della mascolinità tossica e del patriarcato. Divertire portando dei contenuti, evitando il rischio del “pistolotto”: non è da tutti. Già solo per questo merita la visione. E tenete d’occhio il personaggio di Gloria. 

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