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CORRISPONDENZE ESTERORomano Piazzini in Vietnam: "Qui si salta in aria per una mina dimenticata"

30.04.14 - 08:56
Il 30 aprile 1975 Saigon cadde nelle mani dei nord vietnamiti, e gli ultimi soldati americani si affrettavano a lasciare la città. Romano Piazzini oggi in quei luoghi: "Ci avevano fatto credere che questa guerra, così lontana, fosse buona e giusta"
Foto Romano Piazzini
Romano Piazzini in Vietnam: "Qui si salta in aria per una mina dimenticata"
Il 30 aprile 1975 Saigon cadde nelle mani dei nord vietnamiti, e gli ultimi soldati americani si affrettavano a lasciare la città. Romano Piazzini oggi in quei luoghi: "Ci avevano fatto credere che questa guerra, così lontana, fosse buona e giusta"

NGHIA LO, VIETNAM - Fra le minoranze etniche delle montagne, la Festa della Liberazione é un giorno come gli altri, qui nello Yên Bai, a nord del Vietnam.

Soltanto gli impiegati governativi celebrano con solenni manifestazioni nelle principali città del paese il 30 aprile 1975, giorno in cui Saigon cadde nelle mani dei nord vietnamiti mentre gli ultimi soldati americani si affrettavano a lasciare la città.
I popoli delle montagne lavorano la terra, coltivando riso e granoturco, anche sui pendii più ripidi, con tenacia e determinazione.
Le stesse con cui all’epoca combatterono quasi privi di mezzi ma con solidi ideali inculcati dalla martellante propaganda comunista e dal rancore per la crudeltà delle armi di distruzione di massa statunitensi.

Poco importa che io fossi troppo piccolo per capire questa guerra. Oggi, fra queste impervie montagne ricoperte di foresta inaccessibile, osservando questa gente operosa e pacifica, mi rendo conto che comunque, nella mia casa di Orselina, non avrei potuto capire nulla anche se fossi stato più grande. Attraverso i media, gli americani si affannavano a giustificare agli occhi dell’occidente la loro volontà di arginare la proliferazione del comunismo. Così, anch’io - come tanti - avevo finito per credere che questa guerra, così lontana, fosse buona e giusta. A distanza di una quarantina di anni, sul posto, mi rendo conto a labbra strette e col cuore pesante di quanto fossimo fuori strada, di quanto tutto sia relativo e opinabile e quali terribili strascichi possa avere una guerra ufficialmente conclusa nel 1975 in un paese dove oggi e per altri decenni  ancora, qualcuno, di tanto in tanto, salta in aria per una mina o una trappola esplosiva dimenticata e qualcun altro nasce deforme per gli effetti a lungo termine dell’ “agente arancio”, l’erbicida chimico tossico e cancerogeno usato come defogliante dalle truppe USA insieme al napalm, la benzina gelificata lanciata e fatta incendiare sui villaggi con effetti devastanti anche per i civili.

Saigon fu quasi subito ribattezzata Ho Chi Minh City, un tributo al padre della nazione vietnamita Ho Chi Minh (Colui che porta la luce), il cui vero nome era Nguyen Tat Thanh, oggi affettuosamente ricordato da molti vietnamiti come “Bac Ho” (zio Ho).

 

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