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Cantone/SvizzeraBoom di pernottamenti in tutta la Svizzera, tranne che in Ticino

05.08.22 - 09:58
I turisti tornano a riempire alberghi e strutture ricettive della Confederazione, ma non quelle ticinesi (-13%)
TiPress
Boom di pernottamenti in tutta la Svizzera, tranne che in Ticino
I turisti tornano a riempire alberghi e strutture ricettive della Confederazione, ma non quelle ticinesi (-13%)
Lorenzo Pianezzi, Presidente Hoteleriesuisse Ticino:«Berna, Zurigo e Ginevra hanno alte percentuali per il turismo congressuale e noi siamo avanti del 16% rispetto al 2019»

NEUCHÂTEL - Sono tornati i turisti. E in gran numero. Tutto pieno in moltissime località svizzere: tranne che in Ticino. I numeri impietosi che decretano il crollo di prenotazioni negli alberghi ticinesi arrivano dall'UST (Ufficio Federale di Statistica), che ha fatto i conti dell'affluenza turistica nei primi sei mesi di quest'anno.

Qualche esempio? Nella regione di Berna è stato osservato un boom di pernottamenti pari a un +359%, a Ginevra nel primo semestre gli operatori di settore hanno registrato un +175,2% rispetto allo stesso periodo dell'anno scorso, nella regione di Zurigo i numeri parlano di un +155,8% e nella regione di Basilea +96,8%: il Ticino segna un laconico –13,3%.

Dodici regioni registrano numeri record, quella italofona è l'unica con il dato negativo. Una debacle salvata solo in parte da un aumento di visitatori (15%) che poi però evidentemente decidono di pernottare altrove: stando ai numeri, la terra italiana della Confederazione è vista come luogo turistico di passaggio.

L'analisi di Hoteleriesuisse Ticino. Ma per il Presidente di Hoteleriesuisse Ticino Lorenzo Pianezzi l'analisi dei numeri di UST richiede qualche approfondimento ulteriore: «Allora, cominciamo con il dire che le città votate al turismo seminariale-congressuale come Ginevra o Zurigo hanno ripreso a pieno ritmo ed ecco quindi spiegati quei picchi di percentuale - spiega - e il Ticino sapeva molto bene che non poteva replicare i numeri dell'anno scorso perché tutti i confederati si recavano in Ticino per le vacanze. Con la riapertura delle frontiere e il ritorno ai viaggi - dice Pianezzi - ovvio che non siamo più una destinazione di vacanza come lo eravamo in quella particolare situazione». 

Ticino cresce rispetto al 2019. E dice di più: «è vero che siamo sotto del 13% rispetto al 2021, ma abbiamo quasi un +16 rispetto al 2019, l'anno pre-pandemico. Quindi questo vuol dire che i due anni in cui il Ticino è stato preso d'assalto li stiamo portando avanti».

Una media di 2,2 giorni di permanenza. Esclude anche che il "debito" di presenze alberghiere si debba a un incremento del turismo "mordi e fuggi": «assolutamente no - è perentorio - abbiamo una media di 2,2 giorni di permanenza nelle nostre strutture ricettive».

La radiografia dell'UST. L'Ufficio Federale di Statistica comunque nella sua radiografia alle presenze turistiche dice chiaramente che «nel primo semestre del 2022 il settore alberghiero svizzero ha registrato 16,9 milioni di pernottamenti - si legge nel loro documento - con un aumento del 47,3% rispetto al periodo del 2021». E che «con un totale di 10 milioni di pernottamenti - prosegue la nota - la domanda indigena è aumentata dell’8,0% (+740 000)».

Gli svizzeri che non scelgono più il Ticino come luogo di vacanza. E se il 29% di residenti svizzeri non ha scelto quest'anno di prenotare in alberghi e strutture ticinesi, secondo quanto riferisce il presidente di Hoteleriesuisse Ticino "è dovuto proprio al fatto che con la possibilità di tornare a viaggiare i nostri connazionali raggiungono altre mete». Probabilmente anche luoghi non esotici però o nemmeno prettamente sedi di simposi e convention congressuali dove è verosimile pensare sia stata intercettata la clientela che prima pernottava nelle strutture ticinesi e che adesso preferisce il Giura & Tre Laghi (+2,9%), i Grigioni (+5,8%) o la Svizzera orientale (+2,4%).  

Il duecento per cento in più di domanda straniera. Ma è la domanda straniera che è aumentata in modo straordinario: più 212,8%, «raggiungendo i 6,9 milioni di pernottamenti» scrivono dall'UST. Gli aumenti vanno dal +162,8% registrato in gennaio al +240,1% di giugno. 

Clientela asiatica e americana. Ma chi sono i turisti che stanno facendo andare in fibrillazione le grafiche dell'UST? Clientela asiatica (+727 000 pernottamenti; +918,3%) e americana (1milione in più e +1005,1%) hanno rappresentato, insieme, il 27,6% della domanda straniera. A livello di regioni turistiche, oltre al primato di Ginevra e Zurigo vanno bene i Grigioni (+5,8%), Giura & Tre Laghi (+2,9%) e Svizzera orientale (+2,4%).

E i turisti svizzeri dove preferiscono prenotare? Sul fronte della domanda indigena, va detto che «l'aumento ha riguardato dieci regioni turistiche su tredici e i pernottamenti di ospiti residenti è stato più marcato nelle regioni urbane (+71,2% per la regione di Zurigo; +58,3% per Ginevra e +42,0% per la regione di Basilea)» scrive sempre l'UST.

Gli aumenti della domanda indigena nelle altre regioni spaziano dal +1,5% (regione di Berna) al +26,2% (regione di Argovia e Soletta). Calano, oltre al Ticino, Lucerna / Lago dei Quattro Cantoni (–1,5%) e Giura & Tre Laghi (–0,1%). 

Giugno 2022? Peggio dell'anno scorso - La contrazione della presenza dei turisti in Ticino è stata osservata anche dall'Osservatorio del turismo dell'Università della Svizzera italiana.  Il numero totale degli arrivi dall'inizio dell'anno è di 505'965, con una contrazione del -4.9% rispetto al 2021 ma con un aumento dell'8.8% rispetto alla media degli anni 2015-2019, ovvero il precedente periodo pre-pandemico.

Rispetto ai primi sei mesi dello scorso anno gli arrivi dei turisti indigeni sono diminuiti del 23,6%, ma si registra un aumento del 25,9% rispetto alla media 2015-2019. Grande balzo, invece, delle presenze internazionali: sono aumentate del 135,7% rispetto al 2021, ma rispetto agli anni prima del Covid si riscontra un calo del 18,3%.

I pernottamenti - Il numero totale dei pernottamenti da gennaio a giugno è stato di 1'107'757 unità, con un calo del 13,3% rispetto al 2021 e un aumento del 16,6% se riscontrato al periodo pre-pandemico.

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