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Arles, tra pietra antica e alluminio lucente

Un'avventura fluviale tra storia millenaria, città incantevoli e tradizioni culinarie nel cuore della Francia (terza parte)
Foto di CR
La torre della cultura
Arles, tra pietra antica e alluminio lucente

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Un'avventura fluviale tra storia millenaria, città incantevoli e tradizioni culinarie nel cuore della Francia (terza parte)

ARLES - Durante la mia crociera sul Rodano, Arles rappresenta una tappa di svolta: non solo per il suo glorioso passato romano e il fascino provenzale che ha ispirato pittori come Van Gogh, ma anche per ciò che oggi sta diventando. Se il porto antico parlava di scambi e merci, oggi il nuovo “porto” di Arles è la cultura, e ha una forma ben precisa: una torre scintillanteche svetta nel cielo del sud, tra le rovine e i campi di lavanda, simbolo di una rinascita artistica voluta con visione e passione da Maja Hoffmann.

Arles è una città che si visita due volte: con i piedi nel presente e con lo sguardo che attraversa i secoli. Camminando nel centro storico, ci si imbatte nella maestosa arena romana, perfettamente conservata, e nel teatro antico, tra colonne e gradinate. Ci si ferma poi nella Place du Forum, dove Van Gogh dipinse il celebre Café de Nuit, e si seguono le tracce delle sue tele sparse per la città. Ma oggi Arles ha deciso di aprirsi al futuro. E non lo fa timidamente: lo fa con una struttura che non passa inosservata, che rompe la linea dell’orizzonte per proporre un’altra visione di cosa può essere un centro culturale nel XXI secolo.

Il progetto prende forma grazie a Maja Hoffmann, erede della casa farmaceutica Hoffmann-La Roche, ma soprattutto mecenate e promotrice culturale dalla sensibilità rara. Con la sua Fondazione LUMA, ha immaginato ad Arles uno spazio in cui arte, scienza, natura e pensiero critico potessero dialogare. Il sito scelto è quello dei magazzini ferroviari dismessi di Parc des Ateliers, a pochi minuti dal centro. Qui nasce LUMA Arles, una vasta cittadella culturale inaugurata nel 2021. Ma il suo cuore pulsante – e visibile da chilometri – è la torre di acciaio e vetro disegnata da Frank Gehry, architetto di fama mondiale noto per il Guggenheim di Bilbao.

Alta 56 metri, rivestita da 11 mila pannelli in acciaio inossidabile, la torre non somiglia a nessun altro edificio di Arles. Gehry si è ispirato alle rocce delle Alpilles, alle pennellate turbolente di Van Gogh, ma anche alla forma a spirale del Colosseo romano. Il risultato è un edificio che sembra muoversi, rifrangere la luce in modo sempre diverso, secondo l’ora del giorno e la stagione. All’interno, si trovano spazi espositivi, laboratori, residenze per artisti, sale conferenze e archivi. È un edificio concepito non solo per ospitare l’arte, ma per generarla, stimolarla, mescolarla ai temi del presente: sostenibilità, identità, trasformazione. Gehry ha definito la torre come un “villaggio verticale”, e in effetti al suo interno si percepisce un’energia fluida: tra le scale elicoidali e i corridoi dalle forme inattese si incrociano installazioni, artisti, studenti, visitatori curiosi. Ogni piano è diverso, ogni ambiente è un invito a riflettere.

L’esperienza di visita è intensa. Si entra in un mondo che, pur essendo iper-contemporaneo, dialoga con la memoria del luogo. Il progetto ha infatti rispettato e integrato i vecchi hangar industriali del sito, oggi restaurati e adibiti a spazi espositivi, con mostre temporanee e installazioni permanenti di artisti internazionali come Ólafur Elíasson, Pipilotti Rist e JR. L’intero complesso si muove in una dimensione che unisce arte visiva, design, ecologia e innovazione sociale. È un ecosistema creativo che riflette la visione radicale e umanista di Maja Hoffmann: l’arte non come oggetto di élite, ma come leva per ripensare il vivere comune.

Questa “torre della cultura” non è un corpo estraneo alla città, ma parte attiva di un processo di rigenerazione urbana. Arles, un tempo città di passaggio e talvolta di marginalità, sta ritrovando una centralità internazionale proprio grazie a questo ambizioso progetto. LUMA ha creato lavoro, attratto giovani, aperto collaborazioni con scuole, università, musei. E non ha dimenticato il territorio: nei progetti espositivi si riflette spesso la luce della Camargue, la tensione tra natura e industria, tra memoria coloniale e nuove migrazioni.

Non è casuale parlare della torre di LUMA come di un nuovo porto. Il Rodano, che un tempo portava ad Arles barche e mercanzie, ora conduce idee, artisti, dialoghi. La città, pur restando saldamente legata alla sua identità storica, ha scelto di guardare avanti. E lo fa con coraggio, proprio come fece Van Gogh, quando decise di rompere con le convenzioni e inseguire la propria visione tra i girasoli e il mistral. La torre è un faro. Non solo per chi arriva, ma anche per chi riparte: invita a portare altrove uno sguardo nuovo, più ampio, più aperto. E in questo senso, visitarla è un’esperienza trasformativa.

Sbarcando ad Arles, si potrebbe rimanere ancorati al fascino del passato: alle rovine romane, alla pittura post-impressionista, alle fiere provenzali. Ma se si alza lo sguardo verso la torre di LUMA, si scopre un’altra dimensione della città: quella del presente che crea futuro. L’edificio voluto da Maja Hoffmann non è solo un’opera architettonica. È una dichiarazione, una sfida, un invito. È il nuovo volto di Arles, città che ha deciso di fare della cultura il proprio orizzonte. Un “porto” da cui salpare verso ciò che ancora non conosciamo.

I precedenti articoli di questo reportage sono stati pubblicati il 6 e 21 maggio maggio 2025.

Il mio viaggio a bordo della Excellence Rhône non termina qui: nella prossima tappa vi condurrò nel cuore selvaggio e luminoso della Camargue, dove il fiume incontra il mare e i fenicotteri danzano tra le saline.

Testo a cura di Claudio Rossetti


Questo articolo è stato realizzato da Progetti Rossetti, non fa parte del contenuto redazionale.
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