Con gli smartphone, il fenomeno è più virale che mai. La parola alla psicologa Paola Morniroli, autrice di un libro didattico per le scuole elementari
LUGANO - Maltrattamenti, intimidazioni e molestie. Il bullismo è un fenomeno che si presenta sotto diverse forme, ma che è sempre esistito. Oggi è però più virale che mai, complici gli smartphone e il web. Da qui la necessità di fare prevenzione sin dalla prima infanzia, non soltanto a casa ma anche a scuola. «Credo che per prevenire forme di bullismo, che alle volte possono degenerare in fatti di cronaca irreparabili, sia importante riuscire a trovare un dialogo sereno e costruttivo coi bambini» ci spiega dunque la psicologa e psicoterapeuta Paola Morniroli, autrice del libro “Ranocchio Scarabocchio”, che ha lo scopo di sensibilizzare i bambini delle scuole elementari con una storia divertente accompagnata da una parte didattica.
Dottoressa Morniroli, come si manifesta il bullismo?
«Ne esistono varie forme. Quello fisico, che comprende botte o distruzione del materiale. Quello psicologico, che tende a escludere la persona dal gruppo, per esempio diffamandola, mettendo in giro voci non vere sul suo conto. Quello verbale, che passa da derisioni e offese. E poi c’è il cyberbullismo, che si esprime attraverso i social media».
Nell’attuale momento storico, il bullismo sembra essere una reale emergenza. Qual è la sua opinione?
«Innanzi tutto è importante chiarire che esistono comportamenti come derisioni o esclusioni che, se sono passeggeri, sono fine a loro stessi e non sono categorizzati come bullismo. È comunque fondamentale cercare di smorzare questo genere di situazioni e soprattutto far comprendere ai bambini che non è bello comportarsi così».
Come riconoscere per tempo il fenomeno?
«Per gli insegnanti non è sempre semplice riconoscere una situazione di bullismo, perché può avvenire lungo il tragitto casa-scuola o in altri momenti al di fuori delle lezioni. Mentre a casa può succedere che il genitore percepisca un disagio nel proprio figlio e, non appena il bambino si apre per condividere quanto gli sta succedendo, il papà o la mamma si arrabbino, trasformandosi nel giustiziere della situazione. In quel momento il figlio si può chiudere in se stesso e non vi è più spazio per risolvere in maniera positiva la situazione. Penso quindi che sia importante instaurare un rapporto di fiducia con il bambino. Parlare, riflettere e passare messaggi di tolleranza e rispetto. Facendogli cioè capire che non si fa agli altri ciò che non vogliamo venga fatto a noi. Attraverso il dialogo e l’autoascolto si può creare un prezioso circolo virtuoso».
Ci può raccontare una situazione di bullismo di cui è stata testimone?
«Anni fa lavoravo nella Svizzera francese. E una ragazza italiana da poco trasferitasi mi raccontò di aver subito un vero e proprio choc. Aveva un forte accento italiano e parlava poco il francese. I suoi compagni la marchiarono per quella diversità e iniziarono a prenderla in giro meschinamente. Per il suo compleanno organizzò una festa e invitò a casa la sua classe. Tutti e venticinque i suoi compagni si misero d’accordo e accettarono l’invito, ma quel giorno a casa sua non si presentò nessuno. Per lei si trattò di un trauma enorme. Lavorammo molto sull’autostima e sull’autoaffermazione della ragazza. E riuscimmo così a trasformare questo evento in uno strumento autoconoscitivo di riscatto e resilienza».
Qual è la chiave per invitare il bambino ad aprirsi e raccontarsi?
«Invitarlo a condividere i suoi stati d'animo, chiedendogli come sta, cosa sente dentro, senza aver paura di dire la cosa sbagliata o di sentirsi giudicato. Accoglierlo con pazienza e comprensione, rispettando i suoi tempi e favorendo l'ascolto. Consiglio sempre ai genitori di dare il buon esempio e mettere una parola sulle proprie emozioni, così la mamma potrà dire “oggi mi sento triste, dispiaciuta, arrabbiata, delusa perché mi é successo questo o quello”. Il bambino in quel momento capisce che se anche il proprio genitore può provare emozioni di questo tipo, non è sbagliato sentirle in se stesso. Più riusciamo a esprimere le nostre emozioni e più vinciamo. È ora di abbattere gli stereotipi per cui si dice “sei un bambino, non devi piangere, devi essere forte, sei una roccia...”: fingendo di essere ciò che non siamo, ci allontaniamo dal nostro essere autentici… e non sto parlando soltanto dei bambini».
Chi è Teodoro, il protagonista del libro “Ranocchio Scarabocchio”?
«Teodoro è un ranocchio, frutto della penna dell’illustratrice Valentina Pellandini, che ha una macchia grigia sulla schiena. Per questo motivo i compagni lo fanno sentire diverso, trattandolo male e deridendolo. Nonostante questa sgradevole situazione, che il povero ranocchio deve vivere in continuazione, una grande prova di coraggio capovolgerà la situazione e permetterà a tutti di comprendere che basta poco per essere empatici e porgere la mano in segno di inclusione e accettazione».