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CORRISPONDENZE ESTEREBali: tanti auguri dalla mafia

21.02.14 - 10:58
L'ex comandante della polizia cantonale, Romano Piazzini, ci parla delle infiltrazioni mafiose nelle Stato a Bali. Negozi, ristoranti e imprese costretti a pagare un pizzo ai gruppi mafiosi locali. E ci racconta di un cartellone pubblicitario dove "la mafia locale augura a tutti buon anno"
Archivio Keystone
Bali: tanti auguri dalla mafia
L'ex comandante della polizia cantonale, Romano Piazzini, ci parla delle infiltrazioni mafiose nelle Stato a Bali. Negozi, ristoranti e imprese costretti a pagare un pizzo ai gruppi mafiosi locali. E ci racconta di un cartellone pubblicitario dove "la mafia locale augura a tutti buon anno"

BALI - Le strade di Bali sono tappezzate di cartelloni elettorali. Il 9 aprile prossimo la popolazione é chiamata alle urne per eleggere governo e parlamento locali. Dai quotidiani indonesiani rileviamo che secondo un sondaggio effettuato dall’organismo di ricerca Indikator presso 15’600 persone a Jakarta, il 41,5% degli indonesiani ritiene normale che i candidati alle elezioni cerchino di comprare i voti degli elettori. Gli stessi intervistati non avrebbero peraltro alcun problema ad accettare contanti o regali da parte di un candidato in cambio del loro voto. Non c’é quindi da sorprendersi che la corruzione sia ancora così diffusa.

L’Alta Corte di Giustizia indonesiana, lo scorso gennaio, ha condannato il capo della polizia stradale, Djoko Susilo, a 18 anni di carcere e 30 miliardi di rupie di multa per avere illegalmente costruito un impero valutato a 18 milioni di dollari grazie a mazzette ricevute attraverso la sistematica corruzione della polizia stradale.Il suo salario mensile di funzionario ammontava a 1’000 dollari.

Mafia nei partiti e nella polizia - La Corte anti corruzione di Jakarta ha pronunciato una pena di 16 anni di carcere e un miliardo di rupie di multa, nei confronti dell’ex presidente del partito musulmano PKS, a causa della sua implicazione nell’inchiesta sulle quote di importazione della carne di manzo.
Indonesia Police Watch afferma che trentatré agenti di polizia hanno ricevuto dal brigadiere capo Lebora Sitorus denaro proveniente da attività illecite che andavano dal contrabbando di carburante, alla deforestazione illegale. I movimenti sul conto bancario del funzionario di polizia ammontavano a circa 1 milione di dollari.

Negah Wijaya, un capo villaggio di Buleleng, a nord di Bali, ha confessato di aver speso più di 200 milioni di rupie (circa 15’000 CHF) provenienti da fondi pubblici in scommesse legate al combattimento di galli. Il denaro faceva parte dello stanziamento di 1 miliardo versato dalla provincia per lottare contro la povertà nel suo villaggio.
Per contribuire a risolvere il problema dello smaltimento dei rifiuti a Bali, ci raccontano che alcuni anni or sono il governo germanico propose di finanziare la costruzione di un inceneritore. Pare che l’offerta venne ritirata a causa delle cospicue mazzette richieste dalle varie istanze balinesi preposte alle autorizzazioni.

Pizzi alle cosche mafiose - Pierre é un navigatore ginevrino approdato a Bali una decina di anni fa. Insieme a sua moglie stanno costruendo un “eco-resort”. Ci racconta che praticamente tutti i commerci, negozi, ristoranti, uffici e imprese, pagano un pizzo per la loro “protezione” ad uno dei gruppi mafiosi locali, gruppi che a volte - per atti concludenti - ricevono inaspettate quanto inquietanti legittimazioni, come il “Laskar” che di recente ha garantito la sicurezza e disciplinato il traffico al sontuoso matrimonio del figlio di un rappresentante del governo balinese.

Il cartellone che augura Buon Anno firmato mafia - Ma questo paese non finisce mai di stupire. Fermi in colonna al semaforo osserviamo distrattamente un enorme cartellone sul quale é riportata la foto di un gruppo di uomini vestiti tutti allo stesso modo. Brutte facce, mi vien spontaneo pensare. Chiedo al nostro tassista se si tratta di una squadra di sportivi o di un coro. “No” - mi risponde - “é la mafia locale che augura a tutti buon anno”.

L’atteggiamento della popolazione indonesiana nei confronti di questi gruppi di “freeman”, come vengono chiamati, é quantomeno ambiguo. Detestati, temuti, esecrati, salvo quando servono per incassare un credito scoperto, regolare i conti per uno sgarro subito o raccomandare il rampollo di famiglia per un posto in polizia o nell’esercito con cui questi gruppi, dall’aspetto paramilitare, sono fortemente impastati.

Con contegno e serietà tipicamente asiatici, il nostro amico Purnomò, ci racconta che ad un vertice dei paesi asiatici i primi ministri decisero di acquistare per ciascun paese un orologio svizzero in grado di misurare la corruzione. L’anno successivo, gli stessi paesi asiatici, si ritrovarono per il periodico summit. All’ordine del giorno figurava il resoconto in tema di corruzione. Il primo ministro giapponese sottolineò con ostentata fierezza come il loro orologio fosse rimasto fermo. Il primo ministro di Singapore ammise a denti stretti che le lancette dell’orologio erano avanzate, ma molto lentamente. Il presidente indonesiano, dal canto suo, affermò di aver messo l’orologio in cucina. Gli serviva un ventilatore.

 

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